Bertinotti: sulla crisi non torno indietro

Bertinotti: sulla crisi non torno indietro Nuovo strappo tra i leader durante la segreteria Prc. La rottura sembra ormai inevitabile Bertinotti: sulla crisi non torno indietro Cossutta: così butti il Paese e la sinistra nel baratro ROMA. «Questo quotidiano è fatto ogni giorno, scientificamente, contro di me». Con un gesto di ira fredda, Fausto Bertinotti ha scagliato sul tavolo, in direzione di Armando Cossutta la copia di Liberazione. Il quotidiano di partito reo di aver occultato in un titolo troppo cauto, «Conto alla rovescia», l'immodificabile propensione bertinottiana alla rottura con Prodi. E' stato il momento più livido, in un'ora e mezzo di segreteria che ha sancito un ulteriore slittamento verso la guerra civile dentro Rifondazione. Un'ora e passa di vero e proprio muro contro muro, con Bertinotti che raccontava «una Finanziaria che non esiste», e Cossutta che lo invitava «a lavorare sui segnali di svolta». Con Bertinotti che replicava «il mio giudizio è ormai immodificabile» e Cossutta che puntava il dito, «questo è un disastro, per il Paese e per la sinistra, tu ci butti nel baratro». Un dialogo tra sordi, quello nel merito della Finanziaria e dei rapporti con il go¬ verno, conclusosi con un'ulteriore sfida di Bertinotti a Cossutta: «Scriviamo un ordine del giorno su questa riunione, e mettiamolo ai voti». In segreteria la maggioranza è saldamente in mano a Bertinotti, e quella votazione sarebbe servita solo, esattamente come quella dei giorni scorsi in direzione nazionale, a sancirne la forza. I cossuttiani hanno respinto quella votazione. Anche perché essa sarebbe stata come un ulteriore passo verso la resa dei conti finale, e per la quale i giochi sono ancora aperti: il Comitato politico nazionale, l'assemblea dei 338 dirigenti del partito che il 3 e il 4 ottobre deve decidere davvero se sarà la rottura col governo Prodi. Ma anche se il cuore dello scontro di ieri è stato il rapporto con il governo, l'appoggio a una Finanziaria che a giudizio di Cossutta e Diliberto contiene i germi di una svolta, anche se è su questo concretissimo punto che si è aperta la più violenta divaricazione tra le due anime di Rifondazione, il nodo re- sta quello del controllo del partito. Nella breve riunione di segreteria i toni più accesi e la rabbia più livida, dall'una e dall'altra parte, sono stati raggiunti quando si è parlato del quotidiano del partito, delle cariche interne, della gestione del potere. Non senza qualche provoca¬ zione. Graziella Mascia, l'ex cossuttiana che è oggi responsabile del coordinamento, ha proposto di registrare le riunioni della segreteria nazionale, accusando i cossuttiani di raccontare fuori dalle riunioni cose diverse da quelle che vi accadono realmente. Pietra dello scan¬ dalo, il siluramento di Gianni Meloni, responsabile della Giustizia: un avvicendanmento, dato che l'incarico è stato assunto dalla stessa Mascia, che secondo i bertinottiani era stato deciso all'unanimità in una precedente segreteria, e che secondo i cossuttiani è stata una vera e propria «rimozione a sorpresa». Tant'è che ieri mattina è stato mio dei colonnelli del presidente, Marco Rizzo, a dire «ma noi non c'eravamo a quella riunione. Di che unanimità si parla? Voi usate il partito come l'osse cosa vostra». Un problema di democrazia deve esserci, perché oltre ai complicati rituali di presa di posizione nel gruppo dirigente sul territorio, la campagna acquisti in corso tra delegati del comitati politico, le voci di spostamento di corrente nei gruppi parlamentari, la lotta che a Roma sta stremando il partito dilaga ben oltre. «E' un dibattito tra sordi» dice Giampietro Federici, che per Rifondazione è capogruppo del Consiglio comunale di Livorno: «Capisco l'analisi di Cossutta, ma perché dobbiamo schiacciarci sul governo? Capisco la posizione di Bertinotti, ma dopo la rottura con Prodi, che facciamo?». A Milano, sembrano aver risolto il problema. «Né con Bertinotti, né con Cossutta» è il nuovo slogan di un gruppo di militanti e dirigenti della potente federazione lombarda. Simmetricamente, si spacca anche la sinistra rifondarola della Cgil, e incerto è anche Maurizio Zipponi, il segretario della Fiom di Brescia alla quale la leggenda attribuisce il merito di aver evitato a Prodi la precedente crisi, sulla scorsa Finanziaria, il 9 ottobre di un anno fa. Rifondazione, dunque, è a rischio di implosione. Lo ha detto anche Cossutta, uscendo ieri dalla segreteria nazionale: «Il partito non potrà reggere l'impatto della crisi di governo». Nerio Nesi legge in quelle parole il rischio della scissione. Bertinotti, invece, forte di un sondaggio che lo dà al 9,1 per cento tra gli elettori, è certo di avere con sé il partito. Uscendo dalla riunione, in merito alla Finanziaria ha dichiarato «vedrete, ho un pensierino». Sarà un caso, dice Nesi, ma Bertinotti e D'Alema sono gli unici a non nutrire preoccupaziom, in questi giorni. [ant. ram.l

Luoghi citati: Brescia, Livorno, Milano, Roma