Giù le mani da Beethoven di Pierluigi Battista

Giù le mani da Beethoven Il Consiglio comunale di Roma vuole intitolare l'Auditorium a Lucio Battisti Giù le mani da Beethoven NANNI Moretti ò stato buon profeta. Per mettere in scena in un suo film la sgangheratezza di una scuola intontita dalla retorica pseudo-modernista della sudditanza al totem dell'«attualità», ebbe l'arguzia di intitolare a Marilyn Monroe l'istituto scolastico frequentato dal protagonista. Avesse voluto rappresentare un auditorium romano, con ogni probabilità l'avrebbe intitolato a Lucio Battisti. Solo che il Consiglio comunale romano non riesce ad afferrare la differenza che passa tra la realtà e la sua rappresentazione ironica e delibera all'unanimità, destra e sinistra unite nella lotta, che uno degli spazi cruciali della grande città della musica che dovrebbe nascere a Roma per il Giubileo debba essere appunto intitolato a Lucio Battisti. E nell'epoca dell'assoluta interscambiabilità di «alto» e «basso», di «classico» e «leggero», non suona come un'ovvietà che la Nona Sinfonia venga equiparata a «Mi ritorni in mente» e Mozart venga considerato un Battisti di 200 anni fa? Sembra che il sindaco Francesco Rutelli abbia supplicato i consiglieri del Campidoglio di ripensarci e di non sfidare impunemente il senso del ridicolo appiccicando al complesso architettonico progettato da Renzo Piano la nomea di una decisione comunale che sembra una parodia dei tic culturali dell'epoca che stiamo vivendo. Resta il fatto che nulla più di questa delibera sta a dimostrare che la rinuncia a ogni giudizio di valore che consacri la distanza tra i grandi classici delia cultura «alta» e i prodotti della cultura di massa supera gli schieramenti e diventa koiné culturale diffusa e invadente, luogo comune rivendicato con petulanza. Un tempo la mescolanza di Kant e Superman costituiva una salutare provocazione contro la spocchia di una Cultura imbalsamata nella contemplazione della propria superiorità. Ma chi ci salverà dai mescolatori tetri e dogmatici? Giù le mani da Beethoven. Pierluigi Battista

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