Gingrich gela Clinton: no ai compromessi

Gingrich gela Clinton: no ai compromessi La Casa Bianca accusa i repubblicani di tirare in lungo il Sexgate per motivi elettorali Gingrich gela Clinton: no ai compromessi La Camera verso l'impeachment WASHINGTON mi CLINTONIl SONDAGG|i POLÌTICI IWAtL STREETDAL NOSTRO CORRISPONDENTE Lo speaker Newt Gingrich, capo dei repubblicani alla Camera dei rappresentanti, spegne sul nascere ogni ipotesi di un compromesso in tempi rapidi sulla vicenda Lewinsky per risparmiare al Paese l'incubo dell'impeachment del Presidente. La leadership democratica, incoraggiata dalla persistente popolarità di Bill Clinton, aveva chiesto di accelerare i tempi per arrivare ad una soluzione nel giro di una trentina di giorni e possibilmente prima delle elezioni congressuali del 3 novembre. Ma Gingrich ha sbattuto la porta: «Chiunque avan- "j*-*---*-*--*-za proposte prim'ancora che l'indagine del Congresso sia conclusa mette il carro davanti ai buoi. Non vedo proprio come si possa correre verso una soluzione senza aver accertato tutti i fatti». E a chi gli faceva notare che due terzi del Paese appoggia il Presidente e si oppone al suo impeachment, lo speaker ha risposto seccato: «Gli americani sarebbero inorriditi se il Congresso si trasformasse in un'istituzione al servizio dei sondaggi, pronta a rendere una versione grottesca della giustizia sulla base dell'ultima rilevazione». Richard Gephardt, leader della minoranza democratica alla Camera, ha reagito con ira: «Abbiamo bisogno di una scadenza. Trenta, quaranta, cinquanta giorni. Non importa. Basta che i repubblicani ci diano una scadenza. Il Paese non t N può rimanere sospeso per mesi e mesi mentre noi continuiamo a frugare dentro fatti arcinoti». E la Casa Bianca, che appena 24 ore prima aveva fatto capire di essere disposta ad accettare una mozione di censura contro il Presidente in cambio di una sua deposizione davanti alla commissione Giustizia della Camera, ha subito attaccato Gingrich. «Se questa storia andrà avanti all'infinito lo dovremo allo speaker», ha detto il portavoce Mike McCurry. «E' lui che tira le fila in questo momento. E francamente ci dispiace vedere che gente motivata, che vuole chiudere questa vicenda al più presto, venga soffocata da quelli che vogliono tirarla per le lunghe. E sto parlando di mesi, fino all'anno prossimo, fino al Duemila, fino al nuovo millennio». Ma ormai è clnaro: la vicenda Lewinsky è sempre più ostaggio della campagna per le congressuali di novembre, quando saranno rinnovati l'intera Camera e un terzo del Senato. E i repubblicani hanno ogni intenzione di massimizzare i vantaggi politici che sperano di ottenere trascinando i piedi e continuando a sommergere il pubblico con nuovo materiale - la settimana prossima la commissione Giustizia divulgherà i contenuti di altre sedici scatole. Ai democratici non rimane che criticare il comportamento partigiano dei loro rivali e lamentare l'assenza dello spirito costruttivo e sopra le parti «che dominò i lavori del Congresso ai tempi di Waterga- Il I Bj te» - quando il Presidente sotto accusa era un repubblicano e il Congresso era in mano ai democratici. Allo stato, dunque, lo scenario più plausibile rimane questo: la commissione Giustizia, dominata dalla destra repubblicana, approverà la settimana prossima o poco dopo un'inchiesta della Camera per un possibile impeachment del Presidente. Dopo le elezioni si aprirà nuovamente una finestra per un possibile compromesso. Ma nel frattempo si continua a trattare dietro le quinte per spianare la strada ad un accordo dopo le elezioni. Lo stesso Presidente Clinton è impegnato personalmente nel dialogo, ed ha telefonato a esponenti di spicco democratici e repubblicani sia alla Camera che al Senato. Ieri ha saggiato l'atmosfera al Congresso recandosi al Campidoglio per la consegna di una onorificenza a Nelson Mandela - che la sera prima, alla Casa Bianca, aveva espresso con grande calore 0 suo sostegno al Presidente. E Clinton, introducendo il Presidente sudafricano ma parlando ai congressmen, li ha invitati «a non sprecare le nostre giornate». Mandela ha offerto il suo conforto a Clinton lo stesso giorno in cui Jimmy Carter ha detto di essere rimasto «profondamente imbarazzato» dalla vicenda Lewinsky. E un altro ex presidente, George Bush, ha rotto il suo silenzio accusando Clinton di aver «danneggiato» la presidenza. Andrea di Robiiant Sfuma la possibilità che il Presidente si presenti al Congresso cavandosela con una censura. Lo speaker: non decidono i sondaggi mi t CLINTON Il SONDAGGI |i POLÌTICI IWAtL STREET "j*-*---*-*--*-Il I Bj

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