Prodi: macché crisi, Finanziaria di svolta di Alberto Rapisarda
Prodi: macché crisi, Finanziaria di svolta Il premier ostenta sicurezza, ma Bertinotti non abbassa i toni dello scontro: leggerò il testo Prodi: macché crisi, Finanziaria di svolta IlPpipreme, Scalfaropreoccupato ROMA. Prodi ostenta grande ottimismo sulla sopravvivenza del suo governo. D'Alema pure. C'è una atmosfera irreale e come sospesa in queste ore nella Capitale. Come se all'improvviso, grazie alle più sotterranee e riservate vie della diplomazia politica, si cominciasse ad intravedere un possibile spiraglio alla crisi di governo che sembrava altamente probabile appena 48 ore fa. Il segnale che qualcosa si muove è stato il ritorno anticipato di Scalfaro a Roma, con interruzione della visita a Ferrara. Ritorno giustificato, ufficialmente, con la necessità di ricevere dalle mani di Prodi, il testo della legge Finanziaria. Ma il capo dello Stato sapeva già da giorni che avrebbe avuto questo appuntamento. E' più probabile che Scalfaro abbia preferito tornare sul ponte di comando, al Quirinale, perché sa che ci sono manovre in corso e è bene essere presenti. La posta in gioco pare essere il momento in cui bisognerà affrontare Rifondazione comunista. Ci sono quelli (i popolari di Marini) che scalpitano per accelerare i tempi al massimo, sino a ipotizzare un confronto in Parlamento già la prossima settimana, prima ancora che il comitato politico nazionale di Rifondazione comunista emetta il suo verdetto. E ci sono quelli che, invece, frenano e sdrammatizzano. Come sta facendo Romano Prodi con l'appoggio di Massimo D'Alema. Franco Marini, segretario del Ppi, ha tentato per due ore ieri di convincere Prodi a giocare d'anticipo su Bertinotti. Prima che arrivi un divieto ufficiale che impedisca ai cossuttiani, quantomeno, di votare per il governo. «Spazi per traccheggiare, per mediare, non ci sono più», ha detto Marini, impaziente. Anche Sergio Mattarella concorda che «bi sogna fare in fretta». La mossa chia rificatrice che chiedono i popolari metterebbe in conto la crisi. Il risultato potrebbe essere un «governo tecnico», come propone Cossiga. Ma Romano Prodi la parola crisi non la vuole nemmeno sentire. Ieri, in consiglio dei ministri, Visco aveva cominciato il suo intervento dicendo «in questa situazione di crisi...». Il presidente del Consiglio lo ha immediatamente interrotto: «Quale crisi? Qui non c'è né crisi po¬ litica, né crisi di governo, né crisi di nessun altro tipo». Ed ha aggiunto che è «ottimista. Molto ottimista». Dall'altra sponda dell'Atlantico, Massimo D'Alema usava toni simili, anche lui ad ostentare ottimismo, sicuro che «non ci sarà crisi di governo». E implicitamente contrario ad accelerare i tempi della resa dei conti con Rifondazione. Anzi, lasciando capire che con Bertinotti ci si può ancora parlare. Anche perché, come sottolineavano ieri il governo ed anche i diessmi, c'è la novità della ripresa della occupazione nel Sud, segnalata dall'Istat. «Ora, chi volesse buttare all'aria il governo e la maggioranza, dovrebbe rifletterci un tantino prima di farlo...», avvisava Fabio Mussi. Fausto Bertinotti, in apparenza, non fa una piega e continua a dire che «il giudizio sulla Finanziaria l'abbiamo già dato ed è quello no- to». Ma aggiunge una serie di chiose interessanti, soprattutto per il tono. Per esempio che lui ha già «commentato» le proposte che gli sono state fatte all'incontro a Palazzo Chigi con la maggioranza. «Ora, quando vedrò la Finanziaria, dirò...». (Abbiamo dato solo un giudizio negativo. Non abbiamo preso decisioni». E rinvia tutto al consiglio nazionale. Dove corre il rischio che il partito si spaccili. L'aumento dei posti di lavoro rafforza gli argomenti dei cossuttiani e il «governo tecnico» (caro a l^Zj : Cossiga) aleggia come una minaccia credibile, in caso di crisi. «E' molto lontano» era l'esorcismo che ieri faceva Bertinotti, ma l'ipotesi c'è. Cossiga, intanto, pare che cominci ad innervosirsi. Come se capisse che la maggioranza potrebbe tirarsi fuori dai guai con le sue sole forze. Ieri diceva che l'eventuale spaccatura di Rifondazione non eviterebbe la crisi. E il presidente del Senato, Mancino, al contrario di Prodi e D'Alema, diceva di essere «certamente preoccupato». Dall'opposizione, invece, Gianfranco Fini (contraddicendo Berlusconi) invita ad essere cauti sulla crisi perché Bertinotti minaccia «sfracelli» ma poi fa l'accordo all'ultimo rmnuto. Se ci fosse la concreta speranza di un accordo con Bertinotti, Prodi aspetterebbe le votazioni sulla Finanziaria. Alberto Rapisarda l^Zj : Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro A sinistra: il presidente del Consiglio Romano Prodi e il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi alla presentazione della Finanziaria
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