La ribellione di un uomo prudente di Giovanni Bianconi

La ribellione di un uomo prudente 'yr:.:'w:-'-V:!'v:Cy.4.\ La ribellione di un uomo prudente Nel documento di Vecchione una critica a Prodi LE RAGIONI DI UNA SFIDA QROMA UASI alla fine del comunicato col quale assolve i suoi pm, il procuratore di Roma Salvatore Vecchione ha inserito un sottile ma abbastanza esplicito rimprovero al presidente del Consiglio e - visto l'allineamento di Flick - al ministro della Giustizia. Tre giorni fa, in Parlamento, Romano Prodi s'era scagliato contro l'interrogatorio di Gabriella Alletto che tutti avevano visto nei brani trasmessi dai tg. Replica Vecchione, col suo linguaggio burocratico e solo apparentemente asettico: «La visione della videoregistrazione è stata presa in considerazione nella sua interezza, avendosi la prudenza di valutarne il senso complessivo». Come dire che chi ha giudicato solo sulla base dei filmati andati in onda in tv, è stato quantomeno imprudente. A cominciare da Prodi e Flick, con la requisitoria pronunciata a Montecitorio. Quello che invece il procuratore di Roma ha tratto dopo aver prudentemente guardato l'intero filmato, è un giudizio diametralmente opposto a quello del governo: «Non è apparso che emergano condotte capaci di condizionare un teste o di lederne la dignità». Da magistrato che si attiene solo alla nonna, Vecchione cita l'articolo 64 secondo comma del codice di procedura penale, dov'è scritto che gli inquirenti non possono utilizzare «metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti». La disputa per stabilire se frasi come «lei va in carcere e non esce più», o «la prenderemo per omicidio», siano o non siano idonee a influire su quello che dice la legge durerà ancora chissà quanto. Di sicuro, per adesso, ci sono le opposte valutazioni del capo del governo e del capo di una Procura, la più importante d'Italia. Siamo al muro contro muro, alla «vicenda gravissima» evocata da Prodi contro il «tutto regolare» certificato da Vecchione. Se i toni decisi e categorici sono propri della politica, può sorprendere la determinata difesa di certi metodi d'interrogatorio da parte di un magistrato prudente, silenzioso e formalista come Vecchione. Lui che del rispetto dell'indagato ha sempre fatto la prima re- gola; lui che quando stava al ministero (chiamato da Caianiello e poi accanto a Flick) ispezionava gli uffici giudiziari di tutta Italia con grande scrupolo; lui che non voleva e non gradì affatto la conferenza stampa del 15 giugno '97 in questura (con la partecipazione del procuratore aggiunto Ormanni e del sostituto Lasperanza) quando l'omicidio di Marta Russo fu proclamato un «caso chiuso» dagli arresti di Scattone e Ferrara; lui che continuamente ammoni¬ sce i suoi sostituti di parlare solo attraverso atti formali. Eppure un magistrato così, una toga «vecchio stile» allergica a ogni forma di protagonismo giudiziario, ha stabilito che in quelle cassette non c'era nulla di censurabile. Al piano terra del palazzo di giustizia romano - dove i capannelli di giudici e avvocati danno la temperatura del clima, soprattutto quando il barometro segna burrasca, come in questi giorni - si ascoltano reazioni contrastanti. Gli avvocati sono scandalizzati, e adesso confidano nell'azione disciplinare del ministro Flick, non solo contro Ormanni e Lasperanza, ma perfino nei confronti di Vecchione. 1 magistrati invece, soprattutto i pm, hanno facce più sollevate rispetto ai giorni scorsi. E allora si sente dire - sempre senza citare la fonte, perché così vuole il capo - che «oggi va molto meglio di ieri e dell'altro ieri», «non ci possono accusare una volta di essere dei banali notai e un'altra dei torturatori», «se appena ci si accorge che un teste mente dovessimo interrompere tutto e incriminarlo per falsa testimonianza le indagini non si farebbero più». C'è soddisfazione, infine, perché una volta tanto un procuratore di Roma ha alzato la testa, anche a costo di pestare i piedi nientemeno che al capo del governo. Perché quell'intervento di Prodi alla Camera, ai pubblici ministeri della capitale, proprio non è andato giù: è stato «eccessi¬ vo», «sproporzionato», «strumentale». Certamente Salvatore Vecchione - 64 annui, in magistratura da 39 - è convinto di quello che ha scritto nella relazione a Flick e che poi ha voluto annunciare urbi et orbi col suo comunicato. Ma si può anche pensare a una chiesa d'ufficio perché comunque la responsabilità di ciò che accade dentro la Procura è sua; oppure a un gesto di ribellione contro il «linciaggio politico» (definizione di un altro pm) abbattutosi su una Procura sempre sotto tiro; o alla rivendicazione alla magistratura (e non ai politici) della giusta interpretazione tecnica della norma. E magari a tutte queste cose insieme. Quello che in ogni caso prende corpo, con questa vicenda, è una forma diversa e inedita del conllitto tra magistratura <■ politica. Perche stavolta quasi tutti gli esponenti di partito stanno da una parte e un procuratore dall'altra. A parte il governo, i politici che hanno preso la parala (con l'eccezione di Fini, in contrasto con altri parlamentari di An) L'hanno fatto per stigmatizzare quell'interrogatorio, con qualche tiepidezza nel centro-destra dove si sentiva puzza di bruciato davanti a un Prodi partito lancia in i-esta contro un ufficio giudiziario. Ma nel merito di quelle videocassette, la condanna ora stata pressoché unanime. E' difficili', dunque, disegnare schieramenti politici preconfezionati, come avviene quando i confiitti coinvolgono altre Procura, da Milano a Palermo. Perché nessuno potrà mai accusare Salvatore Vecchione di essere una «toga rossa», o servitore di cbissà quali interessi. Qui c'è il contrasto tra i «rappresentati del popolo» che giudicano inaccettabili certi sistemi (anche perché turbata è l'opinione pubblica, come ha detto Prodi e ha sottolineato il sottosegretario Ayaial e un «tutore della legge» che sostiene il contrario. Politico può essere stato il motivo per cui il presidente del Consiglio ha espresso una condanna tanto repentina e pesante, per evitare che il processo per l'omicidio ili Marta Russo influisse su altre questioni, dal destino del pacchetto-giustizia alla commissione d'inchiesta su Tangentopoli. E forse anche a da questo gioco s'è voluto sfilare il procuratore di Roma, puri! lui irritato non poco dal discorso di Prodi: a lui interessa se sono state rispettate le regole del processo e basta, il resto non deve interessare i magistrati. Al quarto piano della Procura il pm Carlo Lasperanza incassa con sorridente soddisfazione l'assoluzione del capo, e si prepara a tornare in aula, martedì, per la nuova udienza che vedrà nuovamente protagonista Gabriella Alletto. In attesa che il ministro della Giustizia e il Consiglio superiore della magistratura facciano le loro valutazioni. Ma tutto quanto è accaduto in questa settimana va oltre il processo ai presunti assassini di Marta Russo. Le prossime mosse di Flick e del Csm diranno quale direzione prenderà il nuovo conflitto tra politica e giustizia. Giovanni Bianconi Il capo della Procura contesta che il filmato non sia stato considerato nella sua interezza La protesta di una «toga vecchio stile» apre un fronte inedito nel conflitto giudici-politici II procuratore capo di Roma Salvatore Vecchione

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