Il Professore e i trotzkisti di Filippo Ceccarelli

Il Professore e i trotzkisti Il Professore e i trotzkisti Sono l'ago della bilancia del governo LA STORIA E LE CRISI E ROMA poi - sorpresina della storia, della memoria e della nostalgia - stavolta sono pure i trotzkisti di Rifondazione che costringono Bertinotti a rompere con il governo Prodi. Com'è nella loro litigiosissima tradizione, lo fanno gli uni contro gli altri, componente contro componente, frazione contro frazione, scuola teorica contro scuola teorica: ma intanto lo fanno. Per cui adesso c'è il compagno Marco Ferrando, da certa incongrua vulgata definito «il trotzkista cossuttiano», che pretende la rottura in polemica con Bertinotti. E poi c'è il trotzkista puro, anzi il maestro di tutti i trotzkisti: Livio Maitan, 75 anni tonificati da regolari partite di calcetto, che pure lui vuole la rottura, ma a sostegno del segretario. Insieme, i rifondatoli che in un modo o nell'altro si rifanno a Lev Davidovic controllano 48 dei 338 voti del comitato politico. Essendo quest'ultimo spaccato a metà come una mela, Bertinotti deve necessariamente beccarsi quei voti. Di qui (anche) la sua intransigenza. Morale: il governo di Romano Prodi è ostaggio eccellente - chi l'avrebbe mai detto - di trotzkisti che magari sognano ancora la «rivoluzione permanente», o seguitano a rompersi la testa sulla «legge dello sviluppo combinato e diseguale», come pure sulla «trascrescenza», raccapricciante termine che indicava il passaggio progressivo da un livello all'altro del processo rivoluzionario ininterrotto. Il macheil ch E in ogni caso. Oltre a una rottura «necessaria e urgente», il ligure Ferrando, che è sulla quarantina e sprizza energia creativa e distruttiva, pretenderebbe addirittura la sospensione del negoziato. Mentre il veneziano Maitan, coltissimo e lungochiomato, quasi un personaggio di vecchio estremista da film inglese, per giunta oltretutto imparentato con l'oligarchia sassarese dei Segni, dei Siglienti e dei Berlinguer, non solo ha segnalato la «drammatizzazione della situazione economica con gravi ripercussioni anche in Eurolandia», ma in particolare imputa al premier di aver permesso che la moglie Flavia indossasse il chador nella sua visita in Iran: «E questo, compagni - così ha esordito due mesi orsono in un'importante riunione - la dice lunga sull'immoralità di un trasformismo e di un opportunismo che non ha confini e che fa di tutto pur di strappare qualche accordo commerciale»... Le questioni di principio sono infatti molto importanti per i trotzkisti. Non si stupiranno certo della sparata quei tanti che in gioventù hanno frequentato Maitan e i suoi ritrovi polverosi e catacombali. Personaggi finiti con socialisti, diessini, dipietristi, pannelliani e perfino cossighiani, ma a suo tempo estenuati dalla più severa ermeneutica dei testi del «profeta armato», affascmati da questa specie di comunismo esoterico che ni nome del1'«entrismo» imponeva di militare in altri partiti, restando in segreto militanti della IV Internazionale. Di ex trotzkisti ce n'è, come si dice, per tutti i gusti. I giovani socialisti Rino Formica e Giorgio Ruffolo, per dire, che parteciparono alla scissione socialdemocratica di Palazzo Barberini su posizioni di estrema sinistra anticomunista. Oppure, di un'altra generazione, il comunista Silve- rio Corvisieri, che con Massimo Gorla e Luigi Vinci diede vita ad Avanguardia Operaia. E ancora: trotzkista in incognito è stato Pio Marconi, poi giurista del psi al Csm; trotzkista mi poeta girovago della politica come l'ex editore Giulio Savelli (oggi dell'Udr); trotzkisti furono Paolo Flores D'Arcais e l'attuale direttore di Radio radicale Massimo Bordili. A suo modo una scuola, anche se le sigle (Gcr, Per, allargando ai bordighiani anche un partito comunista internazionale e ben due partiti comunisti internazionalisti) si rincorrevano in un'incontrollabile sarabanda incrementata dall'eresia «posadista» (da Posadas, trotzkista sudamericano). Trotzkista «all'orecchio» fu Ezio Ferrerò, interprete dei colloqui tra Valletta e Kossighin per Togliattigrad. C'era lui nel teatro della federazione comunista romano quando un altro trotzkista che poi lavorò con Carmelo Bene rinunciò al suo segreto chiedendogli di tradurre al poeta sovietico Evtushenko se si era accorto che «lo stavano prendendo tutti per il culo». Campione assoluto di «entrismo», Pietro Leone (Lotta operaia): era così entusiasta e altisonante nei suoi proclami al pei, da generare sospetti e paranoie al Bottegone. Gente sempre molto rigida. E sebbene la loro proverbiale inflessibilità ne faceva spesso delle macchiette, c'è da dire che almeno sulle degenerazioni sovietiche e cinesi - che non è poco - hanno avuto ragione. Prima di tanti altri, e nonostante la leggenda nera di rinnegati, traditori e boia che gli stalinisti gli ha appiccicato addosso per circa mezzo secolo. Ciò detto, suona comunque strano che la superstite famigliola trotzkista, senza mai perdere di vista il litigiosissimo contenzioso sul marchio d'origine controllato della IV Intemazionale, a sua volta vivacchiata in uno stato piuttosto embrionale e comunque sottoposta a una molteplicità di spinte centrifughe, ecco, insomma è curioso come questo filone sia finito per diventare l'ago della bilancia: non tanto di un partito, ma a suo modo addirittura di un governo, anzi del primo governo della sinistra in Italia, le cui sorti dipendono appunto da Maitan, Ferrando, Grisolia, Ricci, Bagarolo, Turigliatto, con i loro giornali Proposta e Bandiera rossa. E sarà pure l'era del disincanto, forse pure del cinismo, ma ancora una volta tocca dire: benedetti trotzkisti. E di nuovo vale la pena di chiedersi se per caso quella loro vocazione ereticale, l'irrequietezza ideologica, i calcoli sull'accelerazione dei processi rivoluzionari in giro per il mondo non fosse, non sia ancora oggi uno stato d'animo. Qualcosa che Prodi - per dirne uno - non potrà mai capire. Ma Bertinotti forse sì. Filippo Ceccarelli Il maestro è Livio Maitan che non ha perdonato il chador di Flavia Prodi Scuola di irrequietudine ideologica da cui vengono Formica e Flores d'Arcais Sopra: A destra: Pio Marconi Livio Maitan Sotto: Paolo Flores D'Arcais e Rino Formica In basso: Giulio Savelli

Luoghi citati: Iran, Italia, Roma