I giudici di Marta rischiano il trasferimento di Giovanni Bianconi

I giudici di Marta rischiano il trasferimento Roma, il capo difende l'operato dei colleghi. Un magistrato: la polemica serve a influenzare la giuria I giudici di Marta rischiano il trasferimento Interviene il Csm dopo la bufera per l'interrogatorio dell'Alletto ROMA. Nel palazzo colpito dall'ennesimo ciclone, il capo della procura passa l'intera giornata a studiare il processo per l'omicidio di Marta Russo. Salvatore Vecchione prende tempo, e prima di concludere e inviare al ministro della Giustizia la relazione sul video-choc della testimone «torchiata» dai suoi pm, vuole vedere ogni carta, chiarire ogni particolare. Poi, codice di procedura penale alla mano, annota le risposte per Flick. Dall'ufficio del procuratore entrano e escono di continuo Italo Ormanni e Carlo Lasperanza, i due protagonisti dell'interrogatorio incriminato. Per tutta la mattinata girano voci sulla loro rimozione dal banco dell'accusa in aula, e addirittura di avocazione da parte della procura generale. Ma col passare delle ore si dipinge un'altro scenario: se quello che Vecchione - letteralmente inawicinabile, barricato com'è nella sua stanza - lascia capire ai suoi collaboratori non è un bluff, la sua decisione è quella di difendere sia il procuratore aggiunto che il sostituto. Clii gli ha parlato racconta di un procuratore clic arriva in uffi- cio visibilmente irritato per il discorso fatto da Prodi alla Camera. Una condanna anticipata del suo ufficio che non è piaciuta al capo né ai suoi sostituti. Praticamente tutti. «D'altra parte io non appartengo a nessuno schieramento politico, che ci posso fare?», commenta Vecchione per provare a spiegare l'attacco del presidente del Consiglio, peraltro messo nero su bianco dal ministro Flick, col quale il procuratore ha collaborato prima di insediarsi sulla poltrona giudiziaria più importante e più «calda» d'Italia. Che cosa è successo allora? C'erano delle ragioni anche politiche perché il governo prendesse un'immediata e dura posizione. Un pubblico ministero non certo sospettabile di simpatie per il centro-destra ironizza: «Siamo arrivati al punto di dover essere difesi da Berlusconi», dice riferendosi alla battuta del leader del Polo sui pm che «non appartengono alla parrocchia di Prodi e della sinistra». Ma al di là dei motivi per cui un caso giudiziario è finito in Parlamento e accende gli animi degli esponenti politici, resta la realtà dell'interrogatorio video-regi- strato di Gabriella Alletto, quel «tintinnar di manette» uscito dal chiuso di ima stanza della procura e scaraventato dai Tg nelle case di milioni di italiani. Per giustificare quella pagina comunque imbarazzante, Vecchione scrive una relazione che dovrebbe tendere a scagionare i magistrati coinvolti, ricostruendo tutti i passaggi di quella fase dell'inchiesta. A meno di improvvisi cambi d'opinione. Al ministro Flick sono già arri¬ vate le carte inviate dalla corte d'assise, e oggi tutta la documentazione sarà trasmessa all'ufficio ispettivo (diretto da Vecchione fino a un anno e mezzo fa) che trarrà le sue conclusioni. Poi il Guardasigilli deciderà se avviare l'azione disciplinare. «Rapidamente», ha preannimciato Flick. Anche il Csm ha aperto una pratica che potrebbe portare al trasferimento d'ufficio di Ormanni e Lasperanza. E sul piazzale del palazzo di giustizia, il gip Guglielmo Muntoni che ha seguito passo dopo passo il lavoro dei pm nell'inchiesta sul delitto dell'università (è stato lui ad arrestare e a rinviare a giudizio gli imputati), si rammarica: «Mi dispiace davvero, perché vi assicuro che Lasperanza è uno dei pm più rispettosi delle regole che abbia mai incontrato sulla mia strada. Ce ne fossero, come lui». Una difesa a oltranza che stride con le scene viste nelle famose video-cassette. «Sì - insiste Muntoni -, ma dovreste ricol¬ locare tutto nell'economia di quella fase processuale. Lì c'era la certezza che la Alletto stava mentendo. Tutta questa polemica serve ad influenzare la giuria popolare». Poco più in là l'avvocato Franco Coppi, mi «principe» del foro di Roma impegnato anche nel processo per l'omicidio di Marta Russo (difende il professor Romano, accusato di favoreggiamento) vede le coso in tutt'altro modo: «E' vero che i testimoni hanno il dovere di dire la verità, ma non hanno il dovere di essere sottoposti a minacce e torture psicologiche come quelle che abbiamo visto». Nel palazzo di giustizia sotto assedio, insomma, i conti non tornano. Né quelli politici ne quelli della procedura penale. Ma un altro pubblico ministero abituato da sempre a dire come la pensa, Maria Cordova, si chiede: perché il ciclone che si sta abbattendo sulla procura di Roma non ha coinvolto altri uffici giudiziari. «Mi pare che ci siano strumentalizzazioni e faziosità in molli commenti - dice -, perché io non ho ancora dimenticato altri fatti, altre critiche al cosiddetto uso delle manette facili da parte di altre procure». Si riapre la polemica tra Roma e Milano, scoppiata ai tempi delle inchieste sulle «toghe sporche» della capitale? «Io non mi riferisco a nessuna procura in particolare, ma penso a molte notizie di stampa su altri tintinnar di manette, e noto che in passato nessiuio è insorto com'è accaduto ora coi mici colleghi, che peraltro hanno svolto un ottimo lavoro». La ripetono molti magistrati, questa espressione: «Un ottimo lavoro». Porcile sotto la cenere della procura cova ancora la soddisfatta consapevolezza di aver portato alla sbarra una pattuglia di imputati per imo degli omicidi più misteriosi avvenuti nella capitale. E' quello che pensa Carlo Lasperanza, che attraversando i corridoi dice di essere «tranquillo» e ripete un suo vecchio commento: «So con i fior di avvocati messi in campo in questo processo sono arrivati al punto che per incrinarlo si arriva ad attaccare chi l'ha istruito, vuol dire che abbiamo fatto davvero un buon lavoro». La penserà così anche il ministro della Giustizia? Giovanni Bianconi

Luoghi citati: Italia, Milano, Roma