La mano saluta il suo nuovo padrone

La mano saluta il suo nuovo padrone Nessun segno di rigetto nell'uomo che vive con l'organo prelevato da un defunto. Lui chiama casa: «E' fatta» La mano saluta il suo nuovo padrone Lione: nella sala sterile i primi movimenti LIONE DAL NOSTRO INVIATO Un formoso fondoschiena femminile contornato da un camice svolazzante e dita che lo pizzicano (il fondoschiena). Sotto, la scritta: «Mano nuova neozelandese». Eh sì, i buontemponi non mancano mai. Anche nella seriosa Lione. Il disegno, su un foglio quadrettato, è stato affisso ieri pomeriggio sul tronco di una pianta, nella rotonda alberata che sorge dinanzi all'ingresso dell'ospedale Herriot. E lì, per l'ilarità dei passanti, è rimasto sino quando la mano decisamente non nuova, e francese, di un canuto custode l'ha tolto. Dopo il torrente giornalistico che sin dalla mattina era corso giù per i viali dell'Herriot sino al padiglione V, sconvolgendo la quiete del grande complesso, l'opera grafica dell'anonimo allegrone è stato l'ulteriore omaggio a Clint Hallam, «l'uomo con la seconda mano di un defunto». La straordinaria avventura di questo quarantottenne, corpulento, bruno, stempiato, ha calamitato l'attenzione del mondo e le immagini del padiglione V continuano a fare il giro del globo. Il padiglione è la casa dell'ultimo miracolato dalla chirurgia. Una costruzione di tre piani, d'un grigio bisognoso di una rinfrescata. Sopra l'entrata la scritta «Urologia e Chirurgia del trapianto». Qui mister Hallam, fresco eroe della Nuova Zelanda, e vi spiegheremo dopo perché, ha coronato il sogno cullato per 14 anni: recuperare la mano destra rubatagli da un incidente men tre lavorava nel carcere in cui lui, imprenditore senza fortuna era stato gettato da una storia di assegni scoperti. Per le inspiega bili alchimie del caso, il sogno s'è avverato dall'altra parte dell'universo da cui, sino a 10 giorni fa, «l'uomo con la seconda ma no» non s'era mai mosso. Al terzo piano, in fondo al corridoio del reparto chirurgico del litotritore, c'è la camera sterile che ospita «colui con il quale tutto il mondo vorrebbe parla re», sorride il dottor Xavier Martin, assistente del chirurgo Jean-Michel Dubernard che ha guidato l'equipe franco-britannica-australiana e italiana nel l'eccezionale intervento. Com'è naturale, alla stanza hanno ac cesso solo medici e infermieri selezionati. Lo spazio è occupato dal letto assediato da monitor che filari di tubi e tubicini colie gano al quintale sdraiato sul letto, sotto un telo verde. L'uomo «con la seconda mano» deve sempre stare disteso, «almeno sino a martedì», assicura l'assi stente Martin, e solo muovendo il capo, sollevandolo con cautela dal cuscino, può sincerarsi che quanto pareva sogno impossibi le s'è convertito in realtà, braccio destro è un involto ver de, gonfio di bendaggi. Analogo involto è la mano nuova dalla quale si diparte un'altra foresta di fili. Solo le ultima falangi delle dita sporgono, pallide, le unghie più bianche che rosee. Ecco, del prodigio, del ritorno alla condì zione estetica della normalità, Hallam ha unicamente questa percezione. Non può ancora accorgersi che la destra donata dalla sorte e dalla scienza è diversa dalla sinistra data dal destino, che è più piccola. Però, per imparare a convivere con il prodigio e con le mille implicazioni psicologiche figlie dell'operazione, c'è tempo. Adesso sono i giorni dell'euforia, cupezze, dubbi, maceramenti non possono entrare nella camera sterile. Che ieri, oggi, domani e per chissà quanti giorni ancora, resterà il regno della gioia. Gioia enorme. Giovedì, quando gli effetti dell'anestesia lunga 19 ore s'erano parzialmente dissolti consentendo la parola, il miracolato ha potuto mormorare nella cornetta appoggiatagli dal dottor Martin sulla spalla: «E' fatta, è fatta, tutto ok, dillo ai ragazzi». Un vocale telegramma di felicità alla moglie e i figli in spasmodica attesa dall'altra parte della Terra, nell'incipiente primavera di Perth, la metropoli australiana dove gli Hallam s'erano trasferiti dopo la doppia sciagura (galera e mutilazione). Abbiamo detto che il miracolato è imprenditore senza fortuna: proprio nessuna fortuna se, lavorando nella sartoria della prigione, una pressa gli aveva stritolato la mano. Dunque, di soldi quest'individuo perseguitato dalla mala sorte pochi ne possiede: ecco perché ha affrontato il viaggio della speranza da solo. E, a colorare ulteriormente di favola la straordinaria avventura, ecco l'aiuto di un mecenate lionese che ha pagato parte delle spese al paziente che l'equipe chirurgica di Sydney aveva deciso di inviare in Europa, dai colleghi di Lione, con i quali da anni lavorava per valicare l'ultima frontiera dei trapianti: quella di un arto. Hallam è così l'esploratore di una plaga ignota. «Solo tra un anno - dichiara il dottor Martin sapremo se abbiamo avuto successo, le premesse sono ottime. Passeranno mesi prima che il paziente cominci a usare la mano». Per adesso, qualunque movimento è vietato: due volte al giorno, un fisioterapista fa compiere piegamenti millimetrici al- la punta delle dita. Se lo spettro del rigetto continuerà a non far capolino nella casa del miracolo, di giorno in giorno i millimetri s'allungheranno, diventeranno centimetri. La destra che ha trovato un nuovo padrone da servire dopo che quello datole dal destino l'aveva abbandonata tragicamente martedì notte, forse a Natale sarà capace di circondare un bicchiere, stringerlo appena, sollevarlo. Dunque, Hallam dovrà avere la pazienza di un francescano per compiere quel gesto che da 14 anni sogna: «Tornare ad acchiappare forte forte tra le mani la palla ovale. Sapete, ho sangue di rugby nelle vene io». Già, con quel fisico di 100 chili e passa... Eppoi, via, poteva un neozelandese essere indifferente al rugby, lo sport dove sono una leggenda gli Ali Blacks, il mito della nuova Zelanda? E, un pochino gloria lo è diventato anche lui, Clint Hallam: il governo ha chiesto informazioni all'ospedale di Lione sul cittadino entrato nella storia della scienza. Chissà che «l'uomo con la seconda mano», dopo tante sofferenze e sventure, non abbia in sorto quella l'elice toccata alle massime glorie del suo Paese, sir Edmud Hillary, conquistatore dell'Everest, e Peter Snell, il mezzofondista re d'Olimpia negli Anni 60: finire, al pari loro, effigiato sulle banconote di casa. Sarebbe il colmo per chi, a causa della mancanza di quelle banconote, entrò in prigione per uscirne monco. Claudio Giacchino Solo le ultime falangi delle dita sporgono dai bendaggi e dai tubi Uno dei chirurghi: «Tra un anno sapremo se abbiamo avuto successo ma ora le premesse sono ottime» Lo psichiatra: ci vuole tempo per trasformare l'arto in una parte di sé «All'inizio un guanto potrebbe ridurre un possibile choc» Da sinistra, il professor Earl Owen, un'immagine del trapianto e Marco Lanzetta da giovane mentre visita un bambino FOTO FERRANTI

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