Svezia, tremano i socialdemocratici

Svezia, tremano i socialdemocratici Spettacolare successo del Partito della sinistra e dei democristiani. Fermi i moderati Svezia, tremano i socialdemocratici Crollo di voti ma potranno restare al governo STOCCOLMA. I primi exit poli hanno confermato le attese della vigilia, ma il quadro politico uscito dalle elezioni svedesi non è certo rassicurante. Secondo le cifre diffuse dalla Tv pubblica Svi. pochi minuti dopo la chiusura dei seggi, i socialdemocratici del premier Goeran Persson restano partito di maggioranza relativa, ma crollano dal 45% ottenuto quattro anni fa al 35,4%. Da settantanni al potere, con l'unica eccezione del quadriennio 1991 -94, quando al governo arrivò una coalizione di centrodestra guidata dal Partito moderato di Cari Bildt, i socialdemocratici hanno dovuto in questa legislatura risanare le finanze del Paese, oppresse da un debito pubblico «latino», e riducendo drasticamente lo Stato sociale piìi generoso del mondo. Buona parte del loro elettorato ha dato dunque le proprie preferenze al Partito della sinistra, che con il 13,3% ha più che raddoppiato i propri consensi, raggiungendo il proprio massimo storico. Persson, che durante la campagna elettorale aveva escluso qualsiasi governo di coalizione, potrà mantenere la guida di un governo di minoranza, ma dovrà fare i conti con i deputati della sinistra e dei Verdi (4,9%) che, favorevoli all'uscita della Svezia dall'Unione europea, gli faranno pagar caro il proprio appoggio. Nel centro-destra i moderati di Bildt, ex negoziatore dell'Ue in Bosnia, hanno raccolto solo il 21,8%, mentre i democristiani del carismatico reverendo Alf Svensson, uomo di eccezionale rigore morale, sono passati dal 4,1 al 10,5%. Il Partito di centro e quello liberale, sempre secondo la Svt, hanno raccolto rispettivamente il 6 ed il 5,6% dei voti. In quella che è stata la campagna elettorale più incerta della storia postbellica svedese, il premier Persson ed il ministro delle Finanze Erik Aasbrink hanno vantato i risultati economici raggiunti dal governo: inflazione ridotta a livelli tedeschi, disoccupazione scesa al 7,3 per cento e, per la prima volta dopo anni, un bilancio che mostra un avanzo primario, anche se esiguo. «Abbiamo bisogno ancora di qualche anno prima di poter ristabilire lo Stato sociale», ha detto Aasbrink, ammettendo però che i giorni felici dei decenni passati non torneranno più. Ma da una parte l'elettorato di sinistra è rimasto deluso dalla politica «monetaristica» dei socialdemocratici. Dall'altro la Svezia resta il Paese più tassato del mondo, e il moderato Bildt, pur predicando una riduzione del carico fiscale di 80 miliardi di corone in tre anni (16 mila miliardi di lire: parecchio in un Paese che conta solo 8,8 milioni d'abitanti), prevedeva di poter così ridurre la tassazione al 50 per cento del Pil: comunque un livello tra i più alti del pianeta. Ad accentuare il previsto calo dei socialdemocratici sono stati evidentemente gli elettori rimasti fino all'ultimo indecisi (il 12 per cento dei 6,6 milioni di votanti). «In passato gli intervistati rispondevano in genere dicendo "io sono del tal partito". Oggi invece dicono "ho votato per..."» - ha detto Toivo Sjoren, responsabile dell'agenzia di sondaggi Sifo, sottolineando che queste elezioni hanno fatto emergere una disaffezione nuova per un Paese in cui la lotta politica è sempre stata seguita con grande passione civica. [e. st.] Il Paese più tassato del mondo rivuole l'insostenibile welfare A sinistra, il premier socialdemocratico Goeran Persson. Sopra, il leader moderato Cari Bildt

Luoghi citati: Bosnia, Stoccolma, Svezia