In coda per il made in Italy
In coda per il made in Italy In coda per il made in Italy Dal Chianti a Armani, una passione nazionale TOKYO DAL NOSTRO INVIATO E' crisi «nera», qui . a Tokyo, ma non per tutti. Per il vino italiano, purché rosso (i giapponesi sono convinti che sia un toccasana per le malattie cardiovascolari...) si respira aria di boom: nei primi sei mesi del '98 le vendite sono cresciute quasi del 200%. Niente male per un Paese dove, da un anno e più, le vendite dei grandi magazzini segnano pesanti regressi da un mese all'altro. «Sono venuti quelli del Washington Post - racconta Giampaolo Chiappini Carpena, responsabile dell'Ice, l'Ente che cura la promozione commerciale dell'Italia a Tokyo - a chiedermi il segreto del nostro successo. Ho risposto con una battuta: in tempi di recessione il vino aiuta...». In realtà, i successi del Chianti o del Dolcetto non dipendono tanto dai segreti di marketing (quasi assente, del resto) quanto dalla straordinaria attrazione che i giapponesi provano per l'Italia, soprattutto da quando, a milioni, hanno visitato il nostro Paese. Si fa la fila per iscriversi alle scuole di italiano, si pranza in ristoranti, in realtà il più delle volte condotti da cuochi locali, imbandierati con il tricolore e basati sulla formula «pasta e pizza». A nostro favore, del resto, comincia a giocare pure l'effetto Nakata, dopo il brillante esordio in serie A; ma per questo fine settimana l'avvenimento più atteso sono le «family sales» (i saldi) di Armani e Zegna. A centinaia, se non migliaia, i «sararymen» (gli impiegati) bivaccano dall'alba nel cuore di Omotesando, nella Tokyo più abbiente, per entrare tra i primi. Crisi o non crisi, all'ultimo tailleur non si rinuncia. Tanta passione si traduce in buoni affari: nel mercato delle bevande-alimentari la nostra quota di mercato è passata dal 3 al 7,31%. Nell'abbigliamento e accessori, addirittura, vantiamo il 41% dell'ùnport giapponese. Un buon risultato, soprattutto se, a proposito di cibo, si considera il divieto di impor¬ tare diversi msaccati e altri prodotti alimentari per motivi igienico-sanitari. Ma si potrebbe far di più, sospirano gli esperti del mercato, se i grandi nomi dell'alimentare imitassero l'esempio della moda, investendo in promozioni e mettendo radici nella distribuzione locale. Sono i grandi del «made in Italy», infatti, ad assicurare il saldo attivo della bilancia commerciale (300 miliardi circa, dopo esportazioni per circa 8 mila miliardi), anche in anni grami. Il Giappone, del resto, è il secondo mercato per l'abbigliamento italiano. Scendono le vendite, anzi i dati ufficiali (-10% circa) nascondono una realtà ancor più difficile, perché i giapponesi erano i compratori più importanti del made in Italy anche nel resto del Pacifico, dalle Hawaii a Hong Kong, dove i consumi si sono in pratica dimezzati. Ma è il momento di trovar nuove soluzioni, di andare alla ricerca dei consumatori più sofisticati. Cade la gioielleria, ad esempio, ma la linea in pelle di Bulgari ha fatto crescere le vendite del 30%. E il Giappone ci rispetta, anche come industriali. Presto, ad esempio, una delegazione della Confindustria partirà alla volta di Biella, per scoprire i segreti del distretto. Guai a cedere spazi agli altri, proprio adesso che la crisi ha aperto spiragli prima impensabili. Nel mondo finanziario, gli americani hanno sfruttato la debolezza delle banche nipponiche e l'apertura del Big Bang sbarcando, con mezzi impressionanti, a caccia dell'immenso risparmio delle famiglie in cerca di sbocchi. Spuntano gli uffici di Fidelity, Merryl Lynch o della Citybank. Anche francesi e spagnoli cercano di conquistare posizioni, piazzando titoli di Stato e mercati azionari europei in vista dell'Euro. La pattuglia italiana, Comit, San Paolo e Banca di Roma, morde il freno, vedendo scorrere davanti agli occhi tante opportunità. Eppure, sfondare si può. Lo dimostra, in campo finanziario, la rilevante presenza delle Generali. Lo conferma, in campo industriale, sia il prossimo rafforzamento della Pirelli (pronta a rilevare la rete di distribuzione) sia, soprattutto, la storia eccezionale dell'emiliana Marpos (macchine utensili) entrata a pieno titolo tra i fornitori più stretti di Toyota. Non è stato facile: controlli di qualità severissimi, diffidenza verso gli stranieri, l'obbligo di investire qui per essere vicini al cliente, sempre più esigente e severo. Ma alla fine, il piccolo italiano ce l'ha fatta. [u. b.] . In Giappone una grande attrazione per l'Italia da quando è stata visitata da milioni di turisti
Persone citate: Armani, Giampaolo Chiappini Carpena, Lynch, Nakata, Zegna
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