Vernice e petardi contro il tribunale

Vernice e petardi contro il tribunale Milano: nessuno scontro al corteo dei centri sociali Vernice e petardi contro il tribunale MILANO. La parola d'ordine è «evitare incidenti». E così succede: il corteo dei centri sociali (sei-settemila persone a star larghi) percorre chilometri toccando il tribunale, piazza Duomo, il palazzo della Borsa e il carcere di San Vittore. Senza colpo ferire. A meno che si vogliano chiamare incidenti due vetrine rotte (da McDonald's e in un piccola sede della Lega) nonché il lancio di qualche petardo, fumogeni colorati o palloncini pieni di vernice. «Evitare incidenti». La testa del corteo è condotta da quelli che vengono chiamati i centri sociali «duri», quelli «totalmente antagonisti». La cui durezza però sta assai più negli slogan (i più truculenti inventati negli Anni Settanta e ripresi senza alcuna variazione) che nel comportamento. Così accade che, persi nei meandri delle stradine vicine a Piazza Affari, mentre uno di loro scrive a spray sul muro «Giornalisti servi bastardi», i «duri» chiedano a quegli stessi giornalisti come arrivare a Piazza Affari. Dove la polizia li attende paziente e paziente aspetta che passino via. In compenso l'altra metà del corteo composta da altri centri sociali, in particolare il Leoncavallo, che si caratterizzava per le tute bianche scelte come abito-simbolo e che i primi definiscono ironicamente «belli, bravi e puliti), a Piazza Affari non arriva ma manda una delegazione. In dieci, con uno striscione (c'è scritto: «O la Borsa o la vita») che appendono al cancello del palazzo della Borsa (dove, tra l'altro, la Borsa non c'è più). Un'azione dimostrativa evidentemente concordata con la polizia, visto che il funzionario dà ordine ai suoi uomini di far passare il gruppetto. «Evitare incidenti», è la sua spiegazione. «Evitare incidenti». E la Milano dello shopping del sabato assai poco si scompone: pochissimi quei negozi e bar che chiudono; la metropoli del lusso continua tranquillamente i suoi affari mentre passano i rappresentanti del «disagio giovanile». Che poi, nel caso, il termine «giovani» deve essere esteso oltre i quarant'anni, vista la composizione di buona parte del corteo. Sfrondata degli elementi folcloristici, la manifestazione sembra però priva di un filo conduttore, di una parola d'ordine che ne spieghi il senso. 0 meglio, inizialmente un senso ce l'aveva: «Contro la repressione», programmata subito dopo la sentenza al processo per gli incidenti seguiti alla manifestazione del Leoncavallo. Solo che quella è stata una sentenza tutt'altro che repressiva. E anche davanti a San Vittore il «Fuori i compagni dalle galere», pur se accolto da diversi detenuti con lenzuola in fiamme e oggetti sbattuti contro le sbarre, in fondo poteva essere rivolto ad una sola persona: la cosiddetta «postina» anarchica Patrizia Cubeddu. Ir. m.] Un momento della manifestazione organizzata ieri a Milano dai centri sociali Il corteo si è sciolto davanti al carcere di San Vittore

Persone citate: Leoncavallo, Patrizia Cubeddu

Luoghi citati: Mcdonald's, Milano