Assalto libico al peschereccio

Assalto libico al peschereccio Dramma nel Canale di Sicilia, l'imbarcazione ha preso fuoco Assalto libico al peschereccio Lo scafo speronato da una motovedetta: un morto PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Riesplode la guerra del pesce fra Libia e Italia dopo una prolungata tregua, e proprio mentre la ridotta tensione internazionale verso Tripoli lasciava sperare in rapporti distesi anche per la pesca nel Canale di Sicilia. Una motovedetta libica ha speronato il motopeschereccio «Orchidea» di Mazara del Vallo, in battuta da due settimane al largo della costa nordafricana. C'è una vittima: il direttore di macchina, Rosario Margiotta, 52 anni, famiglia di pescatori mazaresi da generazioni. A bordo c'è stato un principio d'incendio e, terrorizzati assieme a Margiotta gli altri nove dell'equipaggio (cinque italiani e quattro tunisini), fra i quali il capitano e comproprietario Vito Giacalone, di 54 anni, si sono tuffati in mare. Ora i nove superstiti sono a bordo di altri tre battelli giunti sul posto poco dopo l'incidente, il primo dei quali, il «Berenice», a sua volta quattro anni fa fu mitragliato e sequestrato da due motovedette tunisine al largo dell'isola di Lampedusa. Il «may day» è stato lanciato alle due della notte tra mercoledì e ieri dal comandante. E' stato raccolto dalle altre unità di pesca in zona e dal Centro Radio della Guardia Costiera che, senza perdere tempo, l'ha smistato al comando generale a Roma. I messaggi hanno immediatamente riassunto la tragicità dell'evento. «Ci hanno speronato», «Veniteci a prendere», «Aiuto»: le sintetiche comunicazioni hanno subito documentati l'emergenza, mentre su «Radio Pesca» (com'è chiamata la fitta rete di collegamento in funzione giorno e notte tra le centinaia di natanti impegnati nel Canale di Sicilia) qualcuno ha anche accennato a colpi di mitraglia. Ma questa circostanza non ha trovato conferme al comando generale della Guardia costiera, né a Mazara del Vallo nella sede della capitaneria dove, in atte sa di ulteriori notizie, stazio nano, preoccupatissimi, fami gliari e amici dei pescatori del 1'«Orchidea». In serata lo stes so comandante Giacalone ha escluso che i libici abbiano sparato. Varato ventisei anni fa, più volte rimodernato e oggi dotato di sistemi computerizzati e attrezzature per la pesca atlantica, trentadue metri di lunghezza e ducento tonnellate di stazza, il battello è uno dei più ammirati della flotta di Mazara del Vallo, che in Italia è prima per fatturato e seconda per tonnellaggio dopo quella di San Benedetto del Tronto. In casa Margiotta la vedova Maria, casalinga, non si dà pace: piange tormentando il faz¬ zoletto bagnato dalle lacrime. I due figli sono torriati a casa: Susanna, 24 anni, da Siena, dov'è iscritta all'Università in scienze bancarie, e Matteo, di 21, da Palermo, dove frequenta ingegneria. «Uno va al lavoro e quelli gli sparano», urla una sorella di Margiotta, che è morto quasi certamente dopo aver battuto la testa nel tuffo in mare seguito allo speronamento. Il principio d'incendio sarebbe stato conseguente ad uno scoppio improvviso, le cui origine sono ancora misteriose. Un brav'uomo tutto famiglia e lavoro, Margiotta. Una storia personale, la sua, irreprensibile. E' l'ennesimo caduto nell'assurda guerra del pesce che da secoli contrappone agli africani dell'altra sponda del Canale i siciliani. Questi ultimi non sempre rispettosi dei limiti delle acque territoriali africane, pur di raggiungere banchi più ricchi. L'«Orchidea», per il momento, è rimasto in zona, in attesa del da l'arsi e soprattutto di essere trainato verso la Sicilia: da solo non può farcela, a causa di uno squarcio vicino alla prua. Il governo ha inviato sul posto la nave militare «Sfinge» il cui medico di bordo ha visitato i nove superstiti ospitati sugli altri tre battelli, La zona è indicata a 124 miglia da Lampedusa e 250 da Mazara del Vallo, nonché a una trentina dalla Libia. «E' un fatto vergognoso», afferma Paolo Giacalone, uno dei tre fratelli armatori del natante. E il presidente dell'Assemblea regionale siciliana, Nicola Cristaldi (An), che è mazarese, critica il governo italiano e l'Unione europea, colpevoli a suo parere l'uno di non essere pivi credibile per «l'inconcludente politica di cooperazione nel settore della pesca», e l'altra di essere «troppo occupata a discutere di pro¬ blemi universali che coincidono sempre con gli interessi nordisti». Di «premeditato atto di guerra che mirava ad affondare il battello e non a fermarlo» parla Matteo Asaro che dirige l'associazione mazarese «Impresa Pesca» (50 associati). E aggiunge: «Siamo certi che la tragedia è avvenuta in acque internazionali. E lo diciamo con cognizione di causa». Antonio Ravidà I marinai si sono salvati gettandosi in mare La vittima è il direttore di macchina Esplode la rabbia a Mazara del Vallo QUATTRO ANNI PI INCIDENTI ■ 25 SETTEMBRE 1994. A Sud di Lampedusa, due motovedette tunisine mitragliano il motopeschereccio «Berenice» di Mazara del Vallo e lo sequestrano. ■ 25 FEBBRAIO 1995. Una motovedetta di Tunisi mitraglia e tenta il sequestro del «Cesare Rustico» e dell'«Aureola»; interviene la nostra Marina. ■ 30 LUGLI01997. Al largo di Lampedusa, militari tunisini mitragliano il «Francesco Saverio» e lo sequestrano. Il giorno dopo viene liberato l'equipaggio. ■^MAR^ll9Ì7ur^m"ot^- vedetta tunisina mitraglia l'«Annie Russo» nel tentativo di sequestrarlo. La Marina italiana sventa l'azione. HI La disperazione dei proprietari dell'«Orchidea», speronato in mare dai tunisini A lato il porto di Mazara del Vallo