Peter Sellars, odio d'artista

Peter Sellars, odio d'artista Incontro con un maestro della provocazione: il regista debutta al Roma Europa Festival Peter Sellars, odio d'artista «Gli Stati Uniti? Una prigione» jrf ROMA A trasformato Don Giovan■ ni in un boss del Bronx; le coppie del Così fan tutte le JLIha fatte incontrare in un fast-food della provincia americana; la croce di San Francesco nell'opera di Messiaèn era una scultura di televisori che proiettavano immagini di infinite varietà di uccelli cantanti. Impossibile restare indifferenti al teatro musicale di Peter Sellarsi 42 anni, americano, un periodo di studio, vent'anni fa, a Firenze e Venezia, prima di partire verso l'Oriente. Invitato spesso ai Festival di Salisburgo e Glyndebourne, direttore artistico del Los Angeles Festival, ha messo in scena La morte di Klinghoffer, l'opera di John Adams che è stata un successo internazionale, ma non in Italia dove nessuno ha osato riprenderla, anche se parlava di noi. Invitato dal Roma Europa Festival, Sellare debutta ora nel nostro Paese, e ha molta voglia di raccontare quanto accade nel suo. «Non si può immaginare la quantità di restrizioni che conoscono in questi anni gli artisti americani; il Fondo Nazionale per le Arti è ridotto praticamente a zero e il nostro Senato pensa ancora che sia troppo: la creazione spaventa. Invece costruiscono moke prigioni, per questo ho voluto fare quella regia del Libertino di Stravinskij rinchiuso in manicomio». Lei ha detto: l'idea del manicomio me l'ha data «H prigioniero» del vostro Dallapiccola. In che modo? «Ci sono due tipi di prigioni: quelle che costruiscono gli altri e quelle che tu stesso ti crei. Dallapiccola parla del loro rapporto e negli Stati Uniti di questi anni è un problema enonne. Sai cosa sono le prigioni hi-tech?». Non le ho mai visitate. «Allora non sai cos'è il "three-stri kes". Se per tre volte ripeti lo stesso reato, ti danno l'ergastolo. Conosco un ragazzo di 22 anni che sconta l'ergastolo per avere rubato tre volte un pezzo di pizza. Stai in isolamento per cinque anni, comunichi solo attraverso il computer, una telecamera ti guarda sempre, la tua mezz'ora d'aria è dentro una stanza di cemento. Questo tratta mento costa allo Stato 35.000 dollari l'anno, un anno di scuola per un ragazzino ne costa 3000, ma lì lo Stato non spende. Non dovete pensare che Kenneth Starr sia un caso isolato, i nostri giudici stanno impazzendo. Capisci ora il mio Libertino, con tutta la sua forza vitale, chiuso in un manicomio?». Un artista impegnato, si diceva una volta. «Il teatro è democrazia e la democrazia è come l'educazione dei figli, te ne devi occupare ogni giorno». Ha la stessa opinione del cine¬ ma e della televisione? «Sono la negazione della democrazia perché tutti devono vedere la stessa cosa nello stesso momento. Sono immagini condizionanti». Perché le sue ambientazioni hanno sempre forti richiami alla contemporaneità? «Pensa ai quadri di Caravaggio: i suoi personaggi sono in abiti del suo tempo, come gli apostoli di Rubens, volti presi tra la cerchia degli amici. Guardi e dici: "Sono io, questo quadro sta parlando di me". La prima cosa che studio, quando mi propongono un'opera, è il sogget¬ to: odio il melodramma storico, il baritono che detesta il soprano che muore mentre cala il sipario. Vogliono il melodramma? Chiamino Martin Scorsese o Francis Coppola, saranno contenti». Può continuare a parlare delle cose che odia? «La velocità stupida del cinema di Hollywood... zac, zac, zac, zac, bum, crash, ogni secondo un'azione che ti toglie 0 respiro e ti impedisce ogni pensiero... Io voglio portarti dentro un racconto che dilata le emozioni nel tempo. A un mio spettacolo devi sentirti bene, devi rilassarti per poter comprendere». Microfoni, proiezioni, uso dell'elettronica. La nuova opera d'arte totale? «L'ha realizzata Wagner un secolo fa, poi abbiamo avuto il teatro di Stravinskij, molto più democratico: la musica resta la musica, come le scene dipinte da Picasso. Wagner voleva sottomettere ogni aspetto al primato della musica. Ora abbiamo questi nuovi mezzi straordinari: vanno compresi e rispettati per quanto possono dare». Sandro Cappelletto Accuse al vetriolo: gli Usa negano fondi alla cultura sono sempre più repressivi e il cinema uccide il pensiero Francis Coppola e sopra Martin Scorsese «Chi vuole il melodramma si rivolga a loro» Una scena di vita in un carcere americano e, sopra, il regista Peter Sellars