Tripoli: collisione casuale

Tripoli: collisione casuale Tripoli: collisione casuale «E non sapevamo che fossero italiani» LA GUERRA DELLA PESCA LROMA A versione di Tripoli sull'incidente avvenuto nelle acque del Canale di Sicilia è contenuta nel breve rapporto redatto dal comandante della motovedetta libica che ha speronato il peschereccio «Orchidea». Il rapporto nega ogni responsabilità nella morte del pescatore ed è stato stilato ieri mattina dopo le pressanti richieste di chiarimenti giunte dalla Farnesina attraverso il nostro ambasciatore a Tripoli, Fabio Migliorini. Il comandante dell'unità libica ha così messo nero su bianco il racconto della drammatica notte, indirizzando il tutto al Capo di stato maggiore della Marina del colonnello Gheddafi. Sono tre i punti-chiave della sua ricostruzione; la collisione è stata casuale al termine di un lungo e spericolato inseguimento durato un'ora e venti minuti ed iniziato ben dentro le acque territoriali; l'unità militare libica non ha mai aperto il fuoco contro il peschereccio; 1'«Orchidea» non si è mai identificato come natante italiano, non rispondendo alle ripetute richieste di identificazione. Il comandante nega ogni responsabilità sulla presenza di vittime di cui afferma di non essere stato a conoscenza fino alla richiesta italiana di chiarimenti. Le spiegazioni libiche non hanno tardato ad essere comunicate alla Farnesina. A farlo è stato il sottosegratario agli Esteri per gli Affari Europei, Abdallah Al Obeidi, brac¬ cio destro del, ministro Omar al-Mountassef e protagonista della lunga trattativa con l'Italia che quest'estate ha portato alla sigla degli accordi per la normalizzazione dei rapporti bilaterali. «Non ci risulta che il peschereccio fuggito davanti alla nostra richiesta di identificazione fosse italiano e comunque le nostre unità costiere hanno l'ordine di non fare fuoco contro i pescherecci sorpresi senza autorizzazione dentro le nostre acque territoriali», ha affermato a più riprese Al Obeidi ai suoi interlocutori della Farnesina, prima di lasciare Tripoli nel pomeriggio alla vigilia del settimanale riposo del venerdì musulmano. Al Obeidi esprimendo «rincrescimento» per l'avvenuto ha inoltre comunicato la «disponibilità ad accertare con esattezza quanto avvenuto» anche se non è al momento chiaro se ciò significhi accettare un'indagine congiunta su un episodio che resta costellato di dubbi. Tripoli comunque ha tenuto più volta a rassicurare Roma - sia con messaggi politici che con comunicazioni della marina ai nostri re¬ sponsabili militari - sul fatto che nel Canale di Sicilia «non è avvenuto un incidente premeditato» né un «atto ostile nei confronti di un Paese amico». «La nostra volontà di collaborazione con voi è forte e immutata, rinsaldata dagli accordi recentemente sottoscritti a Roma da Lamberto Dini con il nostro ministro alMountasser», conferma Abdurraman Shelgam, ex ambasciatore a Roma ed ora presidente della commissione Esteri dell'Assemblea dei Comitati del Popolo (il Parlamento libico) in procinto di guidare una delegazione di deputati invitati in Italia della Camera dei Deputati. Il mortale incidente nel Canale di Sicilia ripropone tuttavia la necessità di migliori intese fra Italia e Libia sulla pesca nel Mediterraneo. L'argomento è stato già affrontato durante i lavori della recente commissione mista ma un'intesa complessiva ancora manca. Immediate le reazioni italiane, dure con Tripoli e critiche verso il governo. La Cgil parla di «gravissimo atto di pirateria che richiede una reazione decisa del governo», Forza Italia chiede a Dini di riferire in Parlamento sull'«assenza di una vera politica mediterranea» e Alleanza nazionale rincara la dose con Nicola Cristaldi, presidente dell'assemblea regionale siciliana: «Non basta il cordoglio, servono accordi sulla pesca che funzionino». A tale proposito Emma Bonino, commissaria dell'Ue per i problemi della pesca, ricorda che «da due anni sto proponendo ai Quindici di avviare trattative fra Nord e Sud del Mediterrano sulle questioni ittiche. Ma i Quindici partner, Italia compresa, non hanno ancora ritenuto di doversi pronunciare in merito». Maurizio Moiinari «Non abbiamo mai aperto il fuoco e la barca italiana non ha mai risposto alle nostre richieste di identificazione» Il colonnello Gheddafi

Persone citate: Abdallah, Dini, Emma Bonino, Fabio Migliorini, Gheddafi, Lamberto Dini, Maurizio Moiinari, Nicola Cristaldi