La primula dei sequestri

La primula dei sequestri La primula dei sequestri Una vita in fuga, con l'hobby della poesia u N animo gentile - in fondo in fondo - quello di Giovanni Farina. Perché scriveva persino poesie, raccontava in versi alla sua confidente - una suora Maria Grazia - le durezze dell'isolamento nel carcere di massima sicurezza di Fossombrone prima e di Porto Azzurro poi: «Sono come un ramo che bruciando/fa segnali con la sua fiamma/ma libera solo il fumo/per restare solo cenere». «Da quando vivo questa vita/da dietro queste mura non vedo più niente/solo qualche stella». Ma chissà se suor Maria Grazia credeva davvero alla gentilezza d'animo di un uomo che aveva sulle spalle almeno sei sequestri di persona, uno dei quali in corso: Giuseppe Soffiantini. E fu proprio nei giorni più caldi del sequestro dell'imprenditore bresciano che la monaca decise di fare un appello al latitante ex amico di penna, già in regime di semilibertà nel 1996, mai rientrato da un permesso premio ottenuto a settembre dello stesso anno. Lui non la ascoltò, ovviamente, come è nella logica di chi ritiene di aver già sprecato troppi anni in una cella. Lei, pateticamente, diffuse ai giornali le sue poesie. Farina venne ancora avvistato una volta nei boschi della Calvana, lo scorso marzo. Camminava di buon passo su un crinale assieme al socio di rapimenti Attilio Cubeddu, e uno dei due aveva a spalla un kalashnikov. I giorni di battute furono inutili, alla fine gli investigatori trovarono una specie di covo, una forma di pecorino e dei «documenti». Dichiararono che probabilmente i due erano già all'estero. Con il riscatto Soffiantini. Ma dove? In Venezuela? Farina ci era stato in una precedente latitanza, per la precisione a Maracany, nel distretto di Aragua. Ma prima di spiccare il volo era passato da Parigi, dove aveva speso un sacco di soldi tra belle donne e grandi lussi, forse aveva anche bazzicato i musei, sicuramente si era comprato un passaporto falso e preso contatti sicuri e utili alla sua vita futura. In Colombia. Pieno di soldi, e deciso a far dimenticare a tutti l'ex ragazzo nato a Tempio Pausania, passato attraverso fantasie rivoluzionarie e la banda di Mario Sale, un professionista del ramo sequestri, tuttora latitante. Poi a sua volta esperto di rapimenti, alcuni dei quali finiti male. Come quello di Alfonso de Sayons, nel 1975: mai liberato. E quello di Luigi Pierozzi: trovato morto. Pietro Baldassini invece tornò a casa, grazie al pagamento di 700 milioni (nel 1975). Cinque anni dopo, toccò alla famiglia di Francesco Del Tongo pagare 2 miliardi e 650 milioni, per riaverlo vivo. E ancora nel 1980 venne liberato Dario Ciaschi, la cui vita venne valutata 3 miliardi. Un grande business, quello di Fa¬ rina. E lui, un vero «baiente», anche anche quando finì in carcere, dove approfittò della sfortunata circostanza per andare «a scuola» da alcuni mafiosi di rango reclusi con lui, per imparare come si riciclano i soldi segnati, e come si tratta con associazioni rivali, che talvolta possono anche diventare amiche, se ce ne bisogno. E di aiuti ne ebbe tanti, anche in Colombia, dove pure il questore Manganelli riuscì a pizzicarlo. Lui non fece una piega, domandò però al poliziotto «ma è proprio sicuro che ce la farà a portarmi in Italia?». Finisce nel carcere di Siena. Scrive liriche molto ispirate: «Nell'atmosfera silenziosa) sono attraversato dai sensi». Vince un premio di poesia. Corrisponde con la suora. Chiede di poter fare il pastore nell'azienda di un parente nel Grossetano. Nell'attesa di sapere la risposta (che sarà sì), progetta il sequestro di Giuseppe Soffiantini. Brunella Giovara

Luoghi citati: Colombia, Fossombrone, Italia, Parigi, Porto Azzurro, Siena, Tempio Pausania, Venezuela