Il lungo addio di Kaiser Kohl

Il lungo addio di Kaiser Kohl Il lungo addio di Kaiser Kohl «Sarò un semplice deputato, che pace» IL FUTURO DEL GRANDE SCONFITTO BONN DAL NOSTRO CORRISPONpENTE ... . " .<& W L'i -i Adesso che è un Cancelliere a mezzo, dimissionario e in carica come gli impone la Cost4tWZÌone in attesa che il successore uscito dalle urne sia scelto dal Presidente federale e nominato poi dal Bundestag, Helmut Kohl non si appoggia più al bancone dal quale risponde alle domande. Adesso che sperimenta per la prima volta un meticciato politico e istituzionale che deve sembrargli un tunnel, il Cancelliere dell'unificazione e dell'Europa tiene le mani giunte, in grembo, mentre guarda i giornalisti a grappoli che gli protendono i microfoni, lo telecamere, i flash. Si passa la lingua sulle labbra, muove senza accorgersi le guance, scuote appena un po' la testa quando la domanda gli sembra insulsa. Ma non si appoggia più al bancone come ha fatto per sedici anni e fino all'altro ieri, nella Sala Grande della «Konrad Adenauer Haus», la sede del suo partito massacrato dal voto, sceso al minimo storico di preferenze e seggi, umiliato come mai in passato. Non si protende più verso chi gli rivolgeva la domanda come a volergliela fermare in bocca, non interrompe più se la domanda gli pare una sciocchezza. Non batte più la matita sul blocchetto degli appunti o i fogli dell'introduzione scritta a mano. Oggi che per lui è il giorno degli addii, Helmut Kohl si appoggia alla poltroncina dietro il bancone, le mani chiuse e appoggiate al grembo. Aspetta la domanda e quando risponde il volto gli si gonfia ancor di più. Il giorno dopo la sconfitta il Clancelliere a mezzo non parla degli equilibri strategici mondiali o della lotta alla disoccupazione, non parla della Bosnia né della Russia del suo amico Boris Eltsin, e nemmeno della crisi finanziaria in Giappone, in America Latina e nell'Asia del Sud; non parla delle capriole della Borsa o del calo del dollaro rispetto al marco. Nel giorno degli addii - e mentre il suo amico Theo Waigel annuncia, anche lui sconfitto, il prossimo ritiro dal vertici; della cugina Csu - il Cancelliere provato da una campagna elettorale devastante nella quale aveva impegnato ogni sua forza per tornare a vincere e a regnare, ha gli occhi più pazienti e si racconta. Non più al passato però, come gli riusciva comodo quando gli si chiedeva conto della crisi nel mercato del lavoro, della debolezza strutturale del Paese, delle promesse non mantenute dopo la riunificazione e della caduta di fiducia fra la gente dell'Est. Helmut Kohl, oggi, si racconta al futuro. Per questo, forse, il Cancelliere non si appoggia più al bancone ed è indulgente quando risponde alle domande. Molto presto la sua vita pubblica seguirà altri sentieri, annuncia, conterà sulla pazienza: «Non sarò invadente con nessuno, nemmeno all'interno di un partito che ho guidato per venticinque anni. Ma chi vorrà il mio consiglio potrà averlo», avverte e più che una concessione sembra una richiesta. Davvero non migrerà a Bruxelles a dirigere la Commissione, dunque, come voci pettegole e insistenti lasciavano supporre ancora poco prima del voto? «Davvero Bruxelles non mi interessa, davvero Bruxelles è assolutamente al di fuori delle mie capacità d'immaginazione». Dunque? «Dunque sarò un deputato al Bundestag, un deputato semplice come lei è un giornalista semplice», risponde, le mani ancora chiuse in grembo, le guance un po' più gonfie, gli occhi pazienti. E poi? Poi il Cancelliere dell'unificazione e dell'Europa diventerà un assiduo, disciplinato (! puntuale frequentatore della biblioteca della Cancelleria, alla quale la sua dignità di ex gli darà il diritto di accedere a piacere: «Con i libri io sono un topo, quella biblioteca l'ho frequentata per sedici anni. Diventerò il suo primo cliente», dice e sembra di ascoltare quegli anziani arrivati alla pensione con l'angoscia che li assale: perche d'ora innanzi il tempo passerà diverso, d'ora innanzi sembrerà che il tempo si dilati. Ma intanto che la pensione non c'è anco- ra, intanto che alla consegna formale del potere all'Spd e a Schroeder mancano ancora tre settimane o l'orse un mese? «Intanto voglio cominciare a riempire scatoloni, a scartabellare i documenti e a passarne un po' nel tritacarta», dice, e di nuovo la sorpresa è che a parlare sia un potenti; che non sa rammaricarsi di rinunciare al potere. Un potere difeso con aggressività, e con un'ostinazione ai limiti della leggerezza scriteriata: se avesse ascoltato chi gli suggeriva di passare il testimone al suo delfino Schaeuble, la disfatta ' avrebbe; potuto forse essere evii tata, e di certo la mortificazione I sarebbe stata contenuta. Alla vigilia del voto che , avrebbe umiliato il suo partito, I chi prevedeva l'uscita di scena ; di Helmut. Kohl ci scommetteva: ; continuerà a girare il mondo, farà conferenze come a suo i tempo la signora Thatcher e comi; continua a fare Henry Kis: singer. Il Cancelliere al quale l'Europa del secondo dopoguerra deve due sfide immaginate e vinte, assicura invece che non sarà cosi, garantisce che la sua vita di «deputato semplice» sarà «molto tranquilla, assolutamente quieta»: «Immaginarmi di essere un deputato semplice mi piace, mi là contento. Che fortuna non avere piii progetti ne piani precisi da rispettare», dice e alla l'ine l'impressione è che sia proprio così: che una volta liberatosi dalla necessità di vincere, dall'obbligo di continuare a governare per portare la Germania nella nuova capitale, nel Duemila e nell'Euro, Helmut Kohl sia felice di assecondare finalmente le pigrizie più capricciose e più imprudenti, sia felice di potersi finalmente affidare alle curiosità improvvisate di un Potente arrivato a sfiorare la vecchiaia, di un Grande del j mondo retrocesso a deputato semplice con diritto a frequeni tare la biblioteca di chi prenj derà il suo posto. Nel giorno degli addii, e mentre il suo partito prepara una successione che non sarà indolore, al congresso | già fissato per il 7 di novembre, il Cancelliere arrivato alla pensione deve sentirsi appagato, a riempire il suo commiato di futuro. Emanuele Novazio Si smantella un cartellone elettorale con l'immagine del Cancelliere sconfitto