L' incubo degli industriali di E. N.

L' incubo degli industriali L' incubo degli industriali 1/peggio: l'alleanza rosso-verde Il meglio: un governo Cdu-Spd BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Pochi mesi fa, il presidente di una delle principali associazione industriali, Dieter Hundt, definiva deludenti i risultati economici del governo Kohl. La riforma dello Stato sociale, scriveva, «non è stata portata avanti come sarebbe stato necessario». Gli faceva eco Hans-Peter Sthil, presidente di un'altra importante associazione, il DIHT: definendo inconsistente il corso riformista della coalizione di centro-destra, e denunciando la mancanza di «slancio» nella lotta alla disoccupazione. Gli industriali, notava Sthil, «non sono più disposti a osservare senza reagire gli scontri politici» all'interno del governo. Il presidente della Porsche, Wendelin Wiedeking, accusava il Cancelliere di «non mostrare la minima comprensione per l'economia» e avviava un flirt politico con Gerhard Schroeder. Tutto questo appartiene al passato. Nonostante le volute ambiguità di programma e di linguaggio, il candidato socialdemocratico non è riuscito a comunicare una salda imma■t la| gine di competenza in SS ^ campo economico: la |B £ disponibilità e l'interessi H se Per 11101110 cne siede '^M Wm nel Consiglio di amministrazione della Volkswagen sono appassiti ni fretta, fra le élite im prenditoriali del Paese. Le reazioni al «Programma per i primi cento giorni» - che abolisce le poche miniriforme di Kohl, dalla norma che pre vede l'abolizione del salario nei primi giorni di malattia a quelle che consentono licenziamenti troppo facili - sono state glaciali: «Le conseguenze per la situazio ne economica in Germania sa rebbero fatali», ha commentato Hundt. Neanche a scelta del giovane industriale Jost Stollmann come ministro-ombra è valsa a rassicurare: i due terzi degli impren ditori, secondo mi sondaggio rea lizzato dall'Emnid per il settimanale economico Wirtschaft Wo che, sono convinti non sarà Stollmann ma la vecchia guardia socialdemocratica rappresentanta al meglio dal leader del partito Oskar Lafontahie, a dettare le linee di politica economica di un governo Schroeder. In confronto al consigliere economico scelto da Helmut Kohl all'avvio della campagna elettorale - il capo della Jenoptik, Lothar Spaeth, che ha trasformato un residuato socialista in un'efficiente società quotata in Borsa - Stollman viene considerato del resto «mi principiante». Dopo un avvio promettente, sottolinea l'analisi dell'Emnid, Schroeder non è riuscito a confermare l'immagine di «uomo dell'economia» - capace di garantire «una durevole competenza» hi questo campo - alla quale aveva affidato la propria strategia di avvicinamento al «nuovo centro». Contemporaneamente, favorito dal buon andamento della situazione generale e da un sia pur lieve calo della disoccupazione, l'«immagine economica» di Helmut Kohl ha recuperato lustro: la maggioranza degli elettori non crede che l'Spd abbia una ricetta migliore di quella della Cdu per ravvivare il mercato del lavoro. Il fatto è che man mano che i sondaggi confermavano la possibilità reale di una coalizione fra socialdemocratici e partito ecologista, nell'elite economica del Paese si è rafforzato il rifiuto di un «esperimento che avrebbe ripercussioni negative sull'azienda Germania». Un timore diffuso del resto anche fra i normali elettori: perfino il 41% di quelli di sinistra ritengono che «rosso-verde danneggerebbe l'economia». Non è tuttavia a una riedizione dell'attuale coalizione Cdu-Csu-Liberali che il mondo economico tedesco affida volentieri il futuro del Paese. Per aiutare al meglio l'azienda Germania e realizzare le riforme di struttura indispensabili, serve piuttosto una Grande Coalizione fra Cdu e Spd, si sottolinea. Anche gli elettori socialdemocratici, sempre più diffidenti nei confronti dei Verdi, ne sono convinti: un'alleanza fra grandi partiti popolari, sostiene la maggioranza, farebbe meglio all'economia di un governo rosso-verde. [e. n.]

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