«L'eutanasia è un atto di carità»
«L'eutanasia è un atto di carità» «L'eutanasia è un atto di carità» Veronesi: non Vho praticata, ma sono favorevole LA DOLCE MORTE VeronTORINO. Riflette sui momenti più bui della vita, quando la luce della vita si affievolisce, oscurata dalla malattia, abbandonata dalla speranza. Umberto Veronesi, direttore dell'Istituto Europeo di Oncologia, prima di aprire, a Torino, i lavori del XXIV Congresso Nazionale di Oncologia, chiarisce subito qual è il suo pensiero: «Io credo che l'eutanasia sia un atto di carità. E' una opinione personale, quella di un laico». Professore, come si può arrivare a questa decisione? «Deve essere il risultato di un accordo con il paziente. Ci vuole il suo consenso ovviamente, sennò si tratta di un omicidio». In quali casi è favorevole? «Quando il paziente desidera interrompere la sua vicenda, una vita diventata dolorosa, insopportabile, senza prospettive, una vita di emarginazione e solitudine. E' giusto aiutarlo a superare questa fase con mezzi molto semplici, con dosi di farmaci sempre più generose». Le è mai successo? «No, questa è solo la mia posizione etica, secondo la mia concezione laica. Nessim paziente me lo ha mai chiesto. Spesso ci si confronta con persone per cui un'ora, un giorno in più sono tutto. Altre volte, invece, anche se non lo chiedono esplicitamente, chi è senza speranza ti fa capire che vorrebbe farla finita». In che sensov «Mi rendo conto che è ima operazione molto delicata. Non ne ho mai avuto l'occasione, ma so che molti vorrebbero farla finita, però non lo chiedono». Perché? «E' la nostra morale dominante. Capisco bene che un credente, un cattolico, si trovi in mia situazione di estrema difficoltà. Ma io sono laico e così vivo la vita. Una volta ho avuto una discussione con un religioso e gli ho detto: Monsignore, preferisco la mia tanta carità senza fede a tanta fede senza carità». E al legislatore cosa direbbe9 «Capisco che oggi l'eutanasia non venga accettata dalla legge. Capisco la prudenza di chi fa le leggi, di chi ha paura che il riconoscimento del diritto all'eutanasia sia mia strada troppo ampia che rischierebbe di sconfinare nell'omicidio. Il fatto è che oggi c'è comunque un divario tra la sensibilità etica delle persone e le paure del legislatore». Il sinodo valdese ha aperto all'eutanasia. Siamo a una svolta? «Non penso. Anche se c'è un grandissimo dibattito e alcune aperture. Penso agli olandesi. E a questa apertura dei valdesi, nonostante quello che c'è scritto nel Nuovo Testamento. Una apertura impensabUe per i cattolici. La sacralità è talmente forte per alcuni integralisti, che ci si accanisce per un minuto di vita in più. Meglio dell'accanimento terapeutico è barattare qualche giorno in più con mia qualità delia vita migliore, un controllo del dolore, dell'angoscia». E tra voi medici? «Essere favorevoli all'eutanasia è una posizione che molti condividono ma che nessuno applica. Spesso c'è una intesa complice tra medico e paziente, che lo chiede con gli occhi. Allora il medico dà dosi sempre più elevate, anche se nessuno dice: adesso ti faccio morire». E i parenti? «I parenti devono rimanere fuori. E' una questione tra il medico e il paziente. I parenti hanno interessi diversi. Il medico, in questo caso, è anche filosofo, aiuta il malate a trovare se stesso, il significato forte della sua vita». L'oncologo Umberto Veronesi
Persone citate: Spesso, Umberto Veronesi
Luoghi citati: Torino
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