PARMIGGIANI IL PITTORE CHE NON FA PITTURA di Guido Curto

PARMIGGIANI IL PITTORE CHE NON FA PITTURA PARMIGGIANI IL PITTORE CHE NON FA PITTURA ON vuol essere un'antologica, ma un percorso poetico intorno all'opera di Claudio Parmiggiani la mostra allestita dal 23 settembre al 15 novembre nella Palazzina della Società Promotrice delle Belle Arti a cura di Valentina Castellani e di Gianni Vattimo, per iniziativa dell'Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte. Parmiggiani è uno dei più importanti artisti italiani contemporanei; ha in curriculum un numero impressionante di mostre nei maggiori musei d'Europa e può vantare numerose presenze alla Biennale di Venezia. Tuttavia, benché abbia vissuto per quasi un decennio a Torino negli Anni Ottanta e sia stato «lanciato» a livello internazionale dalla gallerista torinese Christian Stein, mai fino ad oggi gli era stata dedicata una mostra personale nei musei del capoluogo piemontese, né tantomeno al Castello di Rivoli. La rassegna alla Promotrice è quindi il primo, doveroso riconoscimento pubblico concesso dalle istituzioni culturali torinesi a questo artista emiliano, nato a Luzzara (Reggio Emilia) nel 1943, che oggi vive e lavora tra Bologna e Torrechiara, un piccolo borgo nei pressi di Parma. Il percorso espositivo, progettato con acume critico dall'architetto Marisa Coppiano, non segue un rigido ordine cronologico, ma accosta scenograficamente una trentina di opere, alcune già esposte a Ginevra in occasione della retrospettiva del 1990, altre realizzate appositamente per questa occasione. Appena entrati ci s'imbatte nello «Zoo geometrico»; un lavoro del 1969 costituito da una lunga barca da fiume, dentro la quale sono collocati coni, cubi e altri solidi, ricoperti di pelli artificiali di animali selvatici. Quest'opera, proveniente dallo Stedelijk Museum di Amsterdam, viene messa in rapporto ad un'altra barca, più recente, collocata in fondo al salone d'ingresso, spezzata in due come un relitto schiantato dalla piena del fiume contro il pilone di un ponte, metafora di una condizione esistenziale, di una visione del mondo tragica e pessimista. Proseguendo la visita, svoltando a sinistra, s'incontrano altre installazioni di grande effetto. Una stanza è invasa da una coltre impalpabile di pigmento giallo che ricopre tutto il pavimento e risplende sotto la luce accecante di due potenti fari alogeni. Subito dopo si accede ad uno degli ambienti più affascinanti dell'intera rassegna, la cosiddetta «Delocazione». Sembra di entrare in un alloggio abbandonato dove è da poco avvenuto un trasloco e sulle pareti annerite restano soltanto i «segni» dei quadri appesi e di una libreria. E' la rappresentazione tangibile di un'assenza, di una perdita di memoria, forse di un lutto, e persino della morte dell'arte, come sembra suggerire l'opera successiva: «Iconostasi», una sequenza di quadri velati di drappi neri e un'altra di sculture sotto teli bianchi. Tutti lavori assimilabili a quelli realizzati da alcuni maestri del- l'Arte Povera in particolare dal torinese Giulio Paolini. Parmiggiani però non accetta di appartenere ad alcun gruppo o tendenza. Dice di sé: «Mi considero un pittore che non fa della pittura». Quindi neppure può essere ritenuto un artista concettuale, come vorrebbero alcuni critici, perché i suoi assemblaggi di oggetti non vogliono esprimere un'idea precisa, un concetto circoscritto. Semmai, se proprio si vuole ricondurlo a un paradigma storico-critico, Parmiggiani dev'essere definito un post-dadaista-metafisico-surrealista per il suo collocarsi sulla linea di Duchamp, de Chirico e Magritte. Guido Curto Promotrlce delle Belle Arti, viale Crivelli 11; Da martedì a domenica 10-19,30. ■ "1 a / / A sii list ni «Finisteirae» A destra "Senza titolo» In allo "Barca che trasporta i nove pianeti»