«No, Mani pulite non finirà» di Paolo Colonnello

«No, Mani pulite non finirà» «No, Mani pulite non finirà» «Sono solo stanco, le inchieste proseguiranno» IL «TESTAMENTO» DEL PROCURATORE CMILANO OSI', dottor Borrelli, ha deciso: lascia la procura. Cos'è cambiato per indurla ad andarsene? «Assolutamente niente, sono solo un po' invecchiato». Suvvia, dottore, chi vuole che ci creda? «Eppure è così. Non ci sono motivazioni particolari: un magistrato arrivato al 43eshno anno di carriera, cui ne rimangono uno e mezzo o due prima della pensione, ini sembra naturale che abbia come desiderio di salire anche l'ultimo gradino della carriera prima di andarsene. Mi sono consultato con i collaboratori, con la famiglia, e ho deciso». Via lei, via Mani pulite. E' giusta come equazione? «Niente affatto. Se c'è un punto su cui voglio essere "reciso" è che, ove il Csm dovesse accogliere la mia domanda (e non è affatto scontato), questo non cambierebbe nulla per Mani pulite. Contesto nel modo più assoluto che la mia decisione debba essere interpretata come abbandono del bastimento della procura e della navicella di Mani pulite. Anzi, se questo mio gesto dov'esse essere interpretato così, potrei pensare anche ad una revoca della mia domanda a procuratore generale». Allora può già iniziare a scrivere, perché è questo che tutti pensano: senza di lei e D'Ambrosio gli equilibri della procu ra salteranno. «Ma non è così. Le inchieste e i miei sostituti andranno avanti come prima. Io ho raggiunto un'età ragguar devole e ho sempre sostenuto la tesi di una rotazione delle persone perché è bene che ci siano apporti sempre nuovi nella conduzione de gli uffici. Pensare che un capo della procura possa rimanere per più di dieci anni sulla stessa scrivania assurdo». Ma lei ha sempre rappresentato uno "scudo" efficace per i suoi uomini. Lo ammette? «Quando sono venuto qui ho trovato una procura in buone condizioni e che si è rafforzata nel tempo anche per le qualità di molti magistrati. Non c'è bisogno di me. L'ufficio è impersonale... Non fatemi domande a cui non posso rispondere. Poi direbbero: "Ecco, guarda quel pavone di Borrelli"...». Avremo scritto due o tre volte che lei se ne andava. Questa è davvero quella buona? «Ma sì, state tranquilli. Anche se lo sapete: del doman non v'è certezza... Scherzo: non ho alcuna intenzione di ritirare la mia domanda». Nemmeno di fronte all'ennesima mozione d'affetto dei suoi sostituti? «Sì, ormai ho deciso. E poi c'è sempre stata una mozione degli affetti in questo ufficio. Ma se volete stendermi sul lettino dello psicanalista e vedere cosa ne viene fuori, non lo permetterò. (Ride) Lo dicevo proprio stamattina ai miei sostituti: penso che nessuno di loro creda realmente che io sia insostituibile. Anzi, penso che non abbiano più bisogno delle gambe malandate e senili di Borrelli per camminare...» In questi anni cosa le è mancato? «Di non avere più avuto il tempo per suonare il pianoforte». Chi avrebbe voluto inquisire? «Non saprei, è una domanda a bruciapelo. Risponderò borrellianamente dicendo che in fondo abbiamo indagato su tutti». La sua più grande delusione? «Direi un cognome composto, con una particella che fa "Di"...» Vuole dire Di Pietro? «Ah, si capisce? Però, attenzione: è stata una delusione nel senso di avere abbandonato, lui sì, la navicella di Mani pulite quando era in piena tempesta». E di aver scelto la pohtica... «Ma no, non è questo il punto, anche se io in generale non sono molto d'accordo con l'ingresso in politica dei magistrati. Anche per un "ex", perché rimane sempre l'attività pregressa che può ingenerare sospetti sugli obiettivi del lavoro svolto». Quindi su di lei possiamo star tranquilli: non entrerà mai in pohtica? «Alla mia età? Le sembro tipo da co¬ mizi? Tutt'al più da omelia». Se Borrelli fa la parodia di se stesso vuol dire che stavolta se ne va per davvero. In altre occasioni però all'ultimo momento aveva rinunciato. Perché? «La prima volta avevo rinunciato alla corte d'appello perché in corsa c'era Vincenzo Salaria, un amico e magistrato di grande valore». E la seconda volta? «In quel caso è stato ben diverso: eravamo nel pieno della polemica per la separazione delle carriere. Mi si accusava di voler andare a controllare i processi che avevo istruito...». Separazione delle carriere. Argomento al quale mostra di essere sensibile, avendo scelto ancora una volta un ruolo inquirente. «Non voglio entrare nel merito del problema. Posso dire che sono contrario alla separazione anche se riconosco la necessità di certe caute¬ le, di alcuni accorgimenti. Andando alla corte d'appello avrei sollevato un vespaio». Quando parla di accorgimenti a cosa si riferisce? «Per esempio ad accorgimenti legati al territorio. Dico che, senza scandalo, si potrebbe stabilire che per un magistrato non sia possibile operare nello stesso circondario sia come pm che come giudice». Il miglior ministro della Giustizia? «Flick, anche se so che direte che è amico mio, ma ha dimostrato di conoscere meglio di altri i problemi della giustizia. Devo dire che avevo stima anche di Martelli, un uomo molto capace». Non ha mai avuto la sensazione che il modello Borrelli in alcuni casi abbia creato un effetto pernicioso in altre procure? «Non so, non conosco la situazione di altre procure. Credo semplicemente che in questi anni di lavoro sulla corruzione è stato dimostrato che è possibile combattere anche questi fenomeni. Certo non basta l'impegno di pochi magistrati. Forse siamo riusciti però a dare una piccola iniezione di fiducia. Poi è chiaro, dopo anni di cannoneggiamento gli effetti si sono ridemensionati. Posso dirlo? Ho comunque la sensazione che si sia accesa una piccola fiammella di speranza». Paolo Colonnello «Che cosa mi è mancato? Il pianoforte Io noa entrerò mai in politica Il ministro migliore? Non ho dubbi, Flick Ho stimato molto anche Martelli»