La rabbia dei professori «Tra noi non c'è omertà»

La rabbia dei professori «Tra noi non c'è omertà» La rabbia dei professori «Tra noi non c'è omertà» ROMA. L'ex rettore dell'Università La Sapienza, Giorgio Tecce, scende in campo contro le parole del pm Carlo Lasperanza, secondo il quale era «mafioso» l'ambiente dell'Istituto di filosofia del diritto della Sapienza, e chiede che intervengano l'attuale rettore Giuseppe D'Ascenzo e il ministro dell'Università, Luigi Berlinguer. «L'incredibile affermazione del magistrato che parla di ambiente mafioso alla Sapienza deve trovare una adeguata risposta dall'attuale rettore D'Ascenzo con un intervento presso la magistratura - ha detto Tecce, rettore all'epoca del delitto di Marta Russo - e dal ministro Berlinguer, che a suo tempo, quando vi fu a seguito del delitto una campagna diffamatoria contro l'ateneo, non solo non lo difese, ma anzi senza alcun pudore strumentalizzò l'evento per sostenere il suo indirizzo di controllo politico della Sapienza che già violò con disegni di legge». Tecce, sempre per difendere - come ha detto - «l'onorabilità» della Sapienza ha chiesto anche una riparazione alla Rai, ricordando che ci fu «una trasmissione sulla morte della studentessa» che «violò la delicatezza delle indagini in corso. Fui costretto - ha detto Tecce - a ricorrere alla commissione di vigilanza per difendere l'onorabilità mia e dell'ateneo. Attendo che la Rai l'accia una trasmissione riparatrice prima che si intervenga per chiedere i danni per la lesione dell'immagine dell'ateneo e mia». E non è solo Tecce a intervenire. Anche due docenti di filosofia del diritto, Gaetano Calcaterra e Francesco De Santis, e numerosi assistenti (tra cui Paolo Fiorini, Paolo Savarese, Luisa Avitabile Mancini e la bibliotecaria Laura Cappelli) hanno firmato una lettera aperta al capo della procura di Roma, Salvatore Vecchione, e al presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, nella sua veste di presidente del Csm. «I più alti organi istituzionali hanno definito grave e intollerabile la condotta tenuta dagli inquirenti nel corso delle indagini per l'omicidio di Marta Russo. A fronte di questa condotta, si apprende dai mass media che il sostituto procuratore Carlo Lasperanza ha tentato finanche di giustificare il suo operato, equiparando ad una cosca mafiosa l'ambiente in cui da anni noi sottoscritti lavoriamo con dedizione e con passione dedicandovi tutto il nostro tempo». Ma alla notizia della lettera, Lasperanza ha così replicato: «Nell'apprendere il giusto risentimento per il termine "mafioso", falsamente attribuitomi in una sorta di "intercettazione ambientale", come lo stesso giornalista di "La Repubblica" l'ha definita, confermo di non aver mai rilasciato alcuna intervista, nè di aver mai pronunciato il termine "mafioso", come per altro le altre persone presenti al colloquio potranno sicuramente testimoniare». Ir. cri.] Giorgio Tecce, ex rettore della Sapienza

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