«Così si può superare la paura Frankenstein» di Gabriele Beccaria

«Così si può superare la paura Frankenstein» «Così si può superare la paura Frankenstein» a UELLA mano destra, ceduta da qualcuno che è ormai cadavere, dovrà stringere altre mani, toccare il volto del corpo a cui è stata attaccata, distribuire carezze, forse pugni. Professor Carlo Faravelli, secondo la sua esperienza di psichiatra, dopo il pianto di gioia Clint Hallam sta per provare un senso d'orrore? «No. Credo che quella mano sia destinata a diventare come un figlio adottivo, che con il tempo viene sentito come proprio». Visto che con la mano non solo si «fa», ma si esprimono emozioni, c'è il rischio che il senso dell'identità venga messo in pericolo? «E perché? Bisogna pensare che una persona come il signor Hallam si dev'essere già abituata da tempo a usare una protesi. Adesso la sola differenza è che ha a che fare con una protesi di carne». Questa carne innestata potrà produrre un incubo ricorrente? «In realtà, le fantasie sono soprattutto quelle di noi sani, che ci facciamo bombardare dai fantasmi di Frankenstein, ma sono lontane dal riprodurre le esigenze vere di un individuo sottoposto a questo tipo di trapianto». Che sono? «Che sono problemi di ordine tecnico. Il vero dilemma risiede nella sensibilità della mano. Se resterà limitata, allora l'arto si ridurrà a una specie di uncino e l'individuo continuerà a usare la sinistra. Se invece si inserirà perfettamente, con il tempo si trasformerà in una parte di sé». Immagini che Hallam le chieda un consiglio psicologico: che cosa gli suggerirebbe? «Più che dargli un consiglio, osserverei le sue reazioni, per capire se sta sviluppando ima patologia in seguito all'intervento. Comunque, la mia filosofia sarebbe di sdrammatizzare». Ma è difficile sdrammatizzare, dato che la mano è costantemente a portata dei propri sguardi, in una condizione diversa da quella di un cuore nuovo. «Certo la differenza si vede e si vedrà. Ma all'inizio si può coprire con un guanto. E poi non dimentichiamo che la riabilitazione sarà un processo lungo e graduale». Hallam dovrà imparare a convivere con i medicinali anti-rigetto. Come si supera un'esistenza da «chimico-dipendente»? «Ormai si tratta di un'esperienza piuttosto comune, come accade per i diabetici. E' una questione di prò e di contro. Anche chi riceve un cuore o un rene, a volte, è tentato di smettere, ma poi si rende conto che gli conviene non farlo». Al prossimo trapianto ci porremo così tanti problemi filosofici e etici? «Non credo. Subentrerà la routine, com'è avvenuto per quelli cardiaci. Chi si interroga ancora sulla sostituzione di ciò che per gli antichi era la sede dell'amore?». Gabriele Beccaria UN'IDENTITÀ' A RISCHIO

Persone citate: Clint Hallam, Hallam, Professor Carlo Faravelli