L'Asia non frena la corsa della Electrolux di Valeria Sacchi

L'Asia non frena la corsa della Electrolux crisi e mercati i Segnali d'allarme dalla Russia. Saltati grossi ordinativi, Zanussi blocca straordinari e assunzioni L'Asia non frena la corsa della Electrolux Dopo la Cina il colosso svedese vuole fare frigoriferi in India pechino DAL NOSTRO INVIATO La crisi dei mercati del mondo non spaventa Electrolux che, dopo la Cina, sta ora aggredendo il mercato indiano. E'infatti alle ultime battute la trattativa tra il gruppo svedese e la famiglia Tata per rilevare la Voltas: quattro stabilimenti, 5/600 mila frigoriferi e 150/200 mila lavatrici all'anno, oltre ai compressori, un investimento stimato in 70 milioni di dollari. «L'India vive una vita a sé stante, non è toccata dalla crisi asiatica. Ma anche lì come in Cina devi esserci, se vuoi giocare un ruolo globale» sintetizza l'amministratore delegato di Electrolux Michael Treschow, appena arrivato da Delhi (dove ha firmato con i Tata un protocollo di intesa) per visitare le sue province cinesi: i frigoriferi di Changsha, le vetrine refrigerate di Quigdao, i compressori di Tianjin. Per riunire i responsabili dell'area asiatica e, già che c'è, anche per fa¬ re im giro nei negozi a osservare l'approccio del consumatore cinese ai frigoriferi, «un approccio particolare - racconta - perché il chiese non si fida, sballa il frigorifero appena acquistato e lo reimballa». Preoccupato delle crisi asiatica, signor Treschow? No e sii. «No» perché essere in Asia è una decisione strategica, quindi valida nel presente e nel futuro. «Sì» perché il timore è che, bombardato da tante cattive notizie, il consumatore tiri i remi in barca e decida di posporre gli acquisti. Un atteggiamento che, se dilagasse nel mondo con l'effetto domino, potrebbe creare seri problemi alle industrie di beni di consumo sia europee che statunitensi. Ma per il momento si tratta di ipotesi non di realtà, nel senso che, e Treschow lo ripete più volte, «finora non abbiamo avvertito contrazioni nei consumi». Non a caso il primo semestre del gruppo si è chiuso in ottima salute, con una crescita della domanda, tra Usa e Europa, del 7/10% e un mar¬ gine operativo salito al 5%. Qualche campanello d'allarme per la verità c'è già. Il crollo della Russia ha cancellato 10 milioni di dollari al mese di spedizioni di merci, ha bloccato alla Zanussi di Porcia alcuni sabati di straordinario, rinviando assunzioni a termine. E potrebbe creare in Svezia problemi di occupazione per qualche centinaio di persone. «Anche se non avvertiamo la crisi, dobbiamo stare con gli occhi bene aperti, puntando al massimo sulla flessibilità. E difatti abbiamo già scontato sui risultati '98 gli effetti della crisi asiatica» ripete Treschow che, sulla questione delle 35 ore, rifiuta di dare giudizi, limitandosi a osservare che ogni paese deve valutare la propria situazione. Anche se osserva: «Non penso che potremo competere con l'Asia e i paesi dell'Est riducendo le ore di lavoro, a meno di non compensarle con la flessibilità». Certo, se la situazione della domanda dovesse improvvisamente peggiorare tutti gli stabi¬ limenti del gruppo ne risentirebbero. Ma per ora Treschow ritiene possibile compensare il crollo russo con altri mercati. Quanto alla Cina, l'unica vera preoccupazione riguarda la crisi di liquidità. E le ipotesi di svalutazione? Treschow si tiene sulle generali. Dice «I politici che ho incontrato in questi giorni dicono che non svaluteranno». Tra i politici c'è l'economista Zhuang Yi Kai, consulente per gli investimenti stranieri della municipalità di Tianjin, uno dei primi poh industriali del paese. «Non svaluteremo - sostiene Zhuang - e comunque non prima del luglio '99. Non abbiamo debito estero e abbiamo un surplus della bilancia dei pagamenti. L'inflazione è negativa e il mercato delle campagne, dove il reddito pro-capite è oggi superiore ai 3000 yuan, comincia a svegliarsi. Lo yuan è stabile. La svalutazione sarebbe solo un danno». Valeria Sacchi

Persone citate: Michael Treschow, Treschow, Zhuang Yi Kai