«Non siamo gli Attila dei boschi»

«Non siamo gli Attila dei boschi» Un giorno nelle montagne del Torinese sulle tracce dei cinghiali: «Credeteci, amiamo la natura» «Non siamo gli Attila dei boschi» La protesta dei cacciatori: rispettiamo le regole IL POPOLO DELLE DOPPIETTE PEROSA ARGENTINA DAL NOSTRO INVIATO Fa freddo all'alba sul margine di questi boschi. Milleduecento metri d'altitudine, vegetazione fìtta e improvvise radure. E nel freddo, lasciate le auto e trovata la postazione, si aspetta immobili che i segugi stanino il cinghiale. Si comincia. Seguiti su queste basse montagne della Valle Chisone, a Ovest di Torino, verso Sestriere, condividendone la fatica (seppur non la passionel e ascoltandone le voci, i cacciatori appaiono diversi dai bollettini delle doppiette impazzite. Non vuol dire più buoni: sparare a un animale è una scelta che o condividi o no. Ma parlano con la pacatezza di un esercito decimato, amareggiato, però orgoglioso. Preparandosi all'agguato, dicono, di regole severe, limitative al massimo, che il profano non conosce: numero di capi, «prenotazioni» in base all'animale che vuoi cacciare. Dev'esserci ben forte la passione se a certi costi corrispondono così poche chance di sparare. E forse anche per questo i cacciatori si riducono di numero, quasi a dire che il gioco non vale la candela. Sembra di vedere un esercito ridotto, ma fatto di professionisti anziché di reclute. «Se siamo qui, a quest'ora, è perché più di tutto amiamo la natura», mi dicono. Sono sette, bardati in verdone («più elegante del verde di Bossi») con sette cani, fucili con canne da 56 centimetri, cartucce calibro 12 destinate a torace e testa dell'animale. Gli puoi sparare da un metro come da trenta. Qualcuno è stato travolto dalla bestia impazzita e può ringraziare Dio e il caso se lo racconta. «Più di tutto amiamo la natura». E l'amate con quel pesante aggeggio tra le mani? Allargano le braccia: sarà sempre così con i non cacciatori. Prima di arrivare al luogo dove il silenzio sarà assoluto, offrono ancora una volta le loro ragioni: «La caccia non è un colpo di fucile e via. Sono ore di marcia, rapporto con la vegetazione e gli animali, sono più quelli protetti che i cacciabili. C'è gente che ha richiesto di sparare al cervo e alla sua presenza ha rinunciato, senza farla tanto lunga come il De Niro del film. Quanto al cinghiale, chiedete ai contadini... La caccia si svolge all'interno di un equilibrio regolato da censimenti e dallo Stato. Non puoi colpire quando e quanto ti pare. L'assurdo è un altro: la poiana ò protetta, ma domandate a elli ha le galline nell'aia che cosa pensa della poiana. Però è intoccabile. Si dovrebbe adeguare la caccia alla realtà». E alcuni si stancano. Questa gente ha addosso qualche milione di lire I fucili costano da uno a tre milioni, le giacche da 150 mila a 800 mila, le scarpe da montagna 350 mila, le scatole di pallottole da G0 a 90 mila lire, le tasse varie superano, qui, le 800 mila lire l'anno. «Spendi, paghi lo Stato, rispetti le sue regole e sei guardato come im delinquente da chi non sa come vanno a caccia le persone serie». Dicono che in ima stagione è tanto se fai venti uscite, con prede sempre più limitate. E allora incominciano le defezioni. Par di capire che non ci siano «pentiti» e tutto sommato nemmeno «dissociati». Nessuno rinnega, nessuno piange il muflone o il daino che ha centrato. Semplicemente lasciano perdere, disamorati. Ma qual è l'emozione? In effetti, se uno cerca - e sempre che ci rie- sca - di prescindere dal fatto che al di là del mirino c'è dell'erba che fra poco sarà sconvolta dalla cosa di mi cinghiale, allora intravede una tensione rallentata, dilatata nel tempo, in un'attesa misteriosa, lino all'adrenalina che divampa nell'attimo in cui l'occhio inquadra e il dito scatta e l'animale si torce a terra, salvo riprendere la corsa ferito. Ma il loro, dicono, non è piacere sadico, la caccia incomincia la sera prima, a casa, con i cani e il fucile, la cartucciera e il coltello, e finisce la sera dopo, nella stanchezza, nel freezer che si riempie più di un simbolo che di un cibo: «Se non si deve uccidere nessun animale, allora d'accordo, chiudiamo anche gli allevamenti di bestiame, di conigli, vietiamo la pesca. Se, invece, non vogliamo chiudere tutto a 360 gradi, guardiamo che cos'è la caccia, andate a leggervi gli elenchi di selvaggina sui calendari venatori e vedrete che non siamo Attila». Viene l'ora dei panini. E dei ricordi. «C'è uno che si 6 fatto quella montagna di fronte tre volte su e giù perché aveva ferito un cinghiale e lo cercava per finirlo: non per portarselo via ad ogni costo, ma per non lasciarlo a soffrire». Perché non crederci? Si può essere cacciatori senza essere carogne. E la montagna in su e in giù la fa anche qualche disperato che non trova più il cane: «I segugi partono e a volte si perdono. Qualcuno finisce nelle trappole dei bracconieri». Ecco il nodo: «Ne ammazzano molti di più i bracconieri. Usano tagliole, lacci. Sparano a tutto. Se davvero fermassero i bracconieri, allora sparerebbero i cacciatori che pagano tasse, non rovinano l'ambiente, non tirano a tutto quel che si muove e alimentano un'industria enorme alla luce del sole». Tagliole e cani maltrattati: «Ho visto un tale riportare giù il segugio con il fianco squarciato da una rasoiata del cinghiale. Ha risparmiato sul veterinario: se l'è ricucito lui senza anestesia. Un attrezzo, non un animale». I più selvaggi lasciano anche cristiani sul terreno accanto a cervi, quaglie e pernici. «Un mio amico, per arrampicarsi su un dislivello, ha messo su le mani per issarsi. E' arrivato un panettone, avesse avuto la testa cinque centimetri più su gliela portava via». Come quella di questo cinghiale, vinto, abbattuto, aperto con un coltello e svuotato. Con la carcassa nel bagagliaio, cuore e fegato in un sacchetto, si scende, destinazione Usi, per le pratiche dal veterinario e dagli anuninistrativi. Intanto, in montagna, i fantasmi della caccia preparano le trappole. Marco Neirotti «Il vero pericolo sono i bracconieri Usano tagliole e sparano a tutto Fermate loro» «Se non si devono uccidere animali vietiamo anche la pesca» «Siamo sempre meno ma chi abbandona è solo disamorato» La partenza all'alba e l'attesa con i cani «Paghiamo tasse allo Stato e ci trattano come delinquenti. Non capiscono che la nostra passione è molto di più di un colpo di fucile» CACCIATORI 199B 900.000 1 1989 480.000 DI CUI NEL CENTRO-NORD 71,3% IN TOSCANA 15,6% IN LOMBARDIA 11,7% NEL LAZIO 8,8% CACCIATORI PER MILLE ABITANTI 55 UMBRIA TOSCANA 38 SARDEGNA 30 C0STI Acquisto facile. 2.500.000 Acquisto cani 1.165.000 Alimentazione cani 2.460.000 Trasferimenti e rislorazione 1.000.000 Abbigliomenlo 1.340.000 Vaccinazioni cani 319.000 Cartucce 140.000 Tasse 540.000 GIRO D AFFARI 6 mila miliardi OCCUPATI 50.000 OCCUPATI DELL'INDOTTO 11.000 ILLECITI (96) 75.000 (7,25% del totale) AGENTI VEMATORI 2900 (1 ogni 298 cacciatori) AZIENDE FAUNISTICO-VENATORIE 1,2 milioni di ettari (+5,5%) Sequestri giudiziari 1700 Multe 28 miliardi di lire Perquisizioni 116 Fermi 4 Arresti 2 Per 900 mila doppiette è cominciata ieri la stagione venatoria

Persone citate: De Niro, Marco Neirotti

Luoghi citati: Lazio, Lombardia, Perosa Argentina, Sardegna, Sestriere, Torino, Toscana, Umbria