Gli avi della Quercia di Filippo Ceccarelli

Gli avi della Quercia L'araldica contagia anche Veltroni e D'Alema Gli avi della Quercia A: ROMA NCHE Walter Veltroni, comunque, ha un avo illustre e perfino uno stemma di famiglia. Forse. E' il Sud America, evidentemente, che ispira la rivelazione genealogica nei politici dell'Ulivo in visita da quelle parti. Se infatti D'Alema, da Buenos Aires, ha dato conto ai giornalisti delle lontane origini arabe della sua famiglia - pirati o guerrieri di nome Halema passati al servizio dell'imperatore Federico II -, è a Montevideo, poco più di un anno fa, che il vicepresidente del Consiglio ha realizzato di avere un illustre antenato, a nome Veltroni, che ha costruito alcuni fra gli edifici e i parclii più belli della capitale uruguaiana. L'architetto Juan Veltroni, appunto, sulle cui coordinate biografiche e artistiche il possibile discendente Walter ricevette sul posto un dossier (anonimo, forse opera di qualche altro discendente). In quell'occasione il numero due del governo confessò di non avere a disposizione, purtroppo, nessun albero genealogico. E tuttavia, quattro mesi prima, in coincidenza con l'incontro al castello di Gargonza, direttamente da un testo araldico del XVIII secolo era finito sui giornali l'antico stemma dei Veltroni. Al cui centro, quasi incorniciato da tre angioletti, campeggia un cane tipo levriero che dovrebbe essere quel salvifico «Veltro» di cui parla anche Dante nel primo canto dell'Inferno. Tutto questo per dire che anche i politici, inesorabilmente, si adeguano alla moda e alla passione genealogica che sembra aver conquistato gli italiani. Con un'aggravante, se si vuole: che nel caso dei potenti si tratta di una novità relativa, giacché da sempre il potere tende ad assegnarsi antenati più che di riguardo. Avi per lo più nobili ed eminenti, rappresentativi di un passato fantastico, comunque in grado di accendere l'immaginazione - magari come l'accese Virgilio stabilendo una linea di successione che da Enea giungeva alla dinastia Giulio-Claudia, nel I secolo. Così oggi, dalla corte di Federico II, Stupor Mundi, si affacciano nel- la vita pubblica i guerrieri Halema (per quanto Aleni, secondo arabisti interpellati dal Messaggero, vuol dire «il sapiente» o «il maestro»), 0 l'antichissima stirpe veltroniana, con tanto di corredo iconografico. E la vertigine della genealogia-lampo si guadagna un posticino sulle cronache. D'altra parte risulta che anche a Clinton un impiegato della Casa Bianca abbia cercato di assegnare una parentela con Elisabetta d'Inghilterra, senza peraltro fornire prove risolutive. Anche in questo genere di ricerche i cortigiani sono piuttosto pericolosi. Di solito a sbagliare bastano i potenti. Il richiamo all'avo illustre, ad esempio, giocò un brutto scherzo a Bettino Craxi nel 1989. Il quale, commentando qualche «pasticcio» occorso alla procura di Palermo, con un certo orgoglio fece presente che mi suo antenato, don Filippo Craxi, aveva ben retto quell'ufficio intorno al 1850. Subito l'allora senatore comunista (e siciliano) Emanuele Macaluso s'insospettì, scoprendo che l'avo di Bettino si era segnalato nella repressione, dopo che l'esercito borbonico di Carlo Filangieri aveva schiacciato la rivoluzione del 1849. «Certo gli antenati non si possono scegliere - concluse maliziosamente Macaluso - ma si possono anche ignorare o prediligere». Rispetto a mi suo avo calabrese, il barone Raffaele, nato alla fine del XVIII secolo, il presidente Scalfaro non aveva fatto in realtà né l'una né l'altra cosa: non ne aveva semplicemente mai parlato. Ma questo non impedì al suo asperrimo nemico Mancuso di dedicarsi a una complessa ricostruzione da cui risultava - come da lettera pubblicata sul Foglio - che don Raffaele Scalfaro, fatto barone da Giocchino Murat, «con infinità serenità» si trovò poi a firmare «la condanna a morte del suo benefattore». Tacque allora il Quirinale (a difesa di don Raffaele insorse il ramo calabrese degli Scalfaro). Anche la genealogia, a volte, si fa contundente. Filippo Ceccarelli Lo stemma di famiglia del vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni

Luoghi citati: Buenos Aires, Inghilterra, Montevideo, Roma, Sud America