«Per l'Euro ringraziamo Kohl» di Francesco Manacorda

«Per l'Euro ringraziamo Kohl» «Per l'Euro ringraziamo Kohl» Cohn Bendit: ma Gerhard farà l'Unione sociale L'EURODEPUTATO ECOLOGISTA BRUXELLES fantastico, è l'ironia della storia: trent'anni fa Joschka Fischer ed io stavamo insieme in una comune a Francoforte e ora me lo troverò ministro degli Esteri». Daniel Cohn-Bendit è a pezzi dopo una campagna elettorale passata a girare la Germania, ma alle stelle per il risultato ottenuto. E lui, «Dany il rosso» nel passato in cui la Francia lo espelleva per ordine del Generale de Gaulle, e «Dany il verde» oggi che ha scelto la politica tra le file degli ambientalisti al Parlamento europeo, lui che del suo essere metà francese e metà tedesco ha fatto quasi una bandiera, è forse il più adatto a spiegare dove andrà a collocarsi la nuova Germania - «quella della Repùbblica di Berlino, non più di Bonn», premette subito - nello scenario europeo, e come il vento che dopo sedici anni ha scosso le urne dei Laender farà sentire i suoi effetti sull'Unione. Questo nuovo governo Gambiera la percezione della Germania in Europa? «Sì, l'amvo di Schrooder e Fischer porterà a una normalizzazione: sono entrambi di una generazione che non ha nulla a che fare con il passato della Germania, ma che ha capito quel passato e ne ha tratto insegnamento». Sarà una Germania meno europeista di quella dell'era Kohl? «No, da questo punto di vista non c'è alcun problema. Tutte le forze politiche tedesche sono europeiste, e come accadeva in passato tutto passerà per mi asse privilegiato con la Francia; l'unica differenza è che non si tratterà più dell'asse Bonn-Parigi, ma di quello Berlino-Parigi. Se poi si riuscisse ad allargare questo rapporto anche a Londra, a Tony Blair, sarebbe un'ottima cosa». Ma Schroeder in passato ha avuto molti dubbi sulla moneta unica. La sua nomina a Cancelliere avrà degli effetti su questo processo di inte grazione? «No, l'Euro esiste già oggi ed è forte». E Schroeder ne è contento? «Diciamo che è un bene che Kohl sia rimasto al potere questi ultimi quattro anni per completare la moneta unica, perché se al suo posto ci fosse stato Schroeder forse non sarebbe avvenuto; ma allo stesso tempo gli ultimi anni di Kohl sono stati un male perché ha rifiutato la creazione di un'Europa sociale. Kohl è stato una soluzione, ma anche un problema. Invece Schroeder oggi non è più un problema. Quello che farà, certamente, è cercare di aggiungere una dimensione sociale all'Europa, avere un'Unione che non sia solo monetaria». Come si muoverà la Germa¬ nia per ottenere questo risultato? «La prima cosa che bisogna fare è armonizzare le politiche contro la disoccupazione giovanile. Ma per riappropiarsi dell'Europa sociale servono progetti di inziativa non solo per il lavoro, ma anche perché i ragazzi abbiano scambi di esperienze, ad esempio crean¬ do mi servizio civile europeo. Insomma, bisogna dare impulso all'Europa attraverso i giovani che sono il suo futuro». Politiche immediate contro la disoccupazione vanno però poco d'accordo con il risanamento dei bilanci cui si sono impegnati gli Stati membri... «Penso che anche in questo caso l'asse tra Parigi e Berlino possa cambiare qualcosa. Se avremo Oskar Lafontaine (l'attuale presidente dell'Sdp, ndr) come ministro delle Finanze deciderà di utilizzare una parte dei risultati della crescita per il risanamento del bilancio e un'altra parte per iniziative che sostengano l'economia». Vuol dire che le clausole del Patto di stabilità voluto proprio dai tedeschi andranno riviste? «Per i prossimi due anni il problema sarà piuttosto quello di che fare dei soldi in più; il dibattito sul rapporto deficit e Pil del 3% è un dibattito vecchio, superato. Ma il governo Kohl, con il suo ministro delle Finanze Waigel, è stato l'ultimo a capirlo in Europa». Se il cambio delle posizioni tedesche dovesse essere davvero così radicale ci saranno degli effetti anche sulla Commissione europea? «Certo, basti pensare al fatto che oggi il neoliberismo in Europa non esiste più. Nemmeno Blair lo invoca: di fronte ai problemi sociali che ha in Gran Bretagna chiede più potere d'iniziativa per lo Stato». E il suo partito, i Verdi, che orientamento vuole dare alle scelte europee? «Oggi ci sono quattro dimensioni della politica: la giustizia sociale, la razionalità ecologica, la libertà personale e la necessità del funzionamento del mercato. I Verdi cercheranno di dare il loro contributo sulla razionalità ecologica e sulla libertà individuale e in base a questi principi sosterranno ad esempio la necessità di regolamentare i mercati». L'alleanza rosso-verde in Germania riaprirà anche la partita con la Banca centrale europea, spingerà probabilmente gli Undici a cercare di avere più voce sulle politiche monetarie... «Sì, uno come Lafontaine vorrà un contropotere rispetto alla Bce, accettandone l'indipendenza, ma entrando anche in un rapporto di forza politica. Ma il problema non è la definizione istituzionale del controllo da parte degli Undici, ma la pratica che nei prossimi mesi deciderà il livello di controllo». Aprendo quindi un conflitto con la Bce e il suo presidente Duisenberg? «L'indipendenza della Bce è importante, ma è importantissimo capire che l'indipendenza non significa assenza di controlli. Wim Duisenberg è un banchiere centrale, non è mica il Papa!» Kohl lo ha smentito ancora lunedì, ma non pensa che l'ex Cancelliere potrebbe puntare davvero alla presidenza della Commissione europea? «No, Kohl è finito, ed è felice che tutto sia finito. Nell'ultima settimana prima delle elezioni ha capito che avrebbe perso e che sedici anni sono stati troppi. Del resto lo ha detto proprio lui: 'Il mio tempo è terminato'. Non chiederà mai di andare a Bruxelles». Francesco Manacorda «Trent'anni fa Fischer ed io stavamo in una comune a Francoforte adesso sarà ministro» «Arriva al potere una generazione estranea al passato ma che ne ha capito la lezione»