Anatomia del fallito golpe

Anatomia del fallito golpe Anatomia del fallito golpe Spari, razzie e champagne come trofeo I RETROSCENA DELLA RIVOLTA TIRANA DAL NÒSTRO INVIATO La storia di questo golpe di Tirana, più o meno tentato e più o meno fallito, passa anche attraverso il collo di una bottiglia di whiskey Jack Daniel's, quello con l'etichetta nera, made in Tennesse, Usa, e una di champagne Dom Perignon, il preferito da James Bond, l'agente 007. Ritrovate vuote sulle scrivanie di due ministri, alla fine della rappresentazione, quando si è tentato di capire che cosa, ili realtà, fosse accaduto, insomma, quando la polizia aveva già cominciato ad arrestare gente, soprattutto del Kosovo, e l'ordine, di un tipo del tutto balcanico, era tornato a regnare. Si erano appena udite le prime raffiche, lunedì scorso, e quelli del partito democratico con la bara di Azem Hajdari in spalla avevano preso a picchiare sulla porta del Palazzo della presidenza del Consiglio e del ministero degli Interni. Il ministro, Perikli Teta, era stato pronto a barricarsi nel suo ufficio, con lui Gramosh Pashko, armato del Jack Daniel's. Un uragano di piombo, fuori e dentro il ministero, Teta cercava di coordinare i suoi, ina non ci aveva messo molto a capire che soltanto quella bottiglia avrebbe potuto dargli un po' di conforto. «Bevi, bevi», lo incoraggiava l'economista Pashko. Alla fine, quando già le ombre si allungavano sulla città e il Jack Daniel's se n'era andato, Teta aveva battuto i pugni sulla scrivania: «O Berisha o io!». Era cominciato così il contrattacco dei lealisti. Nel Palazzo della presidenza, più o meno nello stesso momento, il popolo infuriato, come dicevano ai tempi della Bastiglia, faceva scempi: fuoco al pianterreno, fuoco negli uffici, razzia di mobili, libri, telefoni cellulari e da tavolo, computers. Stanza dopo stanza, sino all'anticamera del primo ministro il quale, ai primi spari, era schizzato via, lontano da Tirana, sembra lino in Macedonia. Qualcuno di quegli scalmanati aveva aperto l'armadio-frigorifcro: bottiglie di minerali, e quel gioiello francese della riserva personale del premier. Forse per festeggiare i rivoluzionari, o controrivoluzionari a seconda dei punti di vista, non erano andati oltre e si erano seduti attorno al tavolo. Avevano fatto onore al Dom Perignon, se l'erano scolato e poi avevano abbandonato lì la bottiglia vuota. La mattina dopo qualcuno era passato dalla redazione della rivista «Klan» per piazzare sotto prezzo i computers razziati nei ministeri: il segnale che la rivoluzione era proprio finita. Almeno per il momento. E mentre gli albanesi tentavano di fare ordine fra le proprie cose, l'Europa è venuta a mettere il naso nei fatti di qui. Il greco Georgi Papandreu e il polacco Bromislaw Geremek ci hanno messo poco a rendersi conto che le mani lunghe di corruttori, corrotti e criminali non hanno mollato la presa, da quando ci sono state le elezioni. Por questo non hanno creduto al primo ministro Fatos Nano quando ha assicurato: «Ce la faremo, dateci tempo». Ma lui, Nano, non vuol mollare, resisterà almeno sei mesi, lasciano capire i suoi. Omicidi, rapine, assalti, agguati, furti, estorsioni, vendette neppure si contano, e pochi discutono sul fatto che una città come Valona sia un feudo inattaccabile della malavita e goda, di fatto, di una condizione di extraterritorialità. Valona, si dice, significa il peggio del peggio, dal contrabbando di droga a quello delle armi, petrolio, sigarette, clandestini. Ma come per chiudere una pratica noiosa, qui, anche quelli della nomenklatura, spiegano: «E' sempre stato così, fin dai tempi di Enver Hoxha». E qualcosa di simile c'è anche su al Nord, dalle parti di Tropoje, dove un Kalashnikov lo puoi comprare sulle bancarelle in strada, per 5060 dollari, meno, se hai fortuna. Quelli del Kosovo devono solo attraversare la frontiera per «fare la spesa» e rifornire il loro esercito, Uck. L'albania contende alla Russia il primato in Europa nella classifica dei corrotti, ed è seconda al mondo preceduta soltanto dalla Nigeria. Mettere ordine, qui, sembra un'espressione vuota. Tanto più che dall'alto non arrivano esempi costruttivi. Prima dell'insurrezione, per dire, Nano aveva tentato di fare un po' di pulizia e al ministro delle Finanze, Arben Malaj, aveva chiesto la testa di Gezim Bletha, responsabile delle dogane, e quella di Arben Ahmetaj, tasse. Come unica risposta, si era vista arrivare sul tavolo la lettera di dimissioni del ministro. Naturalmente, finora nessuno si è mosso. Il contrabbando è fonte irrinunciabile, sicura, ricca e inesauribile. C'è una missione italiana che lavora a fianco dei doganieri albanesi, li addestra, li allena, li sprona. Ha raggiunto successi neppure sperabili, nello scorso anno ha fatto incassare all'erario 21 miliardi di lek, più o meno 215 miliardi di lire, quando la speranza era di toccare i 19; ad oggi è già in cassa il 90 per cento dei 43 miliardi di lek previsti per il '98. Ma la fantasia di piccoli e grandi contrabbandieri è vivace: società fantasma, containers zeppi di anni, casse di dépliant con le pagine intrise di cocaina, camion di sigarette. Per quelli della missione rappresenta uno sforzo straordinario star dietro a tutto, sono in pochi, lamentano, ci vorrebbe un rinforzo. E poi, la «brava gente» non aiuta. Ci sono società, per esempio, che lavorano in «regime di perfezionamento», cioè sono quelle che importano la materia grezza e la lavorano. Naturalmente la merce non è tassata perché dovrebbe tornare all'estero. Il fatto che una volta entrata, viene venduta. Sono 200 le ditte che lavorano in questo «regime»: qualcuna ha sgarrato, poche le hanno pizzicate. In questo assai ordinato disordine, riprende la vita politica, un occhio ai problemi interni, un altro, più preoccupato, al Kosovo. Ma che cosa ne vogliono capire gli europei di problemi albanesi? Per due ore, sabato, Sali Berisha lo ha chiesto urlando a Geremek, urlando pure che lui non avrebbe mai accettato un diktat dall'Europa. «E poi, quale Europa? Un greco e un polacco?». Si ricomincia così. O si continua così. Vincenzo Tessandori Il procuratore: siamo solamente all'inizio, seguiranno altri fermi Nel Palazzo della presidenza la riserva di vini del premier diventa il bottino simbolo della giornata La vita politica è ripresa, ma mettere ordine . in questo Paese rimane ancora un'espressione vuota Sali Berisha sulla tomba di Azem Hajdari Sopra, un bimbo tra la folla al cimitero