Ucciso perché voleva difendere la sua donna di Ezio Mascarino

Ucciso perché voleva difendere la sua donna Identificato il giovane colpito a bruciapelo domenica in piazza Crispi: era stato cacciato dall'Italia due mesi fa Ucciso perché voleva difendere la sua donna Lei era riuscita a lasciare il marciapiede Era stato cacciato due mesi fa, il 23 luglio scorso. Fermato dalla polizia in una retata attorno a Porta Palazzo, venne accompagnato con provvedimento di espulsione a Bari e imbarcato su un traghetto per l'Albania. Hasan Cupi, il giovane assassinato domenica pomeriggio con tre colpi di pistola, avrebbe compiuto 23 anni fra pochi giorni, il prossimo 9 ottobre. Il delitto in corso Vercelli angolo corso Novara, in piazza Crispi, dopo un diverbio con un connazionale, il litigio, parole grosse, poi Tanna. Tre colpi, proiettili calibro nove corto. Esplosi tutti quasi a bruciapelo. Ucciso e abbandonato per strada, senza documenti. Lo hanno identificato gli uomini della Mobile e della speciale «sezione albanesi», un gruppo di agenti che indagano su quella criminalità, legata alla prostituzione, al traffico di armi e all'immigrazione clandestina. Cupi è stato identificato anche attraverso la testimonianza di due connazionali, con i quali Hasan aveva trascorso quel pomeriggio. E dal loro racconto è affiorata la sua storia. Era arrivato in Italia due anni fa. Un barca, assieme a decine di altri ragazzi e ragazze. Non era solo: con lui c'era la giovane moglie, Linda, che ha ora solo 21 anni. A Tirana, dove vivono ancora i parenti, i due sposi avevano lasciato un figlio di quasi un anno. Pochi giorni al Sud, poi in treno fino a Torino, dove c'erano degli amici. E nella nostra città Linda, lo ha raccontato lei stessa al dottor Molino, capo della omicidi, ha cominciato a prostituirsi. Lo ha fatto per aiutare il suo uomo. Ma adesso, ha aggiunto, aveva smesso. Vivevano in un albergo di San Salvario, una stanza di pochi metri, la finestra verso via Galliari. Ancora Linda: «Ma adesso io avevo trovato un lavoro, faccio ore presso alcune famiglie. E anche lui, il mio Hasan, stava cercando un posto fisso. No, lui non mi ha mai sfruttato, lui non ha nessun'altra donna. Insomma, lui con la prostituzione e il racket non ha nulla a che fare». Così ha raccontato ieri mattina Linda Cupi in questura. Ma il capo della Mobile, Salvatore Mulas, ipotizza scenari diversi. Mormora: «Indaghiamo in ogni senso». E si fanno indagini sullo amicizie di Hasan Cupi, sui suoi collegamenti con connazionali che sfruttano la prostituzione. Qualcuno, alla Mobile, dice: «Forse domenica hanno offeso la sua donna, ricordando che fino a poco tempo fa lei faceva la vita, insomma, che era stata una puttana. E lui ha cercato di difenderla». Chissà qual è la verità. E intanto si ricordano i frequenti scontri a fuoco tra bande di albanesi. Il 19 luglio, in piazza Carducci: rimase ferita, gravemente, Federica Ferrerò, una studentessa, 23 anni. Poi, il 30 agosto: ancora un regolmamento di conti nell'ex stabilimento Spa, in via Paesana angolo via Bossolasco, zona San Paolo, un giovane venne ferito da due connazionali. Dietro a questi fatti il racket della prostituzione. Sono circa tremila gli albanesi a Torino. Neppure un terzo (poco più di 800) quelli regolari. Almeno 500 lo ragazze che ogni sera si prostituiscono lungo le vie della periferia torinese. E, per il controllo di quelle cinquecento ragazze, spesso scoppiano guerre tra bande. Una realtà che forze dell'ordine e amministratori cercano di controllare. Ma, dice il parlamentare della Lega Nord Mario Borghezio, «a Torino l'emergenza albanesi ha oramai superato il Umite di guardia e sono necessari interventi mirati e urgenti, anche di cai-attere eccezionale, come estendere anche alla mafia albanese le normative sui collaboratori di giustizia. Ezio Mascarino Hasan Cupi, 23 anni, colpito dopo un litigio con un connazionale

Persone citate: Cupi, Federica Ferrerò, Hasan Cupi, Mario Borghezio, Salvatore Mulas

Luoghi citati: Albania, Bari, Italia, San Paolo, Tirana, Torino