Disabili prigionieri dell'apparenza. I giovani non si rassegnano

Disabili prigionieri dell'apparenza. I giovani non si rassegnano LETTERE AL GIORNALE Disabili prigionieri dell'apparenza. I giovani non si rassegnano Si cresce anche nelle difficoltà Oggi viviamo nella società dell'immagine, dove la più piccola imperfezione psico-fisica provoca uno stato di disagio esistenziale. In questa società è più importante apparire che essere in quanto presuppone una certa adattabilità all'ambiente circostante. Ed è in tale contesto che la comunicazione assume un valore importante, sia quella verbale sia quella corporale. A chi addossare la responsabilità di questa situazione? Sicuramente gran parte della responsabilità è dei mass-media dell'informazione, della cultura, del bombardamento quotidiano che ci deriva dalle televisioni. La disabilità è prigioniera di se stessa, sia negli aspetti positivi, sia in quelli negativi. Un suggerimento vorrei dare a quella mamma per suo figlio. Non si lasci abbattere dalle prime esperienze negative, che sono ugualmente importanti per la crescita individuale. Fulvio Fiorin, Nichelino La Chiesa tace sui pedofili Qualcuno sa spiegarmi perché la citazione del Vangelo Matteo 18;6: «Chi scandalizzerà uno di questi piccoli, sarebbe meglio per lui che gli si fosse appesa una macina d'asino al collo e gettato nel profondo del mare» è stata pronunciata dal Presidente della Repubblica sullo scandalo pedofili e non dalla Chiesa o dal suo rappresentante, ma da parte loro silenzio assoluto... Francesca Dassi Torino Rendiamo visibile la generazione invisibile Mi chiamo Giacomo Ferrante, ho trentatré anni e da almeno nove mi occupo, per mio conto, senza aiuti economici di alcun tipo, di giovani nelle zone periferiche di una città come Torino, ove il tasso di disoccupazione giovanile eguaglia quello del Mezzogiorno d'Italia. Mi misuro periodicamente con questa «generazione invisibile» tramite una telecamera non professionale: vado in giro per la città e con l'aiuto di qualche amico mi metto a discutere coi ragazzi sul loro modo di vivere le cose, la politica, la tv. Ciò che emerge con maggior chiarezza è la rassegnazione, nei confronti degli attuali politici (più che per la politica in sé) e poi l'accettazione di un qualsiasi lavoro purchessia, basta che ci si possa tirar su quel poco che serve a rendersi un po' più indipendenti dalla famiglia; non uno che aspiri a traguardi specifici, anzi, addirittura qualcuno considera «utopica» la sola aspirazione a realizzare il suo sogno, cioè quello di diventare una «maestra d'asilo!?!». Quando sentiamo dire al sig. Mario Monti che ci vorrebbero uno «sciopero generazionale» da parte dei giovani, o al sig. D'Alema che intende «riportare i giovani alla politica» o il sig. Maurizio Costanzo, convinto che la sessualità dei trentenni è solo «quantitativa» mentre per quella «qualitativa» bisogna rivolgersi ai sessantenni (guardacaso proprio la sua età), che facciamo? Scoppiamo a ridere tra di noi e poi ci raccontiamo le nostre esperienze in ambiti sempre più «invisibili», come possono ad esempio essere i «famigerati» centri sociali o i vari Video-festivals (da non dimenticare quello del cinema trash di Torino). Insomma ci sono tutti i segnali perché i prossimi anni possano trasformarsi in anni non di «sciopero generazionale» bensì di vera e propria «rivolta generazionale», di un vero e proprio «conflitto duro» tra padri e figli, qualcosa che al confronto con l'esageratamente esaltato «Sessantotto studentesco» potrebbe far apparire que- st'ultimo come un simpatico scherzetto innocuo del Novecento. Il più importante segnale in questo senso è la vicenda degli «squatters». Ebbene, se non vogliamo che la questione prenda una piega sbagliata, non rimane alle forze politiche, ai programmisti tv, ai giornalisti della car¬ ta stampata ed altri potenti vari che darsi da fare per rendere «visibili» gli «invisibih», avvicinandosi a queste realtà e a questi giovani col rispetto che meritano, smettendola mia volta per tutte di trattarli come «carne da macello» televisiva e cartacea. Giacomo Ferrante, Torino Milano, il bilancio della Fiera Nella rubrica «I nomi e gli Affari», curata da Valeria Sacchi e pubblicata su La Stampa del 14 settembre, si parla di Fiera Milano in termini del tutto impropri. In particolare, viene affer¬ mato che il «ministro dell'Industria Pierluigi Bersani non firma il bilancio '97 ma chiede chiarimenti». Accanto a questo preteso problema ne viene poi sollevato un secondo altrettanto inesistente: una asserita incompatibilità di funzioni per alcuni membri della Giunta esecutiva. Fiera Milano ha già dato in merito ampia e circostanziata smentita in tutte le sedi, compresi gli organi si stampa, che questa smentita hanno riportato. E lo stesso ministro dell'Industria è intervenuto in proposito 1' 11 settembre, con un comunicato ripreso dall'agenzia Italia. Nel suo comunicato il ministero precisa che i rilievi tecnici mossi al bilancio di Fiera Milano «rientrano nella normalità dei compiti di vigilanza sulle fiere del ministero e non rappresentano novità rispetto agli anni passati». Ufficio Stampa Fiera Milano Non comprendo le critiche sollevate dall'Ufficio stampa della Fiera di Milano per aver riportato fatti veritieri. Ossia che il ministero dell'Industria ha chiesto chiarimenti sul bilancio dell'ente prima di firmarlo e che il presidente della Provincia di Milano, Livio Tamberi, ha sollevato problemi di «incompatibilità». lv. s.] Extracomunitari la politica di An Leggo su La Stampa di domenica 20 settembre a pagina 2 un titolo che afferma perentorio, «An, Gasparri contro Fini». Come spesso accade al titolo così netto e non rispondente al vero, non corrisponde il testo dell'articolo di Tropeano. Nel testo infatti si dice, correttamente, che io, e penso di non essere l'unico in An, sono più che perplesso di fronte alla «mera ipotesi di studio» (così è stata definita da chi l'ha avanzata) dell'on. Landi in materia di immigrazione. Secondo il mio collega di partito infatti si potrebbe valutare la possibilità di «regolarizzare» per sei mesi, con relativo sussidio, i clandestini che si autodenunciassero. Una sorta di costosa sanatoria a tempo. Tale ipotesi, ritenuta tale dallo stesso Landi che infatti non l'ha proposta in nessuna sede di partito o di gruppo parlamentare, è stata illustrata nei giorni scorsi allo stesso Tropeano ed ha suscitato molte perplessità tra i lettori de La Stampa che simpatizzano a Torino, soprattutto a San Saivario, per An, che mi hanno sollecitato un chiarimento in occasione della mia presenza alla festa torinese di An. Non mi risulta che l'on. Fini sia favorevole a sanatorie per i clandestini e quindi non ho contrasti con il presidente del mio partito né su questo né su altri temi. Se e quando in An si dovesse riaprire la discussione in materia, cosa più che lecita, io continuerò serenamente a sostenere le mie idee non xenofobe (no alla sanatoria, espulsioni più rapide, limitate quote di ingresso e aiuti al Terzo Mondo) nella certezza che la destra non rinuncerà alla sua vocazione di tutela della sicurezza dei cittadini più volte sottolineata, a Torino e altrove, da Fini. Maurizio Gasparri Roma Responsabile politiche di governo di An