«Noi, cacciatori di latitanti»
«Noi, cacciatori di latitanti» Parla Ronconi, capo dell'Interpol: Gelli e Farina sono soltanto i nomi più famosi finiti nella nostra rete «Noi, cacciatori di latitanti» «Inseguiamo nel mondo 500 criminali» OPERAZIONI OLTRE FRONTIERA Lm ROMA m ULTIMO preso è stato Giovanni Farina. Ma per avere la certezza che fosse lui l'uomo fermato in Australia, il questore Rodolfo Ronconi ha dovuto attendere la prova del nove delle impronte digitali. Anche perché nella lista delle persone da arrestare, di Giovanni Farina ce n'erano due: uno è il carceriere di Giuseppe Soffiantini, l'altro è un suo omonimo e quasi coetaneo, sardo e sequestratore pure lui. In trappola è caduto il primo, l'altro - ricercato dal '94, condannato a 23 anni di prigione per il rapimento De Megni - è ancora uccel di bosco. L'elenco è lungo, e il questore Ronconi - capo dell'Interpol italiana, una delle sezioni della Criminalpol guidata dal prefetto Rino Monaco - ce l'ha in bella vista sul tavolo. E' la lista degli oltre 500 «latitanti più pericolosi appartenenti alla criminalità organizzata o coinvolti in sequestri di persona o in altri gravi delitti» che si apre con Adamita Emanuele, boss mafioso della cosca di San Lorenzo, e si chiude con Venuto Antonino, calabrese di Taurianova, 76 anni e un ergastolo da scontare per omicidio e occultamento di cadavere. Molti di quei latitanti sono probabilmente fuggiti all'estero, e per questo il capo dell'Interpol tiene il «libro nero» sempre a portata di mano: senza il lavoro del suo ufficio non si potrebbero cercare e tantomeno arrestare. «Tra i 177 Paesi che aderiscono all'Interpol - spiega Ronconi , l'Italia è il primo come mole di corrispondenza quotidiana, il che significa, all'incirca, 2000 segnalazioni da elaborare e smistare ogni giorno». Prima di Farina, sui giornali sono finiti i nomi di Cuntrera preso in Spagna e di Gelli bloccato in Francia, ma gli arrestati oltre frontiera sono molti di più. Dal mese di giugno, attraverso l'attività dell'Interpol sono stati catturate 78 persone all'estero su richiesta dell'Italia e 54 in Italia su richiesta di Paesi esteri. Le estradizioni «attive», cioè richieste dall'Italia, sono state 58, quelle «passive» (concesse dall'Italia), 28. Ma il lavoro non si ferma ai «catturandi». In queste ore alcuni uomini della seconda Divisione dell'Interpol sono al lavoro per risolvere il «giallo» dei due italiani assassinati a Cuba la scorsa settimana. Un'indagine difficile, appena cominciata. «Dappertutto troviamo collaborazione - dice Ronconi -, ma è chiaro che nei Paesi di più re- cente adesione all'Interopol c'è minore dimestichezza a lavorare con gli stranieri, e quindi qualche difficoltà in più. Non dimentichiamo che ogni volta noi dobbiamo adeguare le nostre esigenze all'ordinamento del Paese al quale ci rivolgiamo, e spesso non è facile». In Europa, dopo gli accordi di Schengen, è tutto più semplice. «Basti pensare che non appena il dato su un ricercato, una persona scomparsa, o un'auto rubata viene inserito nei terminali della polizia italiana, automaticamente entra nel circuito informatico degli altri Paesi dell'Unione europea. A quel punto la pattuglia in servizio in Germania che intercetta una persona o un'auto sospetta impiegherà pochi minuti per fare i primi accertamenti». Al terzo piano del palazzo della Criminalpol, tra montagne di fascicoli e computer sempre in funzione, gli uomini e le donne dell'Interpol lavorano separati in Divisioni, alle quali si rivolgono per le loro indagini non solo la polizia, ma anche i carabinieri e la Guardia di finanza. La prima Divisione si occupa dei rapporti con il segretariato generale che ha sede a Lione, di terrorismo, traffico d'armi e di auto rubate, opere d'arte da recuperare e pi- rateria aerea; la seconda di criminalità organizzata, arrestc di latitanti e estradizioni, droga, riciclaggio, reati contro la persona e ricerca di minori scomparsi; la terza di reati contro il patrimonio, criminalità valutaria, truffe, contrabbando e immigrazione clandestina. In totale circa duecento persone, comprese quelle che lavorano all'estero. Tutte le informazioni da dare o da ricevere per un'indagine in un Paese straniero passano dall'Interpol. E così, ad esempio, i pedinamenti e gli arresti di Cuntrera e di Gelli sono stati effettuati da agenti delle polizie spagnola e francese, che avevano accanto i colleghi italiani accreditati da questa sorta di superpolizia intemazionale nata all'i- nizio del secolo, quando le autorità di alcuni Stati trovarono un primo accordo di cooperazione per fronteggiare la tratta delle bianche. «Oggi naturalmente è tutto più organizzato - racconta Ronconi -. Per la ricerca dei latitanti, ad esempio, esiste il sistema della "diffusione rossa". Al segreta- riato di Lione arrivano le segnalazioni dai diversi Paesi, e da lì partono in tutto il mondo gli stampati in quattro lingue (inglese, francese, spagnolo e arabo, ndr) con la foto e le impronte digitali quando esistono, e poi l'identità della persona da arrestare, il motivo per cui è ricercato e ogni altra indicazione utile. Dopodiché, tutti gli input investigativi che possono provenire dalle nostre polizie o da quelle di altri Stati vengono elaborati e comunicati nei Paesi dove presumbilmente si può nascondere il ricercato». E' andata così anche con Farina, visto che l'Australia era una delle mete ipotizzate dagli investigatori italiani, e prima ancora con Cuntrera e con Gelli. Adesso sembra più facile catturare i latitanti all'estero, come mai? «Non c'è un motivo particolare, tranne l'affinamento di certe tecniche investigative e il sempre maggiore affiatamento raggiunto coi colleghi stranieri», risponde il capo dell'Interpol italiana. Fino a dieci anni fa Rodolfo Ronconi ha lavorato in questo campo da semplice commissario, per poi passare alle Questure di Milano e di Roma, dove ha diretto la Squadra Mobile. Come nel suo caso, altri poliziotti che oggi - sotto la gestione del capo della polizia Masone e del suo vice De Gennaro - sono al vertice di uffici-chiave come la Scientifica o il Servizio centrale operativo, vengono dal lavoro «di strada». Tutta gente che ha speso anni a indagare in Italia e all'estero, dai semplici omicidi l'ino alle stragi mafiose del '92 e del '93, allacciando rapporti e amicizie coi colleghi stranieri che oggi occupano posti altrettanto importanti. «Con Tim Gulliver, capo dell'Interpol australiana, siamo cresciuti insieme rivela Ronconi -; è chiaro che in queste situazioni si lavora più rapidamente e con risultati migliori». Giovanni Bianconi «Collaboriamo anche per risolvere gialli che coinvolgono nostri connazionali come i due uccisi in spiaggia a Cuba» I NUMERI DELL'INTERPOL 500 LATITANTI DA RICERCARE 78 CATTURATI ALL'ESTERO SU RICHIESTA DALL'ITALIA 54 CATTURATI IN ITALIA SU RICHIESTA DALL'ESTERO 58 ESTRADIZIONI RICHIESTE DALL'ITALIA 28 ESTRADIZIONI CONCESSE DALL'ITALIA 200 AGENTI IN SERVIZIO 177 PAESI CHE ADERISCONO ALL'INTERPOL 2000 SEGNALAZIONI DA CONTROLLARE AL GIORNO «Dietro i recenti successi c'é anche l'affiatamento sempre maggiore con i colleghi degli altri Paesi» Da sinistra, Giovanni Farina accusato di essere stato il carceriere di Soffiantini, il capo dell'Interpol Rodolfo Ronconi e Licio Gelli
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