L'ultima guerra del generale Schwarzkopf di Gabriele Romagnoli

L'ultima guerra del generale Schwarzkopf L'eroe di Desert Storm in piazza con gli ex malati di cancro che chiedono più fondi per la ricerca L'ultima guerra del generale Schwarzkopf FNEWYORK INALMENTE, un corteo per la guerra giusta. Una sfilata di eroi malconci, eppure sopravvissuti, che testimoniano la possibilità di vincere. In testa, un generale senza più il comando della Tempesta, rimasto solo nel Deserto della vita a conquistarsi la lucente medaglia della sopravvivenza con l'arma della speranza. Dietro Norman Schwarzkopf, le torme dei veterani: migliaia di reduci andati al fronte e tornati, a dire che, nonostante i milioni di caduti, è possibile vincere la guerra, perché la causa è giusta, l'unica possibile: l'esistenza. Loro ci mettono la testimonianza; gli altri, rimasti in trincea, la fede; ma il governo deve metterci i soldi, perché, come sogna, in dieci anni l'America possa scacciare il cancro dal suo territorio. Saranno ventimila, questa mattina, sul prato del Mail di Washington. Ci sarà Felicia Hodge, di Berkeley, con l'unica gamba che le è rimasta. Ci saranno Deborah Cook, 44 anni e sua fi¬ glia Edlyn, di 11, tutte e due con le cuffie sotto le quali nascondono gli effetti della chemioterapia alla quale hanno dovuto ricorrere. Ci sarà il senatore repubblicano della Florida, Connie Mack, con la moglie Priscilla, l'uno e l'altra sopravvissuti a lunghi anni di tormenti. Ci sarà Morgan O'Brien, che di anni ne ha soltanto sette, ma è scampato a due raid della leucemia. Firmeranno, come altri 125 mila prima di loro, il giallo «nastro della speranza», sul quale vanno accumulandosi i nomi degli scampati. Solo quest'anno, 564 mila persone in America non faranno altrettanto. Un altro milione e duecentomila partirà per il fronte, dove sono già otto milioni. Per aiutarli, il governo stanzia un centesimo per ogni dieci dollari raccolti in tasse. Non basta. E' questo che vengono a dire il generale Schwarzkopf e i suoi veterani: mandate i rinforzi. C'è tutto il bello e l'assurdo dell'America, in una marcia come questa. L'assurdo è che anche un'occasione simile diventa show. Sul palco, accanto ai reduci: Cindy Crawford, Michael Bolton e Aretha Franklin. Anche una causa come questa diventa un business: sono 900 negli Usa le associazioni che la perseguono a vario titolo, spartendosi i fondi e utilizzandoli chissà come. Il bello è la forza che comunica. Questo è un Paese votato alla trasparenza nei confronti del malato. Lui sa e sa che tutti sanno. Non ci sono tragedie nascoste, qualche volta si assiste perfino a sconfinamenti nell'esibizionismo. Si combatte insieme, con spirito di corpo. Con americano ottimismo si continua a ripetere che la vittoria finale è vicina, forse è un'illusione per alzare il morale della truppa, certo dieci anni fa il plotone dei reduci alle spalle del generale sarebbe stato più smilzo Ora invece, a guardarli tutti insieme, c'è davvero da immaginare che possano ri-vincere, anche per noi. Gabriele Romagnoli

Luoghi citati: America, Berkeley, Florida, Usa, Washington