Bertinotti: io resto contrario ma sarà il partito a decidere di Maria Grazia Bruzzone

Bertinotti: io resto contrario ma sarà il partito a decidere Bertinotti: io resto contrario ma sarà il partito a decidere ROMA. «In quanto Presidente, Scalfaro ha tutto il diritto a esprimere le sue opinioni e i suoi auspici, ma non vedo francamente dove trovi le ragioni per essere ottimista». Fausto Bertinotti risponde al capo dello Stato sull'esito del dibattito politico sulla finanziaria. Il segretario di Rifondazione tiene duro ripetendo per l'ennesima volta il suo «giudizio negativo» sulla finanziaria, un giudizio «ormai consolidato». E tuttavia ribadisce quel che aveva già detto, ma con meno nettezza, nei giorni scorsi: che «la decisione politica (vale a dire l'addio alla maggioranza e al governo Prodi, ndrt tocca al comitato politico nazionale», l'organo di Prc che si riunirà il 3-4 ottobre. «Qualunque sia la decisione la rispetterò, come dovranno rispettarla tutti: è una questione di democrazia» assicura Bertinotti, sottolineando che «non si tratta di un'apertura». Insomma, il giudizio è una cosa, il voto in Parlamento un'altra, sostiene il leader di Prc. Che lascia persino aperta la possi¬ bilità che il suo partito possa votare contro la finanziaria, ma a favore del governo se Prodi porrà la fiducia. Bertinotti rimanda ogni decisione, anche in questo senso, al comitato politico. E però invita il suo partito a scongiurare una scissione: «Su una scelta così impegnativa non possiamo dividerci». Sempre più scettico, il Ppi preme per andare al voto in aula subito, prima dell'inizio del semestre bianco, coi voti che si trovano, cioè con quelli dell'Udr di Cossiga. Franco Marini è convinto che Prc opterà per il no: «Se poi qualche santo ci mette la mano sono contento. Se no... allora c'è il Parlamento. E c'è un movimento che mota intomo all'ex presidente della Repubblica. Io non invoco niente - aggiunge, interpretando in questo senso anche le ultime dichiarazioni di D'Alema - ma nel primario interesse del Paese la finanziaria deve essere approvata». «E deve essere votata subito: è arrivato il momento che ciascuno si assuma le sue responsabilità», insiste il capogmppo Mattarella, che considera «pericolosa per 0 governo la logorante, kafkiana trattativa con Bertinotti». Ma il presidente dei deputati verdi Manconi mette in guardia gli alleati: «Chi dà per scontata la rottura della maggioranza, in realtà lavora per la crisi». Cossiga d'altra parte, in un'intervista al Coniere della Sera in cui attacca duramente Silvio Berlusconi, ripete che i voti dell'Udr costerebbero a Prodi le dimissioni. Le critiche dell'ex capo dello Stato al leader di Fi (che aveva accusato i parlamentari Udr di «tradimento») sono così feroci che il capogmppo azzurro Beppe Pisanu commenta lapidario: «Se quella di Cossiga è la posizione ufficiale dell'Udr, non abbiamo più nulla da dirci». Ma all'ex picconatore replica quasi altrettanto aspro Gianfranco Fini che accusa Cossiga di «rendersi complice di un imbroglio». «Chi dice di avere una visione alta della politica e afferma di voler difendere gli interessi nazionali non può rendersi complice con un tmeco. Se Cossiga lo fa, conferma che i suoi straccioni di Valmy sono solo dei mercenari», ribatte. E aggiunge che «anziché insultare Berlusconi in modo tanto violento quanto immotivato» l'ex capo dello Stato dovrebbe riflettere: «Se davvero Bertinotti si accinge a votare contro la finanziaria e subito dopo a rinnovare la fiducia a Prodi, la manovra passerà coi voti dell'Udr ma viene meno ogni ipotesi di dimissioni di Prodi». A Fini replica pronto il deputato Udr Sanza che, criticati gli «apprezzamenti di cattivo gusto», spiega che i voti dell'Udr arriveranno solo «se Prodi aprirà una crisi effettiva, registrata formalmente in Parlamento». Maria Grazia Bruzzone

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