D'Alema prende tempo di Alberto Rapisarda
D'Alema prende tempo D'Alema prende tempo Ma Prodi sembra deciso a chiedere la fiducia ROMA. Ds e popolari accettano la sfida di Bertinotti e vogliono immediatamente vedere le carte. Senza più perdere tempo e attendere le votazioni in aula sulla Finanziaria. Questo anche perche gli spazi per le mediazioni del passato sono stati spazzati via nel momento in cui il «vertice» di Palazzo Chigi ha deciso che si presenta la Finanziaria così come è e non ci saranno mediazioni. Ora la maggioranza attende le decisioni di Romano Prodi. A quanto pare, il presidente del Consiglio si sarebbe convinto anche lui che c'è una sola via da seguire: appena Rifondazione renderà ufficiale il suo «no», annunciare alle Camere la «comunicazione del governo» per chiedere una articolata fiducia. Che comprenda anche le hnee guida della legge Finanziaria. Sarebbe una mossa che offre al governo qualche probabilità di spuntarla se dovese arrivare il soccorso dei cossuttiani dei gruppi parlamentari di Rifondazione comunista. Perché le decisioni sulla fiducia le prendono i gruppi e non le segreterie di partito. Se mai la fiducia della maggioranza non ci fosse, o ci fosse con l'aiuto determinante (o troppo largoi della Udr di Cossiga, Prodi dovrebbe dimettersi per ricevere da Scalfaro, molto probabilmente, l'incarico di tentare di formare un nuovo governo. La strada di attendere le votazioni sulla Finanziaria in aula e vedere che succede (come suggerisce il popolare Gerardo Bianco) sembra agli alleati più importanti tale da portare alla crisi durante il «semestre bianco». Col risultato indicato ieri da Francesco Cossiga: un governo del presidente con tutti dentro. E Prodi non ne sarebbe di certo la guida. Sergio Mattarella, capogruppo dei popolari alla Camera e uomo che misura le parole con cautela, ieri ha esortato Prodi a fare presto, per evitare il logoramento del governo e guadagnare stabilità, se Rifondazione confermerà il no di Bertinotti. E' stata l'unica voce di spicco dei maggiori partiti di governo che ieri si è fatta sentire. D'Alema e Marini, infatti, stanno ostentatamente parlando d'altro in questa fase. Come se volessero dire: le scelte le abbiamo fatte, ora tocca a te, Prodi, decidere. Massimo D'Alema, segretario dei Ds, continua a far ostentatamente la parte dell'uomo distaccato dalle vicende italiane (anche perché è in Argentina). «La partita comincia il 6 ottobre, dopo la riunione del comitato politico di Rifondazione. Fino a quel giorno non intendo alimentare teatrini di chiacchiere con scenari di crisi», si limita a dichiarare agli insistenti cronisti. A Walter Veltroni, invece, ha telefonato sul cellurare mentre stava inaugurando la galleria di Palazzo Barberini e con lui di politica avrà certamente parlato. Magari per msistere con Prodi sulla via della mozione di fiducia. Le variabili fondamentali del gioco che si apre, comunque, sono Cossiga e Cossutta. I cossighiani dell'Udr vedono la possibilità di entrare nella maggioranza (o in nuove combinazioni) offrendo il soccorso dei loro voti. Così Buttiglione promette di far passare la Finanziaria «e dopo Prodi deve dimettersi ed aprire la crisi». Di fatto, come spiega più diffusamente Cossiga, per arrivare ad un governo di «larghe mtese» che potrebbe fare comodo miche a Berlusconi (invitato ad essere più misurato). Ipotesi subito respinta dal capo del Polo («io non sono un intrallazzatore di Palazzo») che parla di mia situazione politica che sta scendendo sempre più «nei bassifondi del Palazzo» e accusa l'Udr di meditare il tradùnento. Replica Cossiga che è «sgomento» all'idea che uno poco responsabile come Berlusconi sia stato alla guida del Paese. L'altra variabile sta nel ruolo che riusciranno ad avere i cossighiani dentro il loro partito. Loro hanno interesse che la conta sulla fiducia si faccia subito, ben sapendo che in questo modo Bertinotti avrebbe le maggiori difficoltà ad affondare pubblicamente il governo di centrosinistra. I cossighiani non avrebbero votato, per disciplina, la Finanziaria se il partito avesse deciso per il «no». Ma cosa diversa e difficile da spiegare sarebbe negare la fiducia al governo. Per questo dicono che «i deputati faranno sentire la loro voce», mentre Cossutta ammette che il rischio di scissione c'è. Ora non rimane che attendere il 4 ottobre. Alberto Rapisarda
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