All'Onu la disfida dello Stato di Palestina

All'Onu la disfida dello Stato di Palestina Il leader Olp lo proclamerebbe lunedì, minacce del premier israeliano dal Palazzo di Vetro All'Onu la disfida dello Stato di Palestina Netanyahu: Arafat, non farlo NEW YORK NOSTRO SERVIZIO «Se i palestinesi dichiareranno unilateralmente lo Stato indipendente, potranno dire addio al processo di pace»: lo ha detto ieri senza mezzi termini il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in un'atmosfera che era esattamente l'opposto di quella calorosa che l'altro giorno aveva voluto «compensare» Bill Clinton por i suoi guai interni. Israele è in debito con l'Assemblea di varie risoluzioni mai rispettate, e il tono e il contenuto del discorso di Netanyahu non erano precisamente orientati a far dimenticare il passato. Vari leader palestinesi, nei giorni scorsi, hanno affermato la loro intenzione di dichiarare unilateralmente lo Stato indipendente se entro il prossimo maggio i passi previsti dagli accordi di Oslo del 1993 non saranno compiuti, e c'è chi sostiene che lunedi, quando a parlare all'Assemblea Generale sarà il turno di Yasser Arafat, lui annuncerà la cosa formalmente, chiedendo l'appoggio degli Stati membri dell'Onu. «Chiedo con forza all'Autorità palestinese di non compiere un passo del genere - ha detto Netanyahu - che comporterebbe inevitabilmente una risposta altrettanto unilaterale da parte di Israele». La qua¬ le risposta, ha poi aggiunto, sarebbe «il collasso totale del processo di pace». L'argomento principale sostenuto da Netanyahu è un'affermazione non esatta, e cioè che «negli accordi di Oslo non ci sono scadenze». I delegati presenti hanno mostrato la loro sorpresa a quelle parole e lui ha spiegato che «essenzialmente» l'indicazione che viene da quegli accordi è che «un'intesa deve essere ottenuta attraverso negoziati», per cui «l'arbitraria, unilaterale dichiarazione di uno Stato palestinese costituirebbe una violazione degli accordi di Oslo». Lo «sviluppo inevitabile» del collasso del processo di pace, ha continuato Netanyahu, «non sarebbe una buona cosa per i palestinesi, non sarebbe una buona cosa per Israele e non sarebbe una buona cosa per la pace». E' per ernesto che «dobbiamo continuare a negoziare onestamente, senza stancarci mai, finché un accordo di pace non sarà raggiunto». Netanyahu ha anche fatto gli auguri a re Hussein di Giordania che si sta curando per un tumore negli Stati Uniti, e ha ricordato la sua proposta di ritirare le truppe israeliane dal Libano «in seguito a un negoziato». Si tratterebbe dell'accoglimento, dopo 20 anni, della risoluzione 425 adottata dal Consiglio di Sicurezza nel 1978. 11 governo libanese, come si sa, non intende negoziare, sostenendo che la presenza israeliana nel suo territorio è arbitraria e quindi il ritiro deve avvenire senza condizioni. Netanyahu si è perfino concesso un tentativo di ironia: «Devo dire che mi trovo nella bizzarra posizione di chi offre il ritiro delle proprie truppe da un Paese arabo e si trova di fronte al rifiuto di quel Paese arabo». Ma il cuore del suo discorso è rimasta la minaccia di far morire il processo di pace se Arafat, lunedì, annuncerà l'intenzione di proclamare lo Stato indipendente palestinese a maggio. Nei tre giorni che restano ci sarà molto lavoro per Madeleine Al- bright, il Segretario di Stato americano che l'altro ieri, dopo un incontro proprio con Netanyahu finito senza nulla di concreto, ha comunque detto di avere fatto «alcuni progressi», aggiungendo però di essere «un'eterna ottimista». La disputa su cui si sta lavorando è quella sul famoso 13% del territorio della West Bank che Israele dovrebbe «consegnare» ai palestinesi. Netanyahu ha già detto di sì tempo fa, ma con la condizio¬ ne che una parte di quel territorio, il 3%, venga trasformata in una riserva naturale sotto il controllo di Israele; e nell'incontro dell'altro ieri ha ribadito la sua posizione. La Albright prevede di vederlo di nuovo la settimana prossima, dopo che avrà discusso con Arafat, per vedere se si trova uno spiraglio. Ma a questo punto il problema della proclamazione dello Stato palestinese e della conseguente rottura del processo di pace minacciata da Netanyahu sembra destinata a prendere il sopravvento su tutto. E' presumibile che di qui a lunedì i maggiori sforzi della Albright saranno rivolti a evitare che Arafat faccia il suo annuncio all'Assemblea Generale. «Abbiamo un sacco di lavoro da fare», ha detto la signora, dimenticando in questo caso di riaffermare il suo «eterno ottimismo». Franco Pantarelli li presidente Anp: se a maggio gli accordi non saranno rispettati saremo indipendenti Bibi: Gerusalemme darà una risposta unilaterale e sarà il collasso della pace - *Z' : v<>> Attentato a Gerusalemme: ieri una persona è rimasta ferita nell'esplosione di una bomba ad una fermata dell'autobus