«La Chiesa non vuole le cure inutili»

«La Chiesa non vuole le cure inutili» Il vescovo di Aosta agli oncologi: no all'eutanasia ma anche all'accanimento terapeutico «La Chiesa non vuole le cure inutili» Per i malati terminali di cancro Rispondere alle domande sull'aldilà, troppo facile. Sia per i credenti, sia per i laici. Un'altra cosa è discutere su come accompagnare il passaggio, dalla vita alla morte, dei malati terminali. Quando si mescolano le esigenze di curare il doloro, dare la speranza o la possibilità al paziente di affronatare la verità della malattia. Difficoltà affrontate ieri dagli oncologi impegnati nella tavola rotonda «La terapia dei tumori avanzati: abbandono, accanimento, etica». E da due ospiti esterni. Un religioso, il vescovo di Aosta, Giuseppe Anfossi: «E' lecito evitare il prolungamento della vita, quando questa diventa penosa», ha detto, «ma non in modo volontario, con l'eutanasia, perché è un atto immorale e negativo per l'umanità». E un magistrato, il presidente del Tribunale di Torino, Mario Garavelli: «Occorre rivedere la legge che condanna l'eutanasia per ridurre le pene inflitte a chi commette questo reato. E' assurdo che una persona venga condannata ad almeno sei anni di carcere per un gesto dettato dalla volontà di interrompere la sofferenza di un suo caro. Dobbiamo studiare pene alternative al carcere». Abbandono o accanimento terapeutico? Dire o no la verità al paziente? Gli oncologi riuniti al XXIV Congresso Nazionale hanno risposto che la verità da dire al malato è quella che non esclude mai la speranza. «C'è una verità diagnostica e una prognostica - ha detto Cesare Maltoni, della Fondazione europea di oncologia di Bologna - e sulla prima, cioè sulla natura del male, è utile dire tutto, perché un malato lo sente comunque di avere un tumore. Sulla seconda ci vuole molta più cautela perché tutti sono turbati dalla morte. Chi crede lo è di meno, anche se nella nostra società consumista il pensiero laico diventa dominante e l'uomo si sente sempre più solo». L'intervento di monsignor Anfossi si è incentrato proprio sul come fare arrivare le perso¬ ne alla morte «con un atteggiamento sereno». Un discorso dominato dal riconoscimento della debolezza di quei momenti: «Anche la bestemmia o la rabbia sono comprensibili, perché prima di trovare una fase di serenità si passa sempre attraverso un momento di ribellione». La fede come presupposto, ma anche la consapevolezza del «bisogno di parlare della morte». Sull'eutanasia, il vescovo di Aosta ha chiuso ogni spiraglio aperto dai valdesi e dall'oncologo Umberto Veronesi. «Ci sono altri modi per accompagnare la persona che soffre. Dobbiamo comunque chiarire che la Chiesa non è per l'accanimento tera- peutico, chi ci dipinge come integralisti sbaglia, perché è meglio qualche ora o giorno in meno di vita ma in condizioni migliori», ha spiegato Anfossi. Sull'inutilità dell'accanimento terapeutico Garavelli si è trovato d'accordo e ha aggiunto che «spesso la volontà di tenere in vita un malato terminale può essere dettata da chi ha interesse a vendere i farmaci utilizzati in questa fase». E sempre in tema di interesse economico, sia il presidente del Tribunale, sia i medici hanno insistito sul fatto che a decidere sul proseguimento o meno delle cure i parenti devono avere poco potere. «E' una questione molto delicata - ha aggiunto Garavelli - e credo che sia una cosa gravissima delegare al giudice la decisione di quando staccare la spina. Sono decisioni che spettano al medico». Infine Garavelli toma sul tema dell'eutanasia. «Ci sono dei progetti di legge che però sono stati accantonati. Credo che sia ormai da considerare un reato piccolo, che non spaventa più. E' un modo per accettare una situazione drammatica. Ma gli interessi spesso sono troppo forti, come nel caso della legge sui trapianti, bloccata dal grande giro di affari delle dialisi». In attesa di risposte sulla morte, ecco quelle dolorose sulla vita. Il presidente del tribunale di Torino Mario Garavelli: troppo severe le pene sull'eutanasia II vescovo di Aosta, monsignor Giuseppe Anfossi (sopra): «Lecito evitare il prolungamento della vita quando diventa penosa»

Luoghi citati: Aosta, Bologna, Torino