I marescialli dietro le quinte di Gian Enrico Rusconi

I marescialli dietro le quinte Alle spalle dei due leader controfigure alternative più che fidi alleati I marescialli dietro le quinte HELMUT Kohl è arrivato alle elezioni in un crescendo di forma smagliante, se lo paragoniamo agli imbarazzi di qualche settimana fa. Gerhard Schroeder in compenso negli ultimi giorni ha ripetuto se stesso, come un professionista della politica in presa diretta che è convinto di aver trovato il copione giusto. Il profilo contrapposto dei due caratteri politici è stato un capolavoro di pubblicità elettorale. Ma non sappiamo se e come funzionerà. Per ragioni molto diverse ma convergenti, sia Kohl che Schroeder hanno alle spalle altri personaggi che sono più controfigure alternative che non stretti collaboratori. Kohl ha accanto a sé quello che la stampa chiama «il delfino» Schaeuble. Invece al fianco di Schroeder c'è Lafontaine, che per carattere e per ambizione è tutt'altro che un delfino. Ha l'aria di essere un virtuale controllore, esponente e longa manus di quella socialdemocrazia che ha dovuto chiudere gli occhi di fronte allo slogan «il nuovo centro», che campeggiava davanti al podio dell'ultimo raduno elettorale della socialdemocrazia a Berlino. L'elettore tedesco sa che dietro allo scontro tra lo sperimentato cancelliere, in servizio forse da troppo tempo, e il candidato sfidante che usa lo slogan del cambiamento come se fosse un valore in sé, si muovono altri personaggi. Cosi, nonostante le grandi prestazioni della macchina pubblicitaria dei due maggiori partiti, l'esito delle elezioni è incerto. Lo dicono tutti, ormai da giorni, con il risultato di confermare nella loro incertezza gli indecisi. Soltanto tra 24 ore avremo numeri certi. Ma non ò detto che essi segnalino un vincitore netto tra i due contendenti che hanno monopolizzato la scena. Potrebbe esserci un colpo di teatro nell'equilibrio generale dei partiti, grazie ai milioni di tedeschi dell'Est, che non si identificano ancora nella dinamica dei partiti nazionali. E poi c'è l'incognita dell'estremismo di destra, che da sempre rappresenta una variabile intermittente nelle competizioni tedesche. Ma anche se non ci fosse nessun clamoroso imprevisto, Kohl e Schroeder dovranno tener conto della intensità delle incertezze di queste settimane. Prima di fare qualche con¬ gettura, a urne ancora aperte, prendiamo atto della inattesa enfasi assunta negli ultimi giorni dall'ipotesi di una Grande Coalizione. Se non erro, quest'idea era stata esclusa dai cristiano-democratici, mentre trovava maggiore consenso in campo socialdemocratico quanto meno in linea di principio. Ma le due campagne elettorali hanno ignorato di fatto a lungo questa ipotesi. E' stato Kohl a ridarle attualità, qualche giorno fa, con una battuta, precisando che non sarebbe certamente lui a guidare una Grande Coalizione. Credo sia inutile speculare sul senso di questa sortita di Kohl. L'ipotesi di una riedizione della Grande Coalizione può essere affrontata soltanto di fronte al quadro completo dei risultati elettorali. Non basterà una equidistanza tra Spd e Cdu: con l'esclusione dei verdi e della Pds una Grande Coalizione sarà un'esperienza qualitativamente nuova rispetto a quella degli Anni 60. Ma l'affacciarsi di quest'idea ha smentito che i programmi dei due partiti maggiori siano così diversi da renderli inconciliabili. Certo: Schroeder mette al primo posto i temi del lavoro e della garanzia sociale, Kohl insiste sul dinamismo del mercato e sulla diminuzione della pressione fiscale. Ma tutt'e due le strategie hanno margini di manovra ristretti dalle grandi compatibilità monetarie a livello europeo. Nelle rassicurazioni «europeiste» di Schroeder c'è un sottotono di nervosismo perché sa che in casa socialdemocratica la soluzione europea, così come si è configurata, non è affatto popolare. Nella Spd ci sono posizioni diverse sul processo europeo, sui ritmi della sua istituzionalizzazione, sulle politiche sociali e del lavoro da praticare. Ma pur di vincere le elezioni la socialdemocrazia ha fatto ogni sforzo per nascondere le sue divisioni interne anche in tema di Europa. Kohl non ha queste preoccupazioni. Ma è bene ricordare che il successo elettorale della Csu in Baviera, che ha rilanciato le chance di Kohl a livello nazionale, non è esattamente la vittoria delle sue idee sull'Europa. Insomma da questa sera, chiunque sia il vincitore relativo, le elezioni tedesche aprono una pagina nuova. Gian Enrico Rusconi L'ipotesi di una unità nazionale dimostra che i due programmi non sono così diversi Il numero due socialdemocratico Oskar Lafontaine

Luoghi citati: Baviera, Berlino, Europa