Le barche naufraghe di PARMIGGIANI

Le barche naufraghe di PARMIGGIANI A Torino gli spazi della Promotrice si aprono oggi al «percorso poetico» dell'artista Le barche naufraghe di PARMIGGIANI Ea TORINO / intimamente coerente con la dolce follia del cavallo di Nietzsche e con I l'ora magica di De Chirico davanti alla stazione di Porta Nuova, il fatto che l'alchimista Claudio Parmiggiani abbia scelto per quello che vedo e sento come il più bello e sofferto e trasfigurato fra i suoi sogni autobiografici gli spazi ritmici e nudi della Promotrice. Uno spazio che si apre oggi alle sue opere nella mostra curata da Valentina Castellani e Gianni Vattimo di cui pubblichiamo qui accanto un brano del saggio in catalogo. L'accesso è sbarrato da un grande nudo muro bianco che regge al vertice (volo magico; mondo alla rovescia) la barca dello Zoo geometrico, che trentanni fa Parmiggiani nella sua terra emiliana aveva varato sul Po con i solidi di Luca Pacioli, di Leonardo e di Dùrer ricoperti con le finte pelli di animali selvatici del più sfacciato consumismo Kitsch. Per la sua ubicazione, ma forse anche per questa connessione polemica con un tempo e uno spazio definiti che oggi l'autore rifiuterebbe, lo Zoo è ambiguo fra il fuori, la soglia, e il dentro del percorsoviaggio, ma certo è un segnacolo per il visitatore: accesso metamorfico e metaforico ad un mondo «altro» in cui l'autore impone al visitatore - che sia conscio o no del fenomeno e del concetto - un coinvolgimento iniziatico, richiedendogli, o ancor meglio risvegliando in lui, sotto le incrostazioni più o meno dense della vita e dell'affanno quotidiano, la capacità semplice, diretta di evadere nel sogno, nella fantasia, nell'enigma. Questo coinvolgimento, questa pressione forte e pur delicata a sentire «altro» e a sentirsi «altri», è particolarmente intenso nella vacuità del salone centrale, sbarrato dai due muri bianchi paralleli. Dal suo accesso laterale lo sguardo è obbligato, con una sorta di morbida ma inesorabile attrazione diagonale fra ottica e mentale, a proiettarsi e trasmigrare dalla barca lagunare sfasciata in un angolo, ultimo approdo alla Conrad di una delle barche-idee di Parmiggiani, la nera di Caspar David Friedrich o quella che in un'altra sala trasporta le sfere bianche gemmanti dei Nove pianeti, alla parete con le nove proiezioni nere all'infinito di Stella della notte, approdo astrattivo di Suprematismo (otto idee rosse), ancora compromesso con la storia; infine, sull'altra parete, perpendicolare, il giro dello sguardo si concluderà sull'Icona, elusivo quadratino nero d'infinito irraggiungibile da un'altissima scala a pioli. E' questo il connubio vincente di Parmiggiani: la magia non sai se più emozionale o mentale del simbolo e la fisicità elementare, quotidiana, raffinatamente «povera», delle forme e materiali della sua manifestazione. L'abbagliante, stordente potenza di Luce, luce, luce consiste in un vano nudo con il pavimento cosparso di pigmento giallo oro. In un altro vano, vetri spezzati Senza titolo inscenano per la reazione e lo spazio emotivo di ciascun riguardante l'anertura di sipario della «Tem¬ pesta» o un paesaggio di rupi cristallizzate o il ricordo del Naufragio polare di Friedrich. L'anelito all'assoluto pittorico, Pittura pura, pura luce, sequenza di contenitori metallici con pigmenti minerali puri, ma anche con polveri vegetali che mettono in gioco il senso dell'olfatto, si incrocia con la poesia pura di Senza titolo, un bicchiere con nennello e niemento Gial¬ lo oro su cui è posata una farfalla con le ali arancio e oro. A partire dall'uso in Sineddoche, più di vent'anni fa, della riproduzione del capolavoro di Dosso Dossi con Giove pittore di farfalle e Mercurio psicopompo, la farfalla psyche (anima), con l'ineffabilità cromatica delle sue ali, è uno dei simboli più amati da Parmiggiani. Anche aui. dono la dura, archetinica fi¬ sicità ritmata dei pavimenti delle ultime due sale, il primo ricoperto dai blocchi di argilla cruda essiccata su cui l'autore ha calcato l'impronta della sua mano, ribaltando sull'oggi il sigillo delle prime civiltà e culture, il secondo da forme ferree di Pane, la mostra si congeda con l'acuto lirico dell'impronta sul foglio di una farfalla svanita, e dunaue Dura anima, alonata dal fumo della candela. Lo stesso fumo con cui il pittore-alchimista trasmutatore di materia, riprendendo, arricchendo, animando l'esperienza di «grado zero» di Delocazione del 1970 con l'impronta delle tele sul muro, «dipinge» sul muro l'impronta «colta», che è anche e soprattutto memoria e sogno, di una scaffalatura di biblioteca borcesiana. Poi. con ulteriore e significativo passo, alona sulla tela fantasmi morandiani di bottiglie e lucerna. Marco Rosei Parmiggiani Torino, Promotrice delle Belle Arti Fino al 15 novembre. Orario 10-19.30 Lunedì chiuso. Catalogo Allemandi Nudi muri bianchi, farfalle che sono simboli dell'anima: magie emozionali si mescolano alla fisicità quotidiana e le che sono e emozionali quotidiana

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