PHILIP ROTH America, paradiso perduto

PHILIP ROTH America, paradiso perduto anteprima. Il nuovo romanzo dello scrittore ebreo statunitense: nel segno della vita, della morte, della memoria PHILIP ROTH America, paradiso perduto N ON accade spesso che del protagonista di un romanzo da 423 pagine si apprenda la morte a pagina sessantasei, e che il personaggio narratore si congedi virtualmente a pagina novantadue, avvertendo il lettore: «Da quel momento mi isolai dalla compagnia e sognai...». Ma è questo il caso del nuovo libro di Philip Roth, Pastorale americana (Einaudi), che a 65 anni si conferma una delle figure cruciali della narrativa contemporanea, non soltanto di lingua inglese. Così Zuckerman, il personaggio-voce narrante che compare in cinque romanzi dello scrittore americano, smette di parlare in prima persona e in tempo reale e lascia campo libero alla «cronaca realistica» in cui la realtà è frutto dell'invenzione e quindi del sogno. Da qui in poi la narrazione va avanti e indietro nel tempo e nello spazio demolendo i canoni del romanzo tradizionale. L'eroe di cui avevamo appreso la morte rimane così ben vivo in tutto il romanzo e tutto sapremo di lui. L'ebreo Roth, fin dai tempi dello «scandaloso» Lamento di Portnoy, da poco ristampato in Italia da Leonardo, ha portato in scena l'ambiente ebraico borghese, soprattutto urbano, degli Stati Uniti. Questa volta, però, il suo eroe, Seymour Levov, il cui nome fa rima con love, americano di terza generazione, a differenza del padre, arricchitosi con una fabbrica di guanti a Newark, nel Jew Jersey (la stessa città dove è nato è cresciuto Roth), e che soffre del dilemma caratteristico dei suoi correligionari, sentirsi diverso e non volerlo essere, si differenzia innanzitutto fisicamente. Alto e biondo, campione sportivo ai tempi del college, viene soprannominato lo Svedese. E' l'ultima fase della guerra mondiale, ed egli fa ancora a tempo a diventare istruttore dei malines. «Per quanto ne sapevo io», asserisce prudentemente Zuckerman, il quale ammetterà più volte di essersi sbagliato, peculiarità propria dello scrittore, «La vita di Levov lo Svedese era stata molto semplice e molto comune, e perciò bellissima, perfettamente in linea con i valori dell'America». Il perentorio corsivo riceverà nel libro smentite insieme tragiche e ironiche, a somiglianza del titolo, poiché scopriremo che la mitica dimensione pastorale dell'America è finita in pezzi. Per questo un acuto recensore americano ha avvicinato Pasto¬ rale americana al recente romanzo di John Updike, Nello splendore dei gigli (Guanda), grande affresco tra allegorico e realistico di ambiente protestante. Seymour sconsacra tra l'altro la tradizione sposando una ragazza irlandese, Miss New Jersey, ed ecco la saldatura insolita tra due fondamentali tribù americane. A questo punto, la sua esistenza privata si intreccia con la congiuntura pubblica, addirittura politica, e quello che Zuckerman aveva giudicato un «melenso», privo di fantasia, paragonandolo all'Ivan Il'ic di Tolstoj, acquista di pieno diritto una sua patente di grandezza, volutamente mascherata nell'incontro sollecitato con Zuckerman, l'ex compagno di scuola, ormai settantenne, che egli, di poco più giovane, non aveva mai più rivisto. Mente, il personaggio Levov. Dice a Zuckerman di essere stato felicemente operato di pro¬ stata, mentre il cancro lo sta divorando; gli parla dei tre splendidi figli maschi nati dal secondo matrimonio, ma gli tace della figlia, Meredith detta Merry, una sorta di Guevara femmina, militante in gruppi terroristici (siamo ai tempi della guerra vietnamita) e responsabile di quattro vittime in due attentati. Una sfida, che Zuckerman perde fin quando si ritira nei suoi sogni per concedersi la libertà del grande narratore, im- padronendosi del talento di Roth, utilizzando la sua magica prosa. Prende allora corpo una scintillante e spesso impietosa galleria di ritratti, una catena di situazioni. Il cinico fratello di Seymour, Larry, cardiochirurgo miliardario e ottuso la cui spécialité, più delle operazioni, sono i divorzi (quattro mogli). La fatua Dawn, moglie dello Svedese, che rifiutando di comprendere e di amare la figlia balbuziente fa detonare in lei i complessi di ribellione. Il vecchio patriarca Lou, tradizionalista e moderato che si scatena però contro Nixon, dandogli del fascista, a causa dello scandalo Watergate. La madre, costretta ai margini ma non subalterna. L'americano per eccellenza Seymour «tutto quello che amava era lì» comprende che il rapporto assoluto della sua vita lo lega alla figlia sparita nel nulla, e in una scena di una intensità commossa e straziante senza un filo di patetico la ritrova e la stringe a sé. Con una scelta tutta americana, Merry, che ha anche subito uno stupro, ha ripudiato la violenza, si è convertita a una iniziatica setta pseudo indiana, non si nutre per rispettare la natura, non si lava «per non far male all'acqua». La perdonerà, ma non la salverà votata ormai alla morte, mentre Lou morirà di crepacuore. Si consuma in questo modo una dei motivi religiosi e simbolici del libro, cui Roth allude: il biblico libro di Giobbe. Ma si badi ai titoli delle tre parti tutti più o meno esplicitamente echi da John Milton «Paradiso ricordato»; «La Caduta» (in originale, intraducibile anche per l'eccellente Vincenzo Mantovani, «The Fall», il peccato, in particolare quello originale); «Paradiso perduto». Nel segno della vita, della morte, della memoria. Si frantuma l'ordine, la tradizione, si bruciano i valori, si affaccia il caos, mentre prevalgono i più stolidi ed egoistici interessi. Ma allora la pastorale, l'idillio? Sta tutto, paradossalmente ma non troppo, nel rapporto tra padre e figlia insieme perduta, ritrovata, ancora perduta, rimasta nell'anima. Non meraviglia che il romanzo si chiuda con due interrogativi: «Ma cos'ha la loro vita che non va? Cosa diavolo c'è di meno riprovevole della vita dei Levov?». Vale la pena di ripetere la classica frase di Melville, che agli scrittori spettano le domande, non le risposte. Claudio Gorlier Seymour Levov e la sua famiglia: un cinico fratello miliardario, una moglie fatua, una figlia terrorista che ripudia la violenza dopo la conversione a una setta mistica Lungo la vicenda si frantumano l'ordine e la tradizione, si bruciano i valori, si affaccia il caos, mentre prevalgono ipiù stolidi e egoistici interessi A lato Philip Roth, nato a Newark (New Jersey) 65 anni fa. Sopra John Updike

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