Tokyo salva il gigante Ltcb di Ugo Bertone

Tokyo salva il gigante Ltcb Tokyo salva il gigante Ltcb E si prepara all'esame di Clinton LA RIPRESA DEL SOL LEVANTE CTOKYO I sono voluti 40 giorni di trattative e un testa a testa di undici ore tra il primo ministro Obuchi e il leader dell'opposizione Naoto Kan (il Prodi del Sol Levante, che afferma di ispirarsi all'Ulivo), ma alla fine l'intesa è stata trovata: la Long Term Credit Bank, banca sull'orlo del fallimento, verrà salvata. Entro pochi giorni, prima della fine dell'attuale sessione parlamentare (fissata per il 7 ottobre), verranno poi fissate le regole per il rilancio del sistema del credito. L'annuncio dell'accordo è caduto in serata, a Borsa chiusa; ma nel corso della giornata, a mano a mano che si allontanava il rischio della rottura, l'indice Nikkei ha ripreso timidamente a salire dai niinimi di ieri, quando il listino del Kabutocho era piombato ai minimi dall'86. E così, dopo l'ennesima settimana di passione, la Borsa ha chiuso con un modesto +0,6%, mentre lo yen ha offerto comunque nuovi segnali di de- bolezza a 132 contro il dollaro. Obuchi, perciò, volerà domani sera alla volta di New York con qualcosa di concreto da offrire a Bill Clinton e al ministro del Tesoro Rubin, che nei giorni scorsi hanno ribadito, assieme a Greenspan, l'irritazione per l'inazione delle autorità di Tokyo di fronte alla voragine che minacciava di inghiottire le grandi banche giapponesi. Certo, troppe volte i giapponesi non hanno fatto seguire alle dichiarazioni di intenti i fatti, e ciò spiega la contenuta soddisfazione di Wall Street. E nessuno, nella maggior piazza finanziaria asiatica, si fa illusioni su tempi e modi della terapia: «Ci vorranno anni - spiega Richard Koo, analista di Nomura - per un completo risanamento del sistema bancario. E la cura non sarà legge¬ ra...». Ma, dopo le drammatiche prove di impotenza delle ultime settimane, provoca comunque un certo sollievo il primo successo politico di Obuchi, finora incapace di prendere decisioni di un certo peso. Almeno sulla carta, invece, le novità annunciate dopo il via libera di Naoto Kan sono senz'altro di rilievo. La Ltcb non finirà, come previsto in un primo momento, sotto l'egida del Sumitomo group (disposta ad accoglierla purché il governo di Tokyo si facesse carico delle sofferenze). Il nuovo piano contempla il passaggio, temporaneo, della Ltcb sotto il controllo pubblico prima di procedere, sempre sotto la regìa pubblica, ad una sistemazione della mappa del credito, con fusioni, acquisizioni e ricapitalizzazioni che investiranno le 19 più importanti banche giapponesi (tra cui sette tra le prime 15 del mondo...). Ma la novità vera è che la rivoluzione non sarà guidata dall'onnipotente ministero delle Fi¬ nanze, tempio custodito da una burocrazia onnipotente e dal padrinato politico del partito di maggioranza, l'Ldp. Al suo posto agirà un'agenzia indipendente, cui spetterà anche il compito di supervisionare la gestione dei capitali che lo Stato si accinge a versare nelle esauste casse delle banche, provate dalla recessione e dalla crisi del settore immobiliare. E' una riforma che incide nel profondo degli equilibri della finanza, dell'economia e della politica giapponese. Fino ad oggi, tutti i poteri appartenevano al ministero delle Finanze che a Tokyo assomma i poteri della raccolta delle tasse con quelli di spesa e la supervisione del sistema bancario. Il ministero delle Finanze, insomma, svolge il ruolo che in Italia tocca al ministro del Tesoro, a quello delle Finanze e alla vigilanza della Banca d'Italia. Non a caso la poltrona di ministro delle Finanze è, da sempre, il ministero-chiave per le scelte politiche di Tokyo, saldamente nelle mani della corrente più potente dell'Ldp. E, spesso, le esigenze di raccolta delle tasse hanno prevalso sulle esigenze di trasparenza. Fino a due anni fa, addirittura, alle banche era vietato chiudere i bilanci in rosso per non privare il fisco dei mezzi necessari. Di qui, un potente stimolo a truccare i bilanci e occultare le minusvalenze con il risultato di accumulare, tra partite incagliate e crediti dubbi, «bad loans» per 35 mila milioni di yen (450 mila miliardi di lire), secondo la stima più prudente mentre Standard and Poor's ipotizza addirittura la cifra di 2 milioni di miliardi... Oggi, almeno a parole, Tokyo promette di cambiare pagina, preparandosi all'esame di Clinton. Washington aspetta con ansia: far uscire il mondo dalla recessione senza la collaborazione del Giappone è semplicemente impossibile. Ugo Bertone premier giapponese Keizo Obuchi

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