IL CANCELLIERE, L'ULTIMO DELLA GERMANIA INQUIETA di Barbara Spinelli

IL CANCELLIERE, L'ULTIMO DELLA GERMANIA INQUIETA TRA UNA SETTIMANA UN VOTO STORICO IL CANCELLIERE, L'ULTIMO DELLA GERMANIA INQUIETA D ICE Helmut Kohl che non tutti i suoi progetti si sono realizzati, nei sedici anni in cui è stato Cancelliere, e che la sua presenza è tuttora necessaria, per il proprio Paese come per il continente europeo. E' necessario che l'opera da lui iniziata non si fermi a metà strada: con una Germania che si è unificata, ingrandita, e che nei primi Anni 90 ha spezzato la maledizione del dopoguerra riconquistando gli attributi della sovranità politica. Né è sufficiente il varo dell'Europa monetaria - voluta con straordinaria intensità a Bonn, dopo la caduta del Muro - perché il Grande Disegno possa dirsi veramente compiuto. Manca un'ultima azione, che Kohl vuole personalmente intraprendere in caso di vittoria alle elezioni del 27 settembre: manca il rientro in Occidente dell'Europa centro-orientale, e l'accorpamento rapido nell'Unione di Varsavia, di Praga, di Budapest. Solo quel giorno la Germania potrà influenzare i destini degli europei come accade già oggi, ma senza esser perennemente sospettata di oscure regressioni storiche, di mire egemoniche, di prevaricazioni. Solo il giorno in cui l'U nione europea si renderà conto delle metamorfosi avvenute dopo l'89 nel cuore continenta le, e si deciderà a fissare i propri nuovi confini geopolitici, so prattutto a Oriente. Il Cancel liere ripete spesso che «la fron riera dell'Oder deve finalmente divenire banale» - tra Germa nia e Polonia - cosi come è di ventata banale, dunque fecon da, la frontiera del Reno tra po polo tedesco e francese. Senza quest'ultimo tassello il disegno europeo della Germania re sterà fragile, perché ineluttabilmente destinato a inquietare. L'ultima avventura dell'ai largamento è indispensabile, se si vuole che la maledizione fini sca davvero. Così si presenta il Cancellie re alla vigilia del voto di domenica prossima, ben sapendo d essere ormai un Ultimo nel pae saggio politico tedesco. Ultimo inquieto, Ultimo memore delle guerre, Ultimo abitato da im pazienza, da fretta, e da que senso di speciale maledizione storica che ha sin qui pesato sulle spalle delle élite nazionali. suo rivale Gerhard Schròder appartiene a un'altra generazione oltre che a un altro partito, e incarna la nuova Germania che Kohl stesso ha contribuito nel corso degli anni a edificare, a normalizzare: è una Germania che smette progressivamente il suo storico lutto, smette il senso di colpa, smette di dover sempre versare tributi a titolo di riparazione. In genere è una Germania stanca di pagare, nei suoi rapporti col mondo e in particolare con l'Unione europea: pagare per il nazismo, per due guerre perdute, per Auschwitz. E' quel che ripetono negli ultimi anni politici come Schròder nella socialdemocrazia, o Biedenkopf nella Democrazia cristiana, o Augstein sul settimanale Spiegei. la Germania è ormai un Paese normale, non ha più colpe da espiare né speciali obblighi verso l'Europa, che la costringano a trascurare i propri interessi. Dal punto di vista di Kohl, Maastricht era «una questione di pace e di guerra, contro i nazionalismi che possono tornare». Era «una protezione della nazione tedesca contro se stessa». Ma per altri il tabù è caduto, gli esami son finiti. Nell'epoca in cui avversava l'Euro, Schròder parlò chiaro: «Sono assurde sciocchezze, queste idee sugli spettri nazionalisti che tornano. Cresciuti per decenni nell'europeismo, i tedeschi sono europei perché lo vogliono, non perché costretti a esserlo». La politica europea della Germania non cambierà fondamentalmente, se il candidato socialdemocratico sarà eletto nuovo Cancelliere in una Grande Coalizione con i democristiani, o in una coalizione con i Verdi di Joschka Fischer. Ma di certo i responsabili europei avranno di fronte un Paese in mutazione, con il quale converrà parlare in maniera diversa: senza più contare automaticamente sulle sue fragilità psichiche, sulle sue ansie di riparare, di espiare. E' il motivo per cui queste elezioni sono così decisive, per tutti noi europei. Non è solo in gioco un'alternanza politico-ideologica, fra Barbara Spinelli CONTINUA A PAG. 6 PRIMA COLONNA

Persone citate: Biedenkopf, Helmut Kohl, Joschka Fischer, Kohl