La vittoria del bimbo in provetta
La vittoria del bimbo in provetta La Consulta dà torto a un genitore che aveva dato il consenso alla fecondazione La vittoria del bimbo in provetta «Ilpapà non può disconoscerlo» ROMA. Il padre di un bimbo nato in provetta non può rinunciare al suo ruolo e disconoscere il figlio. E' accaduto a Napoli, dove contro la decisione di un genitore si è pronunciata la Corte Costituzionale. Che ne ha approfittato per bacchettare i legislatori: la legge sulla fecondazione artificiale è «carente». La Consulta li invita ad intervenire al più presto per «specificare i diritti dei nuovi nati» e i doveri dei loro genitori. Il caso esaminato dalla Consulta riguarda la richiesta di disconoscimento di paternità nei confronti di un bimbo nato con l'inseminazione artificiale. Al tribunale si è rivolto il padre, affetto da «impotentia generandi», che, pur avendo dato il consenso per la fecondazione, in un secondo tempo ha deciso di disconoscere la paternità del bambino. Per la madre la sentenza della Corte Costituzionale rappresenta una prima, piccola vittoria dopo anni di umiliazioni e sofferenze. Quattro anni fa sembrava una battaglia persa in partenza fatta da una donna, come lei stessa si definì «dalla vita distrutta». «Mi dicevano, ma chi te lo fa fare? Non hai speranze. Ma io ho lottato, ci ho creduto e oggi posso dire che ho vinto: la vita dei miei figli non è distrutta, quasi sicuramente continueranno a portare il nome del padre, e soprattutto non saranno più considerati da una legge assurda figli nati da un relazione adulterina». Maria - questo il nome di fantasia della mamma napoletana «diversa», madre di due bambini nati provetta, sa che il suo caso, per la prima volta in Italia, farà scuola, come dice il suo legale, l'avvocato Elena Coccia. «E' una notizia che mi riempie di gioia - dice la donna 40 anni, funzionarla di un'amministrazione dello Stato sono contenta anche perchè dopo tanto dolore, tanti sacrifici e dopo aver vissuto una situazione assurda, tante madri "diverse" come me, migliaia di bambini nati in provetta dal seme di un donatore, ora hanno la dignità di persone come gli altri, di bimbi come gli altri». Il disconoscimento di paternità, avanzato dall'ex marito di Maria, un professionista napoletano, riguarda il figlio più piccolo della coppia, un bimbo di cinque anni, ma l'istanza di disconoscimento venne avanzata anche per un altro bimbo, che ora ha sei anni. «Chiedo però al legislatore di fare una legge - dice Maria - mi rendo conto che è complessa ma si tratta di salvaguardare i diritti di molti bimbi che devono avere gli stessi diritti degli altri». Riccardo Pedrizzi, responsabile per le politiche della famiglia di An, mette in guardia il Parlamento «sulle gravissime implicazioni non soltanto di ordine etico ma anche di ordine sociale della fecondazione eterologa». Per Pedrizzi «l'unica vera soluzione è vietare le fecondazione eterologa, mettendosi in testa una volta per tutte che è indispensabile da una parte garantire l'unitarietà della famiglia, evitando la frantumazione del collegio di parentalità, e, dall'altra, salvaguardare i diritti del figlio, primo fra tutti quello di identità», [r. cri.] Uno dei contenitori utilizzati nei centri delle fecondazione artificiale per conservare gli spermatozoi
Persone citate: Elena Coccia, Pedrizzi, Riccardo Pedrizzi
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