Rushdie: ottimista ma non abbasso in guardia di Fabio Galvano

Rushdie: ottimista ma non abbasso in guardia L'Iran si impegna a non eseguire la condanna a morte dello scrittore ma non può cancellarla Rushdie: ottimista ma non abbasso in guardia Dopo le dichiarazioni di Khatami, Londra chiede conferme a Teheran LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Salman Rushdie non abbassa la guardia. Ammette, come fa sapere un suo portavoce, di essere «cautamente ottimistico» dopo le parole del presidente iraniano Mohammed Khatami, che martedì ha detto a New York: «La questione Saiman Rushdie è completamente chiusa». Ma sottolinea, dopo un incontro ieri mattina al Foreign Office, alla vigilia di un incontro al palazzo di vetro dell'Onu fra il ministro degli Esteri britannico Robin Cook e la sua controparte iraniana Kamal Kharrazi, che la situazione non è ancora limpida. Rushdie ha imparato, nei nove anni della fatwa, ad affrontare con realismo la situazione; e sa che, nonostante la parole di Khatami, non molto è cambiato. Non è infatti la prima volta che il governo di Teheran prende le distanze da una formale persecuzione di Rushdie. Già quattro anni fa il ministro degli Esteri di allora, Douglas Hurd, aveva avuto assicurazioni dal governo iraniano. Da allora numerose sono state, nel tentativo di Teheran di normalizzare i rapporti con l'Occidente, le espressioni di rincrescimento per quella fastidiosa spina. L'Iran ha esplicitamente detto che non manderà agenti in giro per il mondo per attuare la fatwa. Pochi mesi fa ha addirittura indicato che il caso Rushdie «appartiene agli anni della guerra fredda». Le intenzioni, forse, sono buone; ma la fatwa resta. Resta perché, secondo la legge islamica, soltanto chi l'ha pronunciata può cancellarla. Il governo di Teheran può anche cercare un dialogo politico sottolineando la propria estraneità a un'eventuale attuazione della fatwa, ma non può revocarla. Al più l'Iran può esercitare pressioni: per esempio invitando la Fondazione 15 Khordad (prende il nome dalla data del calendario iraniano in cui lo Scià soppresse nel sangue una solleva¬ zione sciita nella città santa di Qom) ad annullare la taglia sulla testa di Rushdie. «Molto - si osserva in ambienti diplomatici occidentali di Teheran - dipende dai sentimenti della Fondazione. Ma i segnali per ora non sono incoraggianti: proprio l'anno scorso la taglia è stata portata da 2 a 2,5 milioni di dollari». Altra acqua fredda sul fuocherello della speranza è venuta ieri da Ghayasuddin Siddiqui, leader del Parlamento Musulmano di Gran Bretagna. «Il governo - egli ha detto - non ha l'autorità per revocare la fatwa. Questa è un'espressione della legge islamica, e lo rimarrà indipendentemente da che cosa accada o non accada a Teheran». Khomeini era stato chiaro: qualsiasi musulmano in grado di uccidere Rushdie è tenuto a farlo. Ma con l'autore dei «Versi satanici» costretto da nove anni a vivere sotto guardia armata in una serie di indirizzi segreti di Londra, anche da Siddiqui viene una parola di speranza: «Noi abbiamo sempre sostenuto che la fatwa è valida; ma per quanto riguarda i musulmani che vivono in questo Paese, badino a non essere coinvolti nella sua attuazione». Il pericolo, comunque, resta: basta mi fanatico, magari accecato dal miraggio di quei due milioni e mezzo di dollari, a venificare le parole di pace del presidente Khatami. Né ci si aspetta molto di più Teheran ripeterà di non voler uccidere Rushdie, ma di non poter revocare la fatwa - dall'hicontro odierno fra Cook e Kharrazi. Eppure la International Rushdie Defence Committee resta sul piede di guerra. Prevede per oggi un altro incontro al Foreign Office, per battere il ferro mentre è caldo. «Consultazioni» sugli ultimi sviluppi, commenta laconicamente un portavoce di governo. E oggi? «Dipenderà dall'esito dell'incontro di New York». Fabio Galvano