In farmacia senza vergognarsi Disavventure ferroviarie

In farmacia senza vergognarsi Disavventure ferroviarie LETTERE AL GIORNALE In farmacia senza vergognarsi Disavventure ferroviarie Privacy: l'anonimato anche sulle ricette Abbiamo letto, il 16 settembre, l'articolo di Ferdinando Camon, giornalista che stimiamo e seguiamo da svariati anni, dal titolo «La vergogna del malato in farmacia». Siamo un gruppo di farmaciste e come tali ci sentiamo offese, profondamente offese. A prescindere dalla possibilità eventuale di redigere la ricetta medica senza l'identificazione del paziente con il nome (problema giuridico-legislativo e non di competenza del farmacista), rimane il quadro efficacente descritto dal giornalista del paziente che entra in farmacia. Egli viene squadrato, soppesato, etichettato secondo la sua patologia, messo alla gogna davanti al pubblico degli altri clienti da tutta una serie di comportamenti del farmacista e dei suoi collaboratori (commessi, sic!!!) al di là di ogni regola, non solo di privacy, ma di buon gusto e buonsenso. Ma dove, ma quando ci chiediamo, esiste o è esistita una farmacia di questo tipo, o un professionista che si ritiene tale? In ogni farmacia, anche nella più piccola, esiste oggi uno spazio per dialogare con discrezione ed in ogni caso, mai e poi mai, la deontologia sopporterebbe, o ha sopportato, atteggiamento contrario. Il problema, così posto, ci pare un falso problema; nel senso che esisterà sempre e comunque da parte del professiomsta la possibilità di individuare un farmaco e correlarlo alla sua patologia. La garanzia della riservatezza non sta allora a parer nostro in un numero o in una sigla, sempre e comunque accessibili agli addetti ai lavori, ma nell'assoluta serietà e correttezza di chi opera. Ora il problema riemerge con il Viagra, farmaco su cui giornali e televisioni hanno tanto sproloquiato. Il Viagra sarà trattato dal farmacista nello stesso, identico modo in cui sono trattati gli altri farmaci per cui si richieda la ricetta. E' ben triste dover ribadire un concetto così ovvio. Viene da rimarcare ancora di più, in seguito a queste polemiche, la necessità che il farmaco, specialità o da banco che sia, debba rimanere in farmacia e come questa non debba essere trattata da nessuno come se fosse un supermercato. dr. Anna Boca, S. Nazzaro Sesia dr. Patrizia Vietti, Veruno dr. Gianna Casi Landiona dr. Enzia Sguazzini San Pietro Mosezzo (No) Risponde Ferdinando Camon Per la verità, il presidente dell'associazione farmacisti, intervistato su questo giornale (17 settembre), confermava che quando una ricetta viene trattenuta perché non c'è il farmaco prescritto, il giorno dopo s'identifica il destinatario chiamandolo per nome e cognome: del resto, dice, che altro si può fare? I malati di disturbi nervosi o mentali o psichici o sessuali, attraverso il nome e cognome, si sentono riconosciuti. Sbagliano, forse? Non si tratta di essere squadrato, soppesato, etichettato: ma di essere identificato. Che poi il malato di questi disturbi si vergogni mentre non dovrebbe, speriamo che un domani non sia più così, ma intanto così è, in tutto il mondo. Teniamone conto. Ho avuto uno studente con disturbi nervosi che: 1) si vergognava di acquistare la medicina, e mandava in farmacia la madre; 2) si vergognava di prendere la pillola in classe, e andava in bagno. E la madre, poveretta, prima di entrare in farmacia, aspettava che fosse vuota. A me questo pare ingiusto, e vorrei che finisse. Ho ben detto che non è colpa dei farmacisti o dei medici: qui manca una norma. Le autrici della lettera sono dell'idea che si può lasciare il problema com'è, contando sull'onestà dei farmacisti. Io credo che se si può risolverlo con una norma, sarebbe meglio per tutti. Farmacisti compresi. La privacy è zeppa di norme frivole. Questa sarebbe importante. Martedì prossimo si riuniranno il garante della privacy e il rappresentante dei farmacisti, per discutere l'«anonimato delle ricette mediche»: la soluzione può venire solo da lì. E i liguri scieranno in altre stazioni Come ogni anno io e la mia famiglia trascorriamo le nostre vacanze a Limone Piemonte. Quest'anno abbiamo avuto la sgradita sorpresa di non poterci recare alla piscina della Capanna Chiara perché la seggiovia del «Cros» è stata chiusa. Abbiamo sentito voci di trasferimenti della seggiovia e di progetti faraonici, ma nel frattempo che cosa succederà nell'imminente stagione invernale? I residenti della Riviera di Ponente, e non solo, non potendo usufruire delle piste raggiungibili con la sopraddetta seggiovia, si dirigeranno sicuramente verso ai- tre località turistiche oltreconfine, come «Isola 2000» e altre hi territorio francese. Si deve tener conto che le piste del «Cros» per la loro posizione sono praticabili fino a stagione inoltrata. Mi auguro che l'amministrazione comunale, la Provincia di Cuneo e la Regione Piemonte valutino le conseguenze negative che si verificherebbero per le attività commerciali e turistiche, e prendano in considerazione un calo di presenze e che non vengano deluse le tantissime persone che da anni frequentano Limone a cui verrebbe a mancare una grossa parte delle sue attrattive. Maria Bastino Sanremo La volontà di combattere la speculazione edilizia In questa disastrata Italia, mi riferisco in particolare al territorio, al paesaggio, al suolo (per non parlare dell'arte), il delitto più vile, secondo me, è stato la speculazione edilizia. Cinquantanni di politica-mafia hanno infierito con tale violenza e volgarità sul suo bel corpo da ridurla a un ammasso informe e deforme allo stesso tempo. La Bellezza, un bene essenziale per la vita, si sa, ci è stata proditoriamente tolta. Ci sarà giustizia per tanta infamia? O ancora e soltanto i sordidi e beceri condoni edilizi? Voglio credere al miracolo, all'utopia, all'impossibile. Ne ho bisogno; voglio sperare che i troppi mostri che l'hanno così assurdamente sfregiata, deturpata, umiliata, siano un giorno distrutti. Ci sarà la volontà per farlo? Perché di questo si tratta. Giovannella G. Novara Beati gli svizzeri non devono obliterare E' noto che in Italia le Ferrovie dello Stato impongono agli utenti di «obliterare» i biglietti ferroviari e che in caso contrario sono previste sanzioni pecuniarie. Ciò crea uno stato di «ansia» nei passeggeri, essendovi sempre la preoccupazione di dimenticare tale operazione, ed inconvenienti ai turisti che non sono in generale aconoscenza di tale obbligo. Anche in Francia esiste una procedura analoga, però in questo caso tale con- trollo è necessario per poter accedere ai binari, essendo gli accessi barrati e quindi non richiede alcuno sforzo mnemonico da parte degli utenti. Il problema però si complica ulteriormente quando si effettuano viaggi in altri Paesi europei. Nei giorni scorsi ho effettuato un viaggio di andata e ritorno da Reggio E. a Losanna. Ho obliterato il biglietto alla partenza da Reggio, mentre al ritorno, alla stazione di Losanna, tale operazione non può essere effettuata, in quanto in Svizzera tale vidimazione non è prevista. Il biglietto è stato controllato prima del confine italiano dai controllori svizzeri, mentre nel tratto Domodossola-Milano il controllore delle Fs mi ha fatto notare che il biglietto non era obliterato e che in base alla normativa vigente delle Ferrovie dello Stato italiane, si incorre nelle sanzioni previste dalla mancata obliterazione. In base a quanto mi ha riferito il controllore, i passeggeri provenienti dalla Svizzera, per non incorrere nella sanzione pecuniaria, dovrebbero scendere dal treno a Domodossola per compiere tale operazione e risalire sullo stesso treno, ammesso che nel frattempo non sia già partito (come sicuramente avverrebbe nel caso del treno «Cisalpino», che effettua una sosta di soli 2 minuti). Ora sarei grato se un funzionario delle FS chiarisse questo problema, e se quanto mi è stato riferito dai controllori corrisponde a verità, mi permetto di chiedere, per evitare di «cadere nel ridicolo», di eliminare tale norma per i passeggeri che arrivano in Italia da altri Paesi europei. Gianni Santachiara Reggio Emilia Le lettere ;n.vanno inviate, a: jT r ». LA STAMPAV f Via Marenco 32, 10126 TORINO % fax 011 - 6568924 e-mail lettere@lastampa.it