Da Bertinotti uno schiaffo al governo di Alberto Rapisarda

Da Bertinotti uno schiaffo al governo Alta tensione al vertice sulla Finanziaria. Il premier va avanti, Prc decide entro dieci giorni Da Bertinotti uno schiaffo al governo Prodi: «Voglio sapere se ho ancora una maggioranza» ROMA. «Rifondazione comunista non è d'accordo. Il governo ha manifestato sordità totale ai nostri richiami. C'è stato, forse, solo imo "sfrisino" di astuzia in più», annuncia a muso duro Fausto Bertinotti lasciando il «vertice» di Palazzo Chigi. L'incontro è andato male. Il segretario di Rifondazione comunista ripete che a lui questa legge Finanziaria del governo non piace, non lo convince, provoca il suo «profondo dissenso» con le sue «offerte misere». Ma il Presidente del Consiglio non si lascia intimorire é assicura: «La riunione del Consiglio dei Ministri di venerdì approverà la legge finanziaria». Tutti gli altri hanno detto a Bertinotti, con modulazioni diverse, che il gioco è finito. Ora vogliono vedere che carte ha in mano Rifondazione comunista. Attenderanno gli 11 giorni che mancano al comitato politico nazionale del partito, convocato per il 3 e 4 ottobre. Da lì dovrà uscire «una parola definitiva - come ha detto lo spazientito Walter Veltroni, vicepresidente del Consiglio -. Oltre non si può andare». 0 dentro o fuori. O condividi la Finanziaria (salvo «ritocchi» in Parlamento) o... «E' vero - ha detto il presidente del Consiglio, concordando col suo vice - oltre il 5 non si può andare. Dobbiamo avere qualche punto fermo». Ma ha aggiunto, possibilista: «Certo, poi, la Finanziaria, nel suo iter parlamentare può essere ritoccata, precisata... Ma bisogna sapere se c'è una maggioranza. Dobbiamo tenere conto del prestigio internazionale che l'Italia ha riconquistato». Insomma, è cominciato il conto alla rovescia, anche se nessuno ieri era in grado di prevedere con esattezza cosa può succedere dopo un eventuale «no» di Rifondazione alla Finanziaria. E' l'opposizione di Cossutta alla crisi che ha fatto cambiare gli scenari dell'Ulivo. Nessuno pensa che i cossuttiani possano votare in Parlamento difformemente da una decisione del partito. Ma se dovesse cadere il governo, potrebbero entrare liberamente in gioco per aiutare la soluzione della crisi. E potrebbero essere il provvidenziale contrappeso politico ad un aiuto dei cossighiani. Ora bisognerà vedere come sarà il voto del comitato politico di Rifondazione comunista. Se il partito non sarà compatto nel suo verdetto, come appare quasi certo, il governo potrebbe attendere al varco Bertinotti al primo voto in Parlamento sulla Finanziaria. Sperando, nel frattempo, di ritrovare un accordo. Altrimenti sarà la fine. D'altra parte, il presidente della Repubblica continua ad essere contrario a crisi che nascono fuori dal Parlamento. Questo significa che non possono essere in vista soluzioni precipitose do¬ po il 5 ottobre e che Prodi potrebbe essere esortato a tirare avanti sino a verificare in Parlamento cosa succede alla Finanziaria. Un provvedimento che potrebbe ottenere i voti della Udr di Cossiga e poi vai a vedere cosa può succedere. Ieri, comunque, Scalfaro ha rivolto un indiretto appello alla responsabilità a Rifondazione comunista, dicendo che «per il bene della comunità e della democrazia», a volte bisogna sapere «rinunciare all'affermazione della propria visione, se ciò serve ad ima coralità di pensiero. Ognuno è chiamato a lavorare per il bene della comunità e non per la vittoria ad ogni costo del proprio pensiero». Sono qui i margini che separano il governo dalla crisi. Ieri, al «vertice» di Palazzo Chigi, l'offensiva della chiarezza l'ha guidata Franco Marini, segretario del partito popolare. «Ma che riflettere e riflettere - ha risposto a Bertinotti temporeggiatore -, qid il tempo è finito e tu devi decidere subito. Se ima forza della maggioranza si siila non è che tutto possa restare come pri- Tra l'altro, Bertmotti aveva tentato una manovra da funambolo, sostenendo che l'eventuale no alla Fmanziaria non doveva avere «effetti conscguenti» sul governo. Finendo con fare esplodere sia Veltroni che Prodi. ((Abbiamo fatto ima Fmanziaria per il Paese e non per quelli (Bertinotti) che vanno in televisione a dire che il mio governo in questi anni non ha fatto niente» ha detto il presidente del Consiglio. Molto più cauti i democratici di sinistra. D'Alema (dall'Argentina) ha invitato a non drammatizzare, mentre il suo numero due, Marco Minniti, presente al «vertice», ha sostenuto che il problema si porrà «se Bertmotti ritùa la fiducia. Intanto non lo ha ancora fatto». Ed appare evidente che i ds vogliono che Bertinotti, di fronte a tutta la sinistra, si assuma con un voto la responsabilità di fare cadere il governo di centro sinistra. Alberto Rapisarda Scalfaro: bisogna rinunciare ad affermare la propria visione se è per il bene del Paese

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