Milano, un avvertimento dietro la bomba di Paolo Colonnello

Milano, un avvertimento dietro la bomba Era a basso potenziale l'ordigno fatto esplodere l'altra notte davanti all'Intendenza di Finanza Milano, un avvertimento dietro la bomba Pomarici: gesto dimostrativo, forse è l'azione di un singolo MILANO. Due auto passate a velocità sostenuta un attimo prima dell'esplosione davanti al palazzo dell'Intendenza di Finanza. Un giovane, forse soltanto spaventato o forse in qualche modo implicato, che si è allontanato di corsa subito dopo il botto. Un pezzo di metallo dello spessore di un millimetro e della lunghezza di qualche centimetro, di colore rossastro. E' quanto hanno in mano finora gli investigatori del Comando provinciale dei Carabinieri per tentare di capire chi e perché, alle 23,32 dell'altra notte, ha fatto esplodere un ordigno a basso potenziale davanti al portone d'ingresso dell'ufficio delle tasse di Milano. Esattamente due secondi dopo il passaggio di un autobus, rimasto seriamente danneggiato, con a hordo cinque persone. Una bomba rudimentale, collocata al termine di una piccola scalinata, nell'intercapedine che divide un alto cancello di ferro, chiuso dalle 3 e mezzo del pomeriggio in avanti, dal portone di vetro che forma l'ingresso per il pubblico dell'Intendenza di Finanza. L'esplosione, oltre a distruggere una parte della vetrata e a danneggiare le pareti dell'ingresso, ha formato un cratere profondo circa 17 centimetri. Una bomba, dato l'orario e la strada poco frequentata, collocata non per uccidere (sebbene il passaggio dell'autobus abbia reso questo rischio elevatissimo) ma più probabilmente per intimidire e lanciare un messaggio minaccioso alle istituzioni. «Un insulto alla democrazia», lo definisce con rabbia il sindaco Gabriele Albertini: «Un atto molto gra¬ ve che incide sulla volontà concorde della cittadinanza di trovare un nuovo futuro di coesione per Milano». Parla invece di «un gesto dimostrativo» il procuratore aggiunto con delega per l'antiterrorismo, Ferdinando Pomarici, che ha aperto un fascicolo contro ignoti ipotizzando per il momento i reati di porto e detenzione abusiva di esplosivo ed esplosione in luogo pubblico, escludendo cautamente il reato di strage che potrebbe però essere riproposto al termine delle analisi disposte sull'esplosivo. «L'ordigno dice Pomarici - dai primi accerta¬ menti risulterebbe privo di componenti di tipo metallico. E' un ordigno meno sofisticato di quello esploso a Palazzo Marino e non possiamo escludere neppure che si tratti di un semplice candelotto da cava. E questo porta a sua volta a non escludere anche che si tratti del gesto di un singolo». Un «gesto» però che solo per una fortunata coincidenza non ha fatto vittime: ieri l'autista Nunzio Sorrentino e i cinque passeggeri del suo bus erano ancora sotto choc. E ugualmente spaventati erano i tre testimoni che l'altra sera attende¬ vano alla fermata, 30 metri di distanza dal luogo dell'esplosione, e che hanno riferito di aver visto fuggire un uomo. Un attentato rimasto ancora senza rivendicazioni, se si esclude una bislacca telefonata giunta ieri mattina al comando dei vigili urbani a nome di fantomatiche «brigate gialle», ritenuta del tutto inattendibile. Un'assoluta mancanza di paternità com'era successo per i pacchi bomba recapitati quest'estate a politici, magistrati, giornalisti e genericamente attribuiti a non meglio identificati «squatter». Oltre alle ipotesi, al mo¬ mento non esiste alcuna certezza sulla natura dell'attentato e restano aperte tutte le strade, compresa quella di una ritorsione spettacolare di qualcuno esasperato dall'eccessiva pressione fiscale. Non mancano però inquietanti analogie. In particolare con la bomba esplosa il 24 aprile '96 su una finestra di Palazzo Marino. Dai primi rilievi fatti dagli esperti del Cis dei carabinieri di Parma, l'ordigno deflagrato l'altra notte in via Moscova, sarebbe stato fabbricato artigianalmente con un miscuglio di gelatina e polvere da mina dal peso di circa un chilo, compresso in un involucro di metallo spesso un millimetro, forse una scatola per biscol ti. Per l'innesco sarebbe stata utilizzata ima miccia a lenta combustione della durata di circa 10 minuti. Dimensioni, fabbricazione e innesco che ricorderebbero proprio la bomba di Palazzo Marino, sebbene con una potenzialità ridotta di un terzo o della metà. Pure in quell'occasione non vi furono vittime e nessuna rivendicazione ufficiale, sebbene le indagini portarono all'arresto e alla condanna ili una giovane, Maria Grazia Cadeddu, ex dipen¬ dente comunale e militante di una frangia estremistica anarchica, individuata grazie a un filmato di P.adio Popolare, davanti al cui ingresso la donna, il giorno dopo l'attentato, aveva depositato un involucro simile a quello esploso. E non è un caso che anche questa volta ad occuparsi dell'i chiesta, oltre a uno dei pm della strage di piazza Fontana, Alessandro Meroni, sarà il sostituto procuratore Stefano D'Ambnioso, che condusse le indagini sull'attentato ili Palazzo Marino. Paolo Colonnello

Persone citate: Alessandro Meroni, Ferdinando Pomarici, Gabriele Albertini, Maria Grazia Cadeddu, Nunzio Sorrentino, Pomarici, Stefano D'ambnioso

Luoghi citati: Cis, Milano