PAURA DEL NUOVO di Barbara Spinelli

PAURA DEL NUOVO PAURA DEL NUOVO SI possono capire molto bene le difficoltà che traversa la sinistra tedesca, alla vigilia delle elezioni di questa domenica. Sedici anni sono passati dalla caduta di Helmut Schmidt, e sul trono della Repubblica Federale c'è sempre ancora Kohl, il Cancelliere che all'inizio sembrava un passante, un provvisorio, e che invece si è installato durevolmente ai vertici della nazione come ai vertici d'Europa, vincendo uno dopo l'altro - ben quattro volte - i candidati socialdemocratici che l'avevano sfidato. Si possono capire le ansie della sinistra impersonata oggi da Gerhard Schroeder, e le convinzioni intime che essa è andata maturando durante un'attesa così lunga, snervante, spesso mortificante. In tutti questi anni la socialdemocrazia ha avuto modo di guardarsi intorno, di osservare quel che succedeva in Occidente, di intuire uno dei fenomeni più rilevanti del nostro tempo: il fenomeno di sinistre che quasi ovunque si trovano a dover governare, ma senza più disporre di basi elettorali sufficientemente ampie, scontate, prevedibili. Il fenomeno di una sinistra che conosce l'imbarazzo più gravoso: che è l'imbarazzo di esistere e durare a dispetto dei venti contrari, dell'ostile spirito dei tempi, dei clandestini sconforti. Esser di sinistra alla fine di questo secolo non è semplice, né in Germania né nell'Ulivo italiano né in Europa. Si ha il comando, ma le società non sono più quelle di un tempo: sono meno trasparenti, più frammentate, individualiste, opache a guardarsi. Sono figlie di una crisi ormai decennale che ha mutato i modi di lavorare, di organizzare il tempo, di pensare e preparare il rapporto tra generazioni, di investire nella cosa pubblica o di militare nei partiti. Non esiste più un compatto popolo di sinistra, che di tanto in tanto diventa maggioritario. Non esiste una base che si identifichi ideologicamente, sentimentalmente, con i pro¬ grammi tradizionali della sinistra storica. Esistono partiti progressisti o socialisti cui capita di dover governare, ma senza che le nazioni siano di sinistra. Spesso accade addirittura che governino società che fondamentalmente vanno a destra, come in Francia o in America o in Italia. Spesso hanno di fronte elettori che non sanno bene quel che desiderano: se adagiarsi nello status quo o se accettare di mutarlo radicalmente, come in Germania. Veramente indubitabile oggi è la condizione di permanente disagio, in cui le sinistre si trovano a vivere quando portano con sé il consueto fardello di certezze, di visioni antagoniste del mondo, di antiche preferenze collettiviste. E' il motivo per cui i candidati di questa sinistra in cerca di nuovi programmi personalizzano oggi le battaglie, e fanno di tutto per svincolarsi dai rispettivi partiti, per emanciparsi da apparati troppo ingombranti, immobilizzanti. Così ha fatto Tony Blair, prima che il Nuovo Labour mettesse radici nell'Inghilterra trasformata da Margaret Thatcher. Così fece sin da principio Felipe Gonzàlez, nello sforzo di modernizzare tempestivamente, quasi nella violenza, il socialismo spagnolo. Così si è comportato Gerhard Schroeder, serbando ben viva la memoria di come l'ultimo cancelliere di sinistra - Schmidt - fu dapprima tutelato, poi ingabbiato, infine silurato, non già dal verdetto delle urne ma dalle accidiose pesantezze della famiglia d'appartenenza ideologica. Il sotterraneo appetito di Grandi Coalizioni non discende solo dalle aritmetiche del voto: c'è in Schroeder anche il desiderio di precipitare una metamorfosi delle sinistre, di contagiarle mettendole a contatto con il partito che ha prodotto un politico della statura di Kohl. C'è il desiderio di evitare in anticipo, Barbara Spinelli CONTINUA A PAG. 6 SECONDA COLONNA

Luoghi citati: America, Europa, Francia, Germania, Inghilterra, Italia