Ferrara contestato di G. Tib.
Ferrara contestato Ferrara contestato Alla Festa dell'Unità rissa sulla giustizia BOLOGNA DAL NOSTRO INVIATO «L'Italia è stata sfigurata con il vetriolo dello spirito forcaiolo», fischi. «Il cardinale Giordano? Io non so niente di usura: io non presto e non prendo in prestito soldi come un vostro famoso senatore. Né ho mai dovuto restituire centinaia di milioni in una scatola da scarpe...». Fischi e schiamazzi. «Prodi se la vuole cavare con il caso Marta Russo, e invece dovrebbe affrontare il sistema che è marcio. Se ci fosse stata una microspia nelle centinaia di interrogatori illegali che hanno deturpato questo Paese, i risultati sarebbero stati gli stessi...». Fischi, schiamazzi, urla selvagge e insulti. Tutto secondo copione: Giuliano Ferrara torna a una Festa dell'Unità e la gente lo aspetta per urlargli addosso di tutto. Lo aspetta a lungo, visto che il dibattito con Pietro Folena e il procuratore antimafia Piero Luigi Vigna comincia con tre quarti d'ora di ritardo, ma non perde la voglia di tirare all'Elefantino. Vigna parla da tecnico, Folena misura le parole e si guadagna gli applausi della platea, il direttore del «Foglio» non risparmia niente e nessuno. Cita i «ceppi» di Enzo Carra e 1'«insalivazione» di Arnaldo Forlani nel processo Enimont «trasmesso sera dopo sera come la peggiore delle telenovelas». Parla di «magistrati giustizieri» che fanno i duri con «le persone miti come Forlani» e «si mettono sull'attenti davanti ai duri come Craxi». La platea è fuori di sé, urla quando Ferrara sostiene che «Folena e il Pds hanno paura di affrontare certi problemi», fischia pure contro Giulio Borrelli, il direttore del Tgl che abbandona i panni del conduttore per fare il preside che richiama all'ordine la classe che non sente ragione. Per una buona mezz'ora, il dibattito è un match di lotta: un corpo a corpo continuo tra duemila persone andate in platea per fischiare e un uomo salito sul palco per provocarle. Folena non accetta la rissa, Vigna tenta di fare da paciere. Ma Ferrara è un bulldozer: «Volete un Paese normale? - attacca -. E allora ricordatevi che in un Paese normale la gente non sta con il boia, come fate voi». La gente si alza, un tale si avvicinano al palco brandendo i pugni. Un altro si tocca la tempia con un dito, e grida sempre più forte. Le urla coprono tutto, anche le parole di Folena che cerca di rispondere: «Non possiamo accettare descrizioni caricaturali di quello che è successo - dice il responsabile giustizia dei Ds -. Sull'onda di Mani Pulite è stato Berlusconi a vincere le elezioni, non la sinistra». Folena argomenta a lungo, e per un po' placa la folla inferocita: «In un Paese normale un leader di partito, se finisce sotto inchiesta, non parla di complotti». Ferrara non si ferma. Gli chiedono di Clinton e lui lo paragona a Di Pietro: «Un altro che dice delle cose e si comporta diversamente». Ricorda il suo passato nel Pei, irritando la gente che oggi si sente a centinaia di anni luce da lui. Si definisce «il primo ex comunista andato al governo», e lo fischano. Cita le «sue» feste dell'Unità, «quando eravamo più poveri e non avevamo tanti sponsor», e lo sommergono. Parla di «demagoghi antidemocratici» e viene giù di tutto quando aggiunge che «uno lo avete fatto eleggere voi nel Mugello». Alla fine, l'attacco al pubblico è diretto, con un invito esplicito a «ragionare meglio». La reazione è scontata: tutti in piedi a urlare. L'ultima parola è per Folena, che chiude tra gli applausi, mentre Ferrara sorride. [g. tib.]
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