«Ho dato la morte dolce anche ai bambini» di Enrico Benedetto

«Ho dato la morte dolce anche ai bambini» SANITÀ' wmmMm E in un talk show televisivo un altro «angelo» spiega: ormai sui malati terminali è pratica corrente «Ho dato la morte dolce anche ai bambini» Eutanasia in Francia, Vautodenuncia di un'infermiera di Lione PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Ho praticato l'eutanasia su molti bambini, in un ospedale pediatrico. Ma il cuore di un bimbo è molto forte, anche dopo una lunga malattia. Preparavamo allora "fleboclisi di morte" con farmaci in dose sempre più massiccia. Sino alla fine. Decideva il medico, prescrivendo farmaci specifici. Noi infermieri eseguivamo, e basta. Però i nomi di quei piccoli, ancora adesso, non riesco a dimenticarli». E' una testimonianza anonima quella che il quotidiano lionese «Le Progrès» ha pubblicato ieri in prima pagina. Madame X, l'infermiera rivoltasi al giornale per un lungo sfogo dopo anni di angoscioso silenzio, preferisce non venga pubblicato il suo nome. La si può comprendere. Per il codice penale francese, in effetti, l'euta¬ nasia è omicidio. Ma il giornale, che conosce l'identità dell'infermiera, ne pubblica le confessioni solo dopo aver proceduto alle indispensabili verifiche. Dunque, è vero. E la Francia lo scopre poche ore dopo aver ascoltato alla tv, in un talkshow dall'audience record, un altro «angelo della morte» Christine Malèvre - che abbreviò le sofferenze di 28 malati terminali - giustificare la propria azione. Dirà il processo, ormai vicino, se fu davvero colpevole. Ma che la donna si trovi a piede libero pochi mesi dopo l'incriminazione e il giudice istruttore le abbia concesso l'ok per parlare dal piccolo schermo dimostra come il Paese intenda infrangere il tabù sulla «dolce morte». Che sarebbe pratica quotidiana nelle cliniche francesi. In qualche misura, lo ammette lo stesso sottosegretario alla Sanità Ber¬ nard Kouchner, che mercoledì ha presentato un ambizioso piano per «addolcire» il decesso. Il governo vuole cioè sostituire alla proliferazione di eutanasie selvagge, protocolli medici che esigano un'intesa tra degente, famiglia e sistema sanitario. Metodo impeccabile sotto il profilo teorico, osserva la signora X, ma irrealistico. «Non si può chiedere ai familiari di assumere una simile responsabilità. Il dilemma etico li schiaccerebbe». «Proprio per questo» dice «la famiglia in genere non viene consultata». O meglio, si ricorre alla parafrasi. «Calmare alleviando il male», diverrà allora sinonimo di «buona morte». La decretano i medici. Ma non sempre. Nel cronicario per degenze terminali in cui lavora oggi - ignoriamo dove - l'infermiera spiega che sono lei e le sue colleghe a prendere co¬ stantemente l'iniziativa. «Suggeriamo ai sanitari i casi più insostenibili. E loro ci rilasciano una ricetta. Con l'annotazione "aumentare secondo il bisogno"». L'eutanasia attiva si nasconde insomma nell'ipocrisia di quattro parole. E il verdetto verrebbe messo in opera dal personale infermieristico, meno competente ma più vicino a chi soffre. Previo il tacito consenso dei medici. Christine Malèvre, lei, racconta le «lunghe discussioni» in stanza con esseri umani ormai allo stremo. E cita la «soglia dell'insopportabile» dietro cui non vi sarebbe più crimine ma solo compassione. Attende serena, spiega, il confronto in aula. Un solo, immenso rammarico: «Dover abbandonare per sempre il mio lavoro. Decisi di farlo a 5 anni. E non me ne sono mai pentita». Enrico Benedetto

Persone citate: Christine Malèvre, Kouchner

Luoghi citati: Francia, Lione, Parigi