Non si uccide così un presidente di Gabriele Romagnoli

Non si uccide così un presidente Non si uccide così un presidente Addio diritto, è linciaggio politico COME tale, non segue più le regole della procedura, ma quelle del «colpo su colpo» in una serie di botte e risposte che alzano la tensione e abbassano il livello dello scontro. Repubblicani e democratici hanno abbandonato ogni principio di correttezza e combattono usando tutti gli strumenti possibili. La decisione di trasmettere il video della testimonianza sotto giuramento di Clinton, con le sue esplosioni di rabbia e i suoi imbarazzi, le sue bugie e i suoi artifici verbali è la rappresaglia alle rivelazioni sul passato adulterino del senatore repubblicano Hyde che presiede la commissione d'inchiesta. E precede le prossime, inevitabili offensive, nel surreale scenario in cui il senatore mormone Hatch condanna pubblicamente il Presidente, ma non i suoi correligionari che vivono con una decina di donne, alcune delle quali imparentate tra loro e minorenni, perfino. La nuova gogna, televisiva stavolta, a cui verrà sottoposto Bill Clinton è un ulteriore passo di degrado verso il fondo del barile della vita politica e civile. Per d'te motivi. Il primo è che, fino a prova contraria o Costituzione modificata, il Presidente deve essere giudicato dal Congresso e non dalla folla assiepata davanti alla televisione. Questo implica che il Congresso ha tutto il diritto di esaminare i documenti, su carta e su pellicola, di cui dispone, per farsi un'opinione, ma non c'è ragione giuridica perché questi siano mostrati al mondo intero. Tocca ai rappresentanti del popolo e non al popolo mettere il Presidente sotto impeachment, se credono, e rimuoverlo dalla carica che gli è stata democratica- mente assegnata, se ritengono di avere elementi per farlo. Dopodiché possono mostrare al mondo questi elementi, per dimostrare l'opportunità delle loro scelte. La ragione per cui l'ordine logico delle cose viene sovvertito è solo politica. I repubblicani vogliono la reazione popolare contro Clinton, perché sanno che sarebbe possibile abbatterlo solo se crollasse l'appoggio della nazione. I sondaggi, finora, non lo hanno concesso. Anche dopo il rapporto Starr, la stima nei suoi confronti, come Presidente, non è scesa che di pochi punti. Occorreva una nuova spallata, allora. Ma la gen- te, il cui parere è tenuto in così grande considerazione quando fa comodo, si era espressa contro la diffusione del video e di nuovi documenti (al 70%). Invece, saranno resi pubblici. E tutti li guarderanno (anche se il 52% dice di no). E' la penultima speranza di abbattere l'immagine di Clinton. L'ultima, francamente, al punto a cui siamo arrivati, non sappiamo neppure immaginarla. Potrebbe, funzionare, perché è chiaro che, qualunque cosa dicano ora, tutti vedranno lunedì il Presidente che balbetta interrogato sui sigari e si fionderanno a leggere il testo delle sexy-telefo- nate di mezzanotte con Monica. Resta da vedere se l'effetto sarà quello sperato dai repubblicani o, invece, il boomerang tornerà a destinazione, sotto forma di sdegno per l'eccesso di indebita esposizione a cui è stato sottoposto il Presidente. Perché questo è il secondo punto. Nell'accusare Clinton (al di là dello specchietto per le allodole del falso sotto giuramento! si è spesso detto che il suo comportamento nell'Ufficio Ovale aveva offeso la dignità della carica: un Presidente non fa certe cose. Ma dovrebbe, allora, anche valere il contrario: a un Presidente non si fanno certe cose. Se c'è una questione di rispetto, non si può solo richiederlo a lui; gli è, anche, dovuto. Invece, si persegue la sua umiliazione pubblica, attraverso l'esposizione della sua vita privata e della sua deposizione riservata. Si attese per mostrare gli elementi contro Nixon. Si corre per svelare anzitempo ogni dettaglio che possa mettere in difficoltà Clinton. Perché Nixon aveva altre colpe e nessun appoggio popolare. Clinton potrà essere il più sciocco degli uomini e il più opportunista dei politicanti, ma non è cosi che si uccide un Presidente. Lo si porta, semmai, a fare un giro a Dallas. Non e così che si umilia un Presidente, in nome della dignità ferita di un Paese. Eppure di questo siamo alla vigilia: lunedì 21 settembre, ore 9 del mattino, il lunedì nero della più recente storia d'America. Stavolta siamo alla resa dei conti. Gli altri momenti decisivi dello scontro avvenivano di venerdì, a Borse chiuse, alla vigilia del weekend, con la gente sulla strada del relax. Stavolta si va in onda mentre apre Wall Street e il popolo torna amaramente al lavoro e ha davanti la settimana e la vita. Lo scenario sperato dai produttori di questo triste spettacolo è un Dow Jones che crolla in sovrimpressione mentre il Presidente balbetta o si adira e occorrerà lucidità per essere attraversati dal forte sospetto che non è a questo che doveva servire la democrazia. Altrimenti, assisteremo al primo «golpe bianco mutanda». Gabriele Romagnoli I repubblicani cercano con tutti i mezzi la reazione popolare che possa abbattere Clinton Si va in onda mentre apre Wall Street e lo scenario sperato dalla destra è il Dow Jones che crolla Il giudice di Clinton, Henry Hyde

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