II latitante in trappola per uno scatto di rabbia di Giovanni Bianconi

II latitante in trappola per uno scatto di rabbia II latitante in trappola per uno scatto di rabbia UNA CACCIA LUNGA OTTO MESI aROMA UANDO l'hanno perquisito, oltre ai soldi e ai set per cucito presi in qualche albergo dal quale era passato, è saltata fuori la ricevuta di una spedizione fatta in Italia con un corriere internazionale. Il mittente era Luigi Valiante, lo stesso nome che risultava sul passaporto; destinatario, un parente della madre di Giovanni Farina, residente nella zona di Volterra. Un particolare che ha insospettito non poco gli investigatori, al momento della comunicazione arrivata dall'Australia. «E se fosse proprio Farina?». Erano i primi giorni di settembre, e in mano alla polizia italiana che gli stava dando la caccia da otto mesi c'erano quel particolare della spedizione, la foto sul passaporto del «signor Valiante» che aveva una certa somiglianza con il latitante sardo, l'indicazione generica del Paese dei canguri come possibile meta del bandito. Ma per avere la certezza servivano le impronte digitali. Anche quelle sono arrivate via fax, ma non è stato possibile fare un confronto attendibile. «Ci vogliono gli originali», hanno sentenziato i tecnici della polizia scientifica. Alla fine della scorsa settimana, con un corriere Interpol, è giunto il nuovo set di impronte, finalmente confrontabili, che hanno dato la certezza: il super-latitante era in gabbia. E dal 28 agosto ci stava davvero, in gabbia, nel carcere di Silverwater, a Sydney, dove era stato rinchiuso dopo lo scatto di nervi e il goffo tentativo di fuga dal tribunale. In quel momento Giovanni Farina ha fatto la frittata che l'ha incastrato definitivamente. Perché dal fermo del 15 agosto alla frontiera australiana fino all'udienza in tribunale il sequestratore di Giuseppe Soffiantini era rimasto un uomo semi-libero: su cauzione aveva ottenuto un regime di libertà controllata, in attesa del verdetto dei giudici per il reato di importazione illegale di valuta, 150 milioni di lire in dollari Usa e franchi svizzeri. In quei giorni, volendo, Farina alias Vallante avrebbe potuto anche scappare, ma avrà pensato che non gli conveniva: se tutto fosse filato liscio in tribunale, se la sarebbe cavata con una multa o una condanna da poco, evitando il carce- re. Invece lì s'è tornati a parlare del passaporto contraffatto, per via di quella foto attaccata male e la segnalazione, dall'Italia, che il vero signor Luigi Valiante aveva perso il documento nel 1994. Farina non ha voluto rivelare la sua vera identità, facendo scattare la nuova incriminazione e l'arresto. A quel punto il bandito nu perso la testa: un paio di colpi proibiti agli agenti che gli stavano a fianco e un tentativo di fuga conclusosi prima ancora di cominciare. Tutto questo è stato comunicato alla polizia italiana, e i sospetti sono aumentati, fino alle impronti digitali e all'esito tanto atteso: «Sì, è Farina». Una conclusione alla quale hanno lavorato in contemporanea tre strutture della polizia criminale - l'Interpol, il Servizio centrale operativo e la Scientifica - che in queste ore ci tengono a sottolineare la sollecita collaborazione ottenuta dalla polizia australiana. Ma l'indagine non è finita. Ieri notte sono state eseguite delle perquisizioni in Toscana. All'indirizzo indicato nella ricevuta della spedizione fatta da Farina e in altre abitazioni di persone considerate vicine al latitante finito in trappola. Molti accertamenti andranno fatti per scoprire come s'è mosso il bandito nei giorni in cui è rimasto in Australia praticamente a piede libero, e prima ancora a Sùigapore, dove è rimasto due giorni, in arrivo da Zurigo e in attesa di partire per Sydney. Zurigo e la Svizzera sono una tappa fondamentale dell'inchiesta che continua anche per catturare l'altro carceriere di Soffiantini ancora uccel di bosco, Attilio Cubeddu. Che i due sequestratori siano passati dalla Confederazione elvetica dopo aver abbandonato i monti della Calvana, ci sono pochi dubbi. Tutte le tracce trovate finora dei soldi del riscatto pagato dalla famiglia Soffiantini portano alle banche svizzere. Ad agosto, in Versilia, un italiano appena rientrato dagli Usa depositò presso una banca di Viareggio trenta biglietti da cento dollari provenienti dal riscatto. L'uomo del tutto estraneo al sequestro ha spiegato di averli presi in una banca di Ginevra. Altre operazioni analoghe, scoperte in Veneto e in Sardegna, portavano nella stessa direzione: istituti di credito di Ginevra e di Zurigo. E' possibile che in Svizzera Farina e Cubeddu abbiano cambiato l'intero bottino del sequestro, e poi si siano divisi. Il primo prendendo le strade dell'Oriente, il secondo per chissà dove. Un cambio di rotta totale, quello di Giovanni Farina, esperto di latitanza oltre che di sequestri di persona. Sedici anni fa, nell'autunno del 1982, gli uomini dello Sco guidati dall'attuale questore di Palermo, Antonio Manganelli, lo presero in Colombia, a Bogotà. Anche lì in un aeroporto. Il bandito sardo stava fuggendo con il denaro di altri due sequestri fatti in Toscana, e sempre sui monti della Calvana in un casolare, nascosta sotto il marmo di un tavolo da cucina era stata trovata una ceduta de identitad venezuelana intestata ad un «favoreggiatore» di Farina, il quale nel frattempo aveva alloggiato in Svizzera, in due alberghi di Lugano e di Zurigo, sotto il falso nome di Moriconi Marcello. In Venezuela vennero arrestati altri latitanti, e dalle perquisizioni vennero fuori tracce di Farina che portavano a Bogotà. Qui la polizia arrivò all'hotel dove solitamente «scendeva» il latitante, scoprendo che doveva rientrare proprio in quei giorni da Cali: furono sufficienti 48 ore di apposta¬ mento all'aeroporto di Bogotà per arrestarlo. Stavolta - forse immaginando che l'avrebbero cercato ancora in Sud America - Giovanni Farina ha tentato la carta australiana, ma la foto attaccata male sul passaporto falso e lo scatto di nervi in tribunale gli sono stati fatali. Dai monti della Calvana il priore don Ezio Palombo, che conobbe il bandito quando era bambino, spera che una carriera criminale sia finita davvero. «Se lo potessi incontrare - dice - gli consiglierei di arrendersi una volta per tutte. Non è bello vivere braccati nel tentativo di godersi una ricchezza mal conquistata. Giovanni, smettila difà codesta vita, che 'un t'ha dato né onore né soddisfazione. Finora gli altri hanno pagato per le tue scelte, è l'ora di paga di persona». Giovanni Bianconi